Regia: Tito Schipa Jr
Lettura del film di: Eugenio Bicocchi Edav N: 363 - 2008 Titolo del film: ORFEO9 Cast: regia, scenegg., musiche: Tito Schipa Jr. (tratto dalla sua omonima opera rock, rappresentata per la prima volta al Teatro Sistina di Roma il 23 gennaio 1970) – fotogr.: Ivan Stoinov – mont.: Alfredo Muschietti – scenogr. e cost.: Giovanni Agostinucci – effetti: Eugenio Ascani, Eros Baciucchi – interpr.: Tito Schipa Jr. (Orfeo), Loredana Bertè (Narratrice), Penny Brown (Narratrice), Marco Piacente (Narratore), Edoardo Nevola (Vivandiere), Eva Axén (Euridice), Renato Zero (Venditore di felicità), Chrystel Dane (Autostoppista), Roberto Bonanni (Autostoppista), Monica Miguel (Chiromante, voce di Marta Marzotto), Ron Mardenbro (Cantante Blues, voce di Ronnie Jones), Eleonora “Rori” Zani (voce di Loredana Bertè), Danilo Moroni, Peter Deno, Freddy Abbass, Giovanni Rosselli (voce di Santino Rocchetti), Giovanna Di Bernardo (voce di Gisella Fusi), Paolo Granata (voce di Giovanni Ullu), Aldina Martano – durata: 84’ – colore – produz.: Mario Orfini, Emilio Bolles e Ettore Rosbok per Eidoscope, Mount Street Film, Programmi Sperimentali Rai – origine: ITALIA, 1973 – distrib.: DAE Sceneggiatura: Tito Schipa Jr Nazione: ITALIA Anno: 1973 Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Fuori Concorso (Film di chiusura)
Se ci si limita all’aspetto ‘biografico’ di questa pellicola, scelta per la proiezione “di chiusura” della LXV Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (sabato 6 settembre), basterebbero le indicazioni presenti nel sito web - ufficiale - del film (http://www.orfeo9.it e links correlati), qui riassunte nei loro passaggi essenziali. In origine Orfeo 9 è un’opera musicale; la prima opera rock italiana andata in scena al teatro Sistina di Roma, il 23 gennaio del 1970. Poi, nel 1973, diviene un doppio album musicale, rivelandosi nel tempo un record per la tenuta della vendita; non è mai uscito di catalogo e ha raggiunto, a tutt’oggi, otto edizioni diverse tra LP (dischi in vinile, detti anche “a 33 giri”), audiocassette (a nastro magnetico) e, più recentemente, CD. La stampa specializzata, negli ultimi tempi, l’ha classificato fra i cento eventi fondamentali del rock italiano.
Sempre nel 1973 Orfeo 9 diviene anche un film, per la regia dello stesso Tito Schipa jr.(1), al quale, così, va riconosciuta un’amplissima autorialità, essendo suoi il soggetto, la musica, la regia, nonché l’interpretazione in audio e in video. Il film, girato a colori per il settore sperimentale della Rai, incontra disgraziatamente le incomprensioni e le censure dei dirigenti d’allora della televisione di Stato. Solo nel 1975 (9 febbraio) viene programmato dal Secondo Canale e in sordina (oltre che - per oggettiva condizione tecnica della Rai - in bianco e nero, non essendo ancora stato deciso il sistema televisivo del colore da adottare in Italia (2). Anche con l’avvento del colore, però, ORFEO 9, senza l’ulteriore messa in onda, a differenza di altre produzioni televisive, non riceve il giusto risarcimento cromatico.
Qualche tempo dopo il passaggio in Rai, viene distribuito, per un breve periodo, nei circuiti cinematografici d’essai, circuiti che Tito Schipa jr., in una recente intervista radiofonica rilasciata a “Radio popolare del Salento” (http://www.radiopopolaresalento.it) chiama addirittura «alternativi» per sottolinearne la marginalità.
Nel giugno di quest’anno l’opera musicale Orfeo 9 viene rimessa in scena a Roma.
In fine, la proiezione alla Mostra di Venezia rappresenta, per il suo autore, il «riscatto definitivo».
Anche restringendo la prospettiva analitica unicamente all’aspetto ‘testuale’, il film ORFEO 9, chiama in gioco la letteratura o almeno la cultura classica (il mito di Orfeo e Euridice), la musica (le otto edizioni), il teatro (le rappresentazioni a Roma) e, ovviamente, il cinema.
C’è materia su cui soffermarsi a lungo. Pertanto, in questa sede, non è possibile affrontare un così ricco territorio. Tuttavia non si può trascurare almeno la riproposta del mito originario (3).
L’originario - e immortale - mito ha come protagonista Orfeo, un soave musico, cantore e poeta che il Morelli definisce – con felicissima espressione - «apollineo di natura e dionisiaco di destino» (4).
«Tanto soavi erano il suo canto e gli accordi della sua cetra che al suo suono le belve più feroci ammansivano, i fiumi s’arrestavano e alberi e sassi si commovevano. (…) Orfeo aveva sposato Euridice, ma il giorno stesso delle nozze, il pastore Aristeo, pure innamorato di lei, tentò di violentarla. Euridice, nel fuggire davanti a lui, calpestò un serpente che la morse. Quando accorse Orfeo, l’amata sposa era già spirata. Fidando nella sua lira, il poeta discese agli Inferi per riportare Euridice alla luce del giorno L’arte di Orfeo domò Caronte che lo traghettò, e mentre Orfeo cantava, il Cerbero non abbaiò, la ruota d’Issione si fermò, le Danaidi smisero la loro inutile fatica, Tantalo non soffrì più né fame né sete, e Sisifo riposò sul suo macigno (5). I giudici infernali e tutte le anime morte si commossero, e si commossero pure i sovrani del regno delle ombre, Plutone e Persefone, che concessero ad Orfeo di riportarsi Euridice nel mondo dei vivi, a condizione, però, che egli non si volgesse a guardarla, finché con lei, non fosse uscito dalla silenziosa folla delle ombre.
La condizione era ben dura per chi era riuscito a strappare la preda alla morte, dopo di aver così disperatamente invocato il nome del suo amore: ma pure Orfeo seppe resistere, finché, non sentendo più dietro di sé il rumore dei passi della sua donna, non poté più trattenersi dal volgere il capo; ed Euridice, rifatta ombra, gli si dileguò dallo sguardo affannato, col gesto dell’addio supremo. L’infelice amante, tornