ORWELL 1984
Regia: Michael Radford
Lettura del film di: Andrea Fagioli
Edav N: 125 - 1985
Titolo del film: ORWELL 1984
Titolo originale: 1984
Cast: regia e scenegg. di Michael Radford scenegg.: Ene Watts cost.: Emma Porteous fotogr.: Sarah Quill suono: Bruc e White interpr: John Hurt (Winston Smith, Richard Burton (O'Brien), Suzanna Hamilton (Julia), Cyril Cusack (Charrington) colore durata: 97'(m. 2933) VM 14 produz.: Simon Perry origine: INGHILTERRA, 1984 distribuz.: Medusa
Sceneggiatura: Ene Watts
Nazione: INGHILTERRA
Anno: 1984
Il film è tratto dal romanzo «1984» dello scrittore scozzese George Orwell, di cui s'è tanto parlato nello scorso 1984. Se non lo si sa, molti lati del film rimangono oscuri, a partire dal titolo, perché il regista Michael Radford ha dato per scontato che tutti gli spettatori lo abbiano letto o almeno ne conoscano il contenuto. P.e., la Londra e la situazione mondiale 1984 non sono quelle vissute nella realtà di tale anno, bensì quelle immaginate nel romanzo. In questo contesto, per evitare equivoci, l'edizione italiana del film reca nel titolo, ORWELL 1984, il nome dello scrittore accanto al titolo del romanzo, ch'è pure quello originale del film. Per questo, e senza entrare nel merito se e quanto sia linguisticamente valido supporre per la visione di un film la conoscenza dell'opera letteraria da cui è tratto, diamo qui di seguito una brevissima presentazione del romanzo.
Il romanzo di George Orwell.
Il titolo del romanzo è ricavato dalla semplice inversione delle due ultime cifre del 1948, anno in cui OrweIl, benché colpito dalla malattia che due anni dopo lo portò alla morte, preparò la seconda e definitiva stesura del romanzo iniziato nel '47. La data 1984, risultato di quella inversione di cifre, rappresentava per l'autore un anno abbastanza lontano per un racconto di fantasia, ma al tempo stesso anche abbastanza vicino per poter narrare difatti, situazioni e personaggi comprensibili e reali ai lettori della fine degli anni Quaranta.
Nel romanzo, Orwell immagina che nel 1984 il mondo sia diviso in tre superstati in guerra tra loro: l'Oceania, l'Eurasia e l'Estasia. E sceglie di ambientare la propria vicenda in Oceania (ú esattamente in una Londra ormai ai margini del territorio statale) dove l'ideologia imperante del «Socing» (socialismo inglese) tiene sotto controllo tutti i settori della vita pubblica e privata, in una forma di opprimente dittatura basata sul principio della massificazione.
Il governo dello stato è nelle mani del «Partito», il cui capo supremo è il «Grande Fratello», l'autorità pi elevata dell'Oceania. La sua immagine compare dappertutto sovrastando la vita pubblica. In realtà, però, nessuno l'ha mai visto di persona, ma solo rappresentato con «la faccia d'un uomo di circa quarantacinque anni – così si legge all'inizio del romanzo – con grossi baffi neri e lineamenti rudi ma non sgradevoli». Il «Partito» esercita il potere e il controllo sul paese soprattutto tramite i quattro Ministeri in cui è divisa tutta l'organizzazione governativa: il Ministero della Verità («Miniver») che si occupa in particolare della stampa; il Ministero della Pace («Minipax») che, nella contraddizione voluta da Orwell e che del resto riguarda anche gli altri Ministeri, si occupa della guerra; il Ministero dell'Amore («Minamor») che mantiene l'ordine e fa rispettare le leggi e il Ministero dell'Abbondanza («Minabbon») responsabile dei problemi economici e quindi dei razionamenti.
La vicenda. Winston Smith, un funzionario del Ministero della Verità, si innamora di Julia e con lei riesce a crearsi un piccolo spazio di libertà, al di fuori del controllo «politico», che si materializza in un rifugio (la casa di un antiquario) dove i due si incontrano all'insaputa del «Partito». In Smith maturano anche idee sovversive che si inseriscono nella generale ondata di malcontento nei confronti del regime. Ma poi, tutto si rivela una trappola: l'antiquario è un membro della «psicopolizia», la stanza è controllata da telecamere e anche il movimento di opposizione interna al «Partito» (rappresentato da O'Brien, alto funzionario del regime) è solo una macchinazione di agenti provocatori. Winston viene arrestato e sotto tortura confessa i suoi «crimini», fino a rinnegare la ragazza e a riconoscere che il suo unico vero amore è il «Grande Fratello».
