O VELHO DO RESTELO (Il vecchio di Belém)
Regia: Manoel de Oliveira
Lettura del film di: Manfredi Mancuso
Titolo del film: O VELHO DO RESTELO (IL VECCHIO DI BELÉM)
Titolo originale: O VELHO DO RESTELO (IL VECCHIO DI BELÉM)
Cast: regia, scenegg.: Manoel de Oliveira – fotogr.: Renato Berta – mont.: Valérie Loiseleux – scenogr.: Christian Marti – cost.: Adelaide Trêpa – suono: Henri Maïkoff – interpr.: Diogo Dória (Teixeira de Pascoaes), Luís Miguel Cintra (Luís de Camões), Ricardo Trêpa (Don Quixote de La Mancha), Mario Barroso (Camilo Castelo-Branco) – colore – durata: 19’ – produz.: O Som E A Furia con Epicentre – origine: PORTOGALLO, FRANCIA, 2014 – distrib. inter.: Agencia – Portuguese Short Film Agency
Sceneggiatura: Manoel de Oliveira
Nazione: PORTOGALLO, FRANCIA
Anno: 2014
Presentato: 71. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica di Venezia (2014) FUORI CONCORSO
Tre illustri scrittori portoghesi del passato, Camilo de Castelo Branco, Teixeira de Pascoaes e Luis de Camões, e il personaggio del Don Chisciotte di Miguel Cervantes si ritrovano un pomeriggio estivo per dialogare su una panchina, riflettendo sulle antiche grandezze del Portogallo e della Spagna, sulle loro rispettive opere e sul tempo che fu.
Il film - cortometraggio di 19’ - è incluso tra due frontespizi di un’antica edizione del Don Chisciotte di Cervantes, che ritorna nel corso del film anche come personaggio, facendo parte del quartetto di vecchi “amici” che si ritrova a discutere sulla panchina. Il regista, Manuel De Oliveira, pone i suoi personaggi nel mezzo di un giardino dalle fattezze moderne (che contestualizza la loro discussione mettendola in diretto rapporto con i nostri giorni) e fa loro compiere un’amara riflessione sulla vanità dell’esistenza e della gloria umana, ben esemplificata del resto dalla mesta condizione dei quattro scrittori, che siedono sulla panca con fare mogio e dimesso, quasi fossero quattro pensionati e non quattro illustri autori antichi. I quattro si ritrovano quindi in un “presente” (Le navi mercantili sullo sfondo, all’inizio del film) che poco o nulla ha imparato dal passato e nel quale le grandi opere degli uomini sono destinate alla perdizione (si pensi all’immagine emblematica del poema I Lusiadi che finisce inghiottito dalle onde del mare), mentre la ricerca della gloria, sia militare (l’episodio di Re Sebastiano in guerra contro i mori) che artistica è soltanto una vana lotta contro i mulini a vento. Proprio l’immagine di questo episodio del libro di Cervantes è riportata infatti più volte da De Oliveira (che inserisce a più riprese nel film anche spezzoni di altre pellicole, immettendo quindi in una certa misura, anche il cinema, fra le vane opere dell’uomo) e diventa il pessimistico emblema dell’idea centrale (l’inutilità della gloria umana). D’altra parte già il titolo, che riporta a un personaggio pessimista del poema I Lusiadi, lascia intendere il pensiero di De Oliveira, che pur trattando di episodi propri della storia del Portogallo (per es. la già ricordata sconfitta di Re Sebastiano con conseguente distruzione dell’impero Portoghese), immette nel film alcuni elementi di universalizzazione («Il mare ha generato ‘I Lusiadi’ e l’anima umana ha dato vita al ‘Don Chisciotte’») che allargano il campo all’umanità tutta. (Manfredi Mancuso)