THE BAD BATCH (Reietti)
Regia: Ana Lily Amirpour
Lettura del film di: Olinto Brugnoli
Titolo del film: THE BAD BATCH (REIETTI)
Titolo originale: THE BAD BATCH (REIETTI)
Cast: Regia: Ana Lily Amirpour; sceneggiatura: Ana Lily Amirpour; fotografia: Lyle Vincent; montaggio: Alex O'Flinn; scenografia: Brandon Tonner-Connolly; costumi: Natalie O'Brien; interpreti: Suki Waterhouse, Jason Momoa, Keanu Reeves, Jim Carrey, Giovanni Ribisi; durata: 115'; origine: USA, 2016; distrib.: Annapurna international
Sceneggiatura: Ana Lily Amirpour
Nazione: USA
Anno: 2016
Presentato: 73 MOSTRA D'ARTE CINEMATOGRAFICA VENEZIA CONCORSO
Premi: PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA
Definita la «Quentin Tarantino in gonnella», la regista americana Ana Lily Amirpour, dopo aver realizzato A Girl Walks Alone at Night, realizza un'opera dove si mescolano vari generi che stentano a trovare un'unità espressiva.
La vicenda del film è ambientata in un immaginario Texas di un futuro distopico. Le persone che, per vari motivi, non sono inserite nella società vengono marchiate con un numero ed espulse dal Paese. Vengono così a far parte di un "Lotto difettoso" costituito da una fauna umana che cerca di sopravvivere ricorrendo ad ogni espediente. È quanto succede alla protagonista del film, Arlen, che si ritrova oltre un recinto che delimita il territorio del Texas, una specie di terra di nessuno dove non esistono né leggi né regola alcuna. Arlen vaga nel deserto, smarrita, ma improvvisamente viene catturata da un gruppo che vive di cannibalismo. Le vengono tagliati un braccio ed una gamba che vengono subito cotti e mangiati. Ad un certo punto Arlen riesce a scappare e si rifugia in un altro posto, una specie di villaggio chiamato "Comfort - Il sogno". Dopo cinque mesi la ritroviamo con una gamba artificiale e con tanto desiderio di vendetta. Armata di pistola uccide un donna, ma risparmia la sua bambina che si mette a seguirla. Nel frattempo il padre della bambina, un "cannibale" dal cuore d'oro e bravissimo a disegnare, si mette alla sua ricerca. Incontra Arlen e, saputo che sua figlia si trova a Comfort, la convince ad andare a cercarla. Comfort, la cui economia è costituita dallo spaccio di droga, è nelle mani di una sorta di dittatore che vive nel lusso più sfrenato e che possiede un harem da far invidia a Salomone. È lui che ha rapito la bambina per farne una sua concubina. Arlen lo viene a sapere e, con grande coraggio, la riporta dal padre. Tutto sembra sistemarsi, quindi, con la riscoperta della carne di coniglio (anche se la bambina avrebbe voluto degli spaghetti; ma, si sa, nel deserto è difficile trovarli) e forse di un amore un po' fuori della norma.
Il racconto gioca con vari elementi spettacolari che vanno dalla suspense, allo splatter pulp, agli effetti psichedelici. E con una sorta di lieto fine. Forse l'opera voleva essere una metafora di un mondo globalizzato che esclude i "diversi" (non a caso il padre della bambina è un cubano clandestino) e li costringe a diventare sporchi e cattivi. Forse voleva dire che, nonostante l'orrore del cannibalismo, questi esseri che vivono fuori del consorzio umano, hanno la capacità di conservare una certa umanità (il padre che ama tanto la figlia, che alla fine si "converte" alla carne di coniglio e che pare non essere insensibile di fronte alle grazie di Arlen). Forse (ed è questa l'ipotesi più probabile) la regista voleva creare uno spettacolo servendosi di un storia fuori dal comune per attirare il maggior numero di spettatori, soprattutto quelli che hanno stomaci forti e che amano un certo genere di film.