Il racconto. Il film inizia con una didascalia in bianco su sfondo nero: «Chi controlla il passato, controlla il futuro: chi controlla il presente, controlla il passato». E la frase che nel romanzo è riportata come slogan del «Partito» e che nel film costituisce in certo modo la chiave di lettura.
Dopo la didascalia, le prime immagini ci presentano il momento aggregativo di massa che Orwell chiama i «Due Minuti d'Odio». In una sala immensa (o piazza, non è bene identificabile), una massa di persone vestite allo stesso modo, in tuta, sono sedute davanti ad un grande schermo dove ad un certo punto compare Emmanuel Goldstein, «il nemico del popolo», un tempo dirigente del «Partito» e poi organizzatore controrivoluzionario; condannato a morte, ma poi misteriosamente fuggito, rappresenta ora il supremo traditore, colui contro il quale si scaglia l'ira delle masse. Infatti, dopo pochi secondi dall'inizio del discorso di Goldstein, che rivendica le libertà fondamentali, le persone presenti cominciano ad agitarsi, ad urlare e imprecare contro l'immagine di Goldstein. Sono appunto i «Due Minuti d'Odio», la valvola voluta dal regime per ribadire la fedeltà dei propri sudditi e concedergli uno sfogo.
Trascorsi i «Due Minuti d'Odio» passano i titoli di testa e il regista comincia a presentarci lo squallido ambiente nel quale si svolgerà la vicenda: una Londra sudicia e fangosa, case che cadono a pezzi, ferri rugginosi e macerie da tutte le parti. Un paesaggio reso piú allucinante dalle tonalità smorte, grigio–verdastre, che Radford ha adottato per la sua pellicola. Si tratta di una scelta semiologica fondamentale da collegare con il ritmo lento e le caratteristiche fisiche dei protagonisti che sembrano quasi usciti da un campo di concentramento, dato il loro pallore e la loro esilità. In questo senso, le scelte del regista testimoniano il duplice intento di compiere, da una parte, un'azione rispetto al romanzo che potremmo definire filologica, (cioè Radford cerca di tradurre in immagini quella che è l'atmosfera descritta da Orwell e ricostruisce anche tutto un ambiente futuribile con gli occhi stessi degli uomini della fine degli anni Quaranta), dall'altra parte, invece, cerca di dare il senso del cupo potere di cui si avverte la presenza, pur rimanendo intangibile, e quindi il grigiore estremo del conformismo e del totalitarismo.
Dopo la presentazione dell'ambiente, il regista passa alla descrizione del protagonista e soprattutto del suo lavoro presso il Ministero della Verità. La particolare professione di Winston Smith (nel film, appare molto meno esplicita che non nel libro) è di fondamentale importanza per la comprensione dell'opera sia di Orwell che di Radford. Il lavoro di Smith consiste nell'«aggiornamento» dei vecchi numeri del «Times» affinché corrispondano alla versione della storia voluta dal «Partito». Ad esempio, una delle prime modifiche che vediamo effettuare da Winston nel film è l'«aggiornamento» di un dato del Ministero dell'Abbondanza: appena due mesi prima il Ministero si era impegnato a non attuare nessuna riduzione della razione di cioccolata nel 1984 (nella società immaginata da Orwell i prodotti di tutti i generi sono drasticamente razionati); ma il Ministero non era riuscito a mantenere la promessa e in quella stessa settimana ne aveva ridotto da trenta a venti grammi la razione. Winston a quel punto non doveva far altro che sostituire la promessa originale con una comunicazione che metteva in guardia circa la probabile necessità di ridurre le razioni verso il mese di aprile (periodo in cui si svolge l'azione).
Questo processo di trasformazione, ovviamente, non è applicato solo ai giornali ma anche ai libri e a tutto il materiale che possa documentare qualcosa o abbia un significato politico o ideologico. Così il «Partito» può dimostrare con prove tangibili l'esattezza delle sue previsioni. Ed è impossibile dimostrare la falsificazione, perché non appena effettuate le correzioni, si sostituisce il nuovo giornale o il nuovo libro al vecchio e la copia originale viene distrutta, così come tutti i messaggi interni al Ministero che ordinano le correzioni vengano battuti nei cosiddetti «buchi della memoria» dove bruciano rapidamente.
