IDENTITÁ - La vera storia di Juan Piras Peron
Regia: Chiara Bellini
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 350 - 2007
Titolo del film: IDENTITÁ - LA VERA STORIA DI JUAN PIRAS PERON
Cast: Regia: Chiara Bellini; Attori: Piero Salerno, Faustina Hanglin, Francisco Juarez; Anno: 2007; Durata: 83 min.; Origine: Italia, Argentina; Genere: Documentario; Produzione: Morgana Productions.
Sceneggiatura: Documentario
Nazione: ITALIA
Anno: 2007
È la storia di Piero Salerno, un giovane di Nuoro che si reca in Argentina per cercare qualche traccia del fratello della nonna, Giovanni Piras, nato a Mamoiada nel 1891 ed emigrato in quel paese nel 1909, e del quale si sono avute notizie fino al 1912, dopo di che i familiari rimasti in Sardegna non hanno avuto piú niente. Il giovane è accompagnato ovviamente dall’autrice del film – Chiara Bellini – e da Faustina Hanglin che funge da interprete ma che figura anche come collaboratrice alla scrittura del film.
Piero – anche se ufficialmente è alla ricerca dell’avo scomparso – è attratto da una «leggenda», che prende le mosse da Internet, nella quale il nome di Giovanni Piras è avvicinato a Juan Domingo Peron, il celebre Presidente argentino: la voce, non sappiamo da quale fonte originata, vuole che Giovanni Piras, dopo alcuni anni trascorsi in Argentina sia stato aiutato da un ricco uomo d’affari del luogo a diventare il celebre uomo politico che poi è stato e, prima di fare questo, gli è stato cambiato il nome.
La ricerca prende l’avvio a Buenos Aires e specificatamente in una radio locale nella quale sono ospitati sia Piero che Faustina per raccontare i termini della vicenda: sull’onda della notorietà dell’emittente, vari personaggi avvicinano la coppia e forniscono notizie, quasi mai suffragate da prove, dalle quali comincia a delinearsi il mondo degli emigranti italiani, con i loro colori e la loro simpatia.
Il primo elemento sul quale vanno a sbattere le speranze di Piero, è la giovinezza di Peron che, le fonti storiche collocano all’interno dell’Accademia Militare, prestigiosa scuola la cui frequenza è sempre stata riservata a rampolli dell’aristocrazia o a figli di alti ufficiali dell’esercito; la domanda, quindi, è: come ha fatto il giovane Piras a entrare in tale struttura senza alcuna raccomandazione? E se c’è stata raccomandazione chi l’ha fatta?
La ricerca poi si sposta all’interno del grande paese sudamericano, cercando di seguire le deboli tracce lasciate dal Piras quasi cento anni prima: alcuni emigranti raccontano a Piero di averlo incontrato mentre si dirigeva verso l’interno per lavorare alla costruzione della nuova Ferrovia, ma anche in questo caso le tracce non portano a niente.
Nella zona di Santa Fè la nostra troupe riesce ad incontrare addirittura una famiglia che porta anche adesso il cognome Piras, ma – come si rileva dai documenti che vengono esibiti – il nostro Giovanni non ha niente a che vedere con loro.
È l’ultima ricerca: i due rientrano in Italia senza aver trovato tracce di Giovanni Piras e, tanto meno, avere legato il nome dell’emigrato sardo con quello del politico argentino.
Sui titoli di coda – quindi dopo il rientro in Italia degli interessati – appare una scritta che ci informa come tutta l’Argentina si sia mossa sull’onda delle ricerche di Piero e Faustina e che sia venuto fuori che il Giovanni Piras ricercato dai nostri amici sarebbe andato verso il nord dell’Argentina, dove avrebbe lavorato in varie situazioni fino a morire nel 1959, dopo avere ricoperto anche alcune cariche pubbliche importanti a livello provinciale; sarà questa la vera storia di Giovanni Piras? A proposito: non viene detto niente circa l’interruzione delle notizie dal 1912 al 1959 (data della morte), motivo ufficiale che ha mosso Piero a venire in Argentina alla ricerca dell’antenato.
La fine del film, con l’utilizzo di alcune situazioni realizzate in computer grafica, rende l’atmosfera del protagonista come una sorta di sogno, ed è proprio in questa dimensione che – sembra dire la regista – è bene che rimangano le leggende, di qualunque genere si tratti.
Il film è molto ben realizzato e conferma la mano felice della Bellini e la sua estrema chiarezza espositiva; per esempio, nelle sequenze che vedono la presenza di vecchi emigranti italiani (alcuni parlano con difficoltà la nostra lingua), la cinepresa ha l’occhio umido di commozione e si sofferma a cogliere particolari di questa comunità cosí numerosa e ben accolta dal resto della popolazione; da notare che – a livello realizzativo – la Bellini, oltre che della regia e della scrittura dell’opera, si occupa anche della fotografia e del montaggio: diciamo che fa quasi tutto lei e che lo fa anche bene.
A questo proposito vorrei fare una sola considerazione: nei vari paesini o cittadine dove il protagonista si reca, una delle fermate d’obbligo è al Circolo degli Italiani o addirittura, scendendo nella parcellizzazione in quello dei «Sardi», a testimonianza della gran quantità di persone che è arrivata in quel paese per contribuire al suo progresso ed alla sua prosperità; ebbene, di questa capillare introspezione di carattere sociale, fa fede l’elenco dei ringraziamenti sui titoli di coda, laddove si vedono scorrere centinaia e centinaia di nomi, a dimostrazioni della serietà e completezza della ricerca. (Franco Sestini)