BEASTS OF NO NATION (Bestie senza patria)
Regia: Cary Joji Fukunaga
Lettura del film di: Gian Lauro Rossi
Titolo del film: BEASTS OF NO NATION
Titolo originale: BEASTS OF NO NATION
Cast: regia, scenegg.: Cary Joji Fukunaga – Interpr: Idri Elba, Abraham Attah – durata: 136’ – USA, 2014
Sceneggiatura: Cary Joji Fukunaga
Nazione: USA
Anno: 2014
Presentato: 72. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica di Venezia (2015) FUORI CONCORSO
Il primo film in Concorso della Mostra del Cinema di Venezia 72, si presenta come un «urlo» contro la guerra e le sue violenze, ma in particolare contro l’abuso dei minori, strappati alle loro famiglie, al fine di trasformarli in bambini soldato. L’idea centrale del film in questione, che emerge dopo la visione, si può così enunciare: «non esiste alcuna giustificazione plausibile (religiosa, morale, politica, sociale, ecc) che possa giustificare l’utilizzo di bambini al fine di produrre violenza. Anche una educazione in tal senso risulta aberrante, in quanto inimmaginabili sono i danni fisici, morali e psicologici che provoca un simile sistema. Gli infanti, in qualsiasi paese del globo vivano, devono poter vivere i valori positivi della comunità a cui appartengono».
Il regista, per raggiungere il suo scopo di forte denuncia, utilizza il romanzo, molto apprezzato, di un autore nigeriano, Uzodinma Iweala. Il racconto si presenta suddiviso in quattro parti:
- All’inizio presenta l’ambiente in cui vive Agu (protagonista del film), una comunità (cristiana e fortemente coesa) neutrale tra fazioni in lotta: ci fa conoscere la sua famiglia allegra e serena, i suoi amici e nel contempo mette in risalto la gioia di vivere di questo adolescente, clima che lo porta ad essere perspicace e fantasioso anche nell’utilizzo dei suoi modestissimi giochi;
- In un secondo momento ci mostra la distruzione della comunità di Agu a causa dell’intercedere della guerra, che provoca brutali uccisioni sommarie (perde il padre, il fratello maggiore e la madre diventata profuga con una sorellina piccolissima);
- Segue la sua fuga da queste brutture e la successiva cattura da parte di un gruppo di ribelli. Viene da questi stessi educato alla guerra con durissimi sistemi e indotto a commettere violenze inaudite. In un primo momento gli viene assegnata la funzione di portatore di armi, ma, successivamente, preso in forte considerazione dal comandante (uomo violento, che giustifica i suoi modi in nome di una giustizia divina che porterà a realizzare quella terrena), il quale lo obbliga ad uccidere e a trasmette i suoi ordini. Agu, in questa nuova condizione, è tormentato dalle proprie azioni, sia nei confronti di DIO che nel ricordo costante della mamma che aveva dovuto abbandonare, strappato con forza dal padre stesso. Il suo rapporto con Dio muta: in un primo momento Lo invoca affinchè faccia cessare simili violenze, ma poiché queste persistono, si sente da Lui abbandonato e finisce con il riporre la sua speranza nella madre e nel suo ritrovamento. Preso atto che il suo comandante si è infine dimostrato un uomo ambizioso, crudele, drogato, corrotto, pedofilo ecc…, lo abbandona al suo destino, anche se il gruppo dei rivoltosi da lui comandato, era stato usato per ragioni politiche e di potere da realtà locali e internazionali (a questo punto il regista non sembra molto interessato ad approfondire le ragioni del conflitto, ma ne vuole mettere in risalto l’assurdità e le sue brutalità);
- Ritroviamo infine Agu (che ha già abbandonato il suo vecchio comandante), in una comunità di bambini di un campo ONU. Gli addetti cercano di inserirlo tra gli altri fanciulli per fargli ritrovare la sua giusta dimensione di ragazzino. Questa operazione di recupero si presenta con non poche difficoltà: Agu si sente assai triste per le tremende esperienze che ha vissuto e che non vuole esternare, come gli viene suggerito, perchè non vuole intristire né far soffrire altre persone. Riflette, però, sui suggerimenti ricevuti, si lancia in acqua (fonte di vita) tra gli altri fanciulli, aprendosi alla speranza di riconquistare la sua vera dimensione.
Il film si presenta ben narrato e cinematograficamente ben condotto. Le violenze rappresentate sono in funzione tematica e finalizzate a mettere in risalto le brutture della guerra e la mostruosità di creare «bambini soldato» attuale anche ai giorni nostri. Emerge l’invito del regista a coloro che hanno forza e potere di fermare questo terribile obbrobrio.