E già a questo punto che quella didascalia iniziale comincia ad acquisire un senso ben preciso. Infatti, nel lavoro di Winston si attua il processo per cui, come dice Orwell, la menzogna diventa verità e passa alla storia: «Chi controlla il passato, controlla il futuro: chi controlla il presente, controlla il passato».
Smith tenterà di ribellarsi a questo piano, oltre che con lo spazio di libertà creatosi con Julia (da notare che il regime vorrebbe abolire i rapporti sessuali fra uomo e donna), anche con la stesura di un diario che in qualche modo gli permetta proprio di mantenere una sua memoria, uno spazio inaccessibile al potere, un suo controllo sulla verità, perché tutto ciò che era vero in passato rimanga vero per sempre, mentre il «Partito» con il suo «controllo della realtà» tenta proprio un controllo della memoria personale e collettiva. Importanti a questo proposito sono i ricordi in forma di sogno che Winston spesso ha, o della madre o di un luogo naturale incontaminato, che gli permettono di contrapporsi al regime proprio perché ha una sua memoria. Infatti, solo abolendola si attua quel «controllo sul passato» che poi permette al regime il «controllo sul futuro».
Il «controllo sul presente», invece, viene attuato tramite una forma di massificazione continua con la presenza in tutte le case e in tutti i luoghi della vita sociale di grandi schermi perennemente accesi con i quali il regime diffonde notizie e insegnamenti. È una presenza ossessionante e ineludibile: dallo schermo si riceve la sveglia la mattina e si seguono le indicazioni per la ginnastica, si apprendono le notizie della guerra che immancabilmente volge sempre a favore dell'Oceania, si ascoltano i dati statistici relativi alla produzione che è sempre in aumento. Insomma, si attua in ogni modo una persuasione che potremmo definire subliminale, nel senso che si cerca di far credere a livello piú o meno inconscio (l'importante è evitare che le masse pensino con il proprio cervello) che le cose vadano per il meglio quando invece la situazione è delle piú tragiche. Lo stesso Winston sarà sottoposto dopo l'arresto ad una «terapia» di torture che lentamente gli svuoterà il cervello. Niente pi idee o ricordi, solo la convinzione di amare il «Grande Fratello».
L'intento del regista – ch'è poi anche di OrweII – è quello di mettere in mostra i meccanismi con cui si esercita il potere: l'idea è che il potere, genericamente inteso, crea una società dove non possono essere ammessi dubbi ma solo certezze e che su queste fonda la sua storia. Per far ciò occorre uno stretto controllo sulle masse; e questo si esercita, in generale, con l'uso di mezzi adatti alla massificazione o, se questi non sono sufficienti, con la violenza fisica diretta.
Possiamo notare che OrweII, alla fine degli anni Quaranta, quando pensava alla degenerazione del potere, pensava soprattutto a Stalin e quindi alla degenerazione dell'idea socialista (non a caso nel romanzo immagina che l'ideologia dominante nel suo «1984» sia il «Socing»). Michael Radford tende, invece, piú a dare l'immagine di un potere nazifascista (si pensi soprattutto alle divise dei soldati o alle tute nere dei dirigenti del «Partito»). Per quanto di fronte ad un regime totalitario ci sia poco da distinguere tra «rossi» e «neri», Radford non è riuscito o non ha voluto accomunare in una sola critica tutti i regimi dittatoriali di qualunque colore essi siano. Quello che comunque rimane valido nel film è il discorso sul potere che i mass media (nel caso specifico simboleggiati dai grandi schermi collocati dappertutto) ha per il controllo delle masse.
In senso piú generale, si può e si deve dire che la fantasiosa e fantastica profezia di OrweII – che Io scorso anno quasi tutti si sono preoccupati d'affermare non essersi, per fortuna, realizzata – è assai piú vicina al vero di quanto OrweII stesso non potesse pensare: i germi d'un totalitarismo effettivo e strisciante, che dalla politica s'espande al consumismo, imponendosi nella vita di tutti e coinvolgendo strumentalizzatori e strumentalizzati, sono largamente diffusi e operanti nella società contemporanea. Le differenze sono pi nella modalità che nella sostanza; il «grande vecchio» è piú un emblema che una persona; ma i mass media ne sono comunque i grandi strumenti. (Andrea Fagioli)