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RABIN, THE LAST DAY



Regia: Amos Gitai
Lettura del film di: Gian Lauro Rossi
Titolo del film: RABIN, THE LAST DAY
Titolo originale: RABIN, THE LAST DAY
Cast: regia: Amos Gitai – scenegg.: Amos Gitai, Marie José Sanselme – interpr. princ.: Ischac Hiskiya, Pini Mitelman, Michael Warshaviak, Einat Weizman – durata: 153’ – origine: ISRAELE / FRANCIA 2015
Sceneggiatura: Amos Gitai, Marie José Sanselme
Nazione: ISRAELE FRANCIA
Anno: 2015
Presentato: 72. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica di Venezia (2015) VENEZIA 72

È la storia dell’assassinio di Rabin, Primo Ministro Israeliano, effettuato da parte di un giovane ebreo osservante, di 25 anni. Il docu/film afferma con una certa efficacia l’idea centrale: “che l’assassinio di Rabin sia stato il prodotto di un clima di odio e di violenza, incentivato dai religiosi integralisti. Rabin era ritenuto un traditore, perché cercava di realizzare la pace con i palestinesi, attuando gli accordi di Oslo. La sua morte ha prodotto dei passi indietro al processo di pace, che si presentava irreversibile ed auspicato. Questo fatto ha messo in pericolo lo stesso Stato di Israele come lo avevano concepito i padri fondatori e cioè fondato sulla sua laicità e sul rispetto delle religioni. Come conseguenza, dopo l’assassinio, si profila uno stato teocratico, pericoloso per Israele e foriero di ulteriori conflitti, per analoghe concezioni fondamentaliste presenti in quei territori”.

 

Il commento del regista, mi sembra confermi l’idea centrale che ne è emersa, che non è altro che il pensiero e le idee che l’hanno indotto a comporre il film stesso: “gli uomini che resero possibile l’omicidio del nostro primo ministro, sono ancora a piede libero. Alcuni di loro flirtano oggi con il potere. Sono allarmato dalla crescente diffusione di violenza di matrice religiosa nel cuore della società israeliana”.

Il racconto filmico è stato strutturato con interviste (Simon Peres e moglie di Rabin) e filoni narrativi che si intrecciano tra loro:

 -  l’intervista iniziale a Simon Peres, che tratta il profilo di Rabin come uomo molto determinato, senza paura delle minacce che subiva quotidianamente. Ha addebitato l’assassinio al clima di tensione creato nel paese, senza entrare nel merito se l’azione violenta fosse frutto individuale di un esagitato religioso o frutto di un complotto;

- la grande manifestazione di sabato 4 novembre 1995 organizzata nel centro di Tel Aviv e l’uccisione di Rabin mentre si avvicinava alla macchina per andarsene. Queste immagini sono dei documenti dell’epoca che dimostrano il successo della manifestazione e la tragicità dell’assassinio;

- la Commissione di inchiesta che ha il compito di indagare sulla efficacia organizzativa per la sicurezza di Rabin. Dagli interrogatori emerge una disorganizzazione e una scarsa protezione molto sospetta e quasi voluta. Per quanto riguarda, invece, il clima di odio che si era costruito intorno a Rabin, non viene fatta alcuna indagine: il mandato di questa Commissione non era quello di indagare in questa direzione;

- i coloni israeliani che, armati di tutto punto, realizzano insediamenti abusivi nella striscia di Gaza, mentre sono in corso trattative di pace con i palestinesi: essi stessi entrano in contrasto con  la polizia quando si è trattato di rimuoverli;

- la storia dell’assassino e il suo rapporto con la  comunità religiosa di appartenenza, che lo stimola a leggere letture bibliche specifiche da cui, secondo la sua interpretazione, si convince della necessità di organizzare l’uccisione di Rabin realizzando, in tal modo, il  volere divino;

- l’intervista della moglie di Rabin che, nelle sue conclusioni,  afferma di non portare rancore verso nessuno, ma prova comunque una forte delusione interiore e tanta tristezza;

- la conclusione del film con le considerazioni del Presidente della Commissione di inchiesta, il quale sostiene esplicitamente che, con l’uccisione di Rabin, Israele non sarà più la stessa e prefigura futuri scenari apocalittici.

L’idea centrale, quindi, espressa all’inizio, diventa di fatto una tesi che l’autore vuole affermare e dimostrare, ma sorvola nel contempo, su particolari importanti della storia di Israele che forse meritavano di essere ricordati.

Non entro nel merito della bontà o meno di questa opinione, affermata con tanta forza nel film, ma ritengo che lo stesso sia stato realizzato molto bene, coniugando immagini di repertorio con la fiction che narra e ricostruisce la storia  dell’assassinio. Ne fanno un prodotto importante e utile a comprendere sempre meglio i fatti del Medio Oriente.

 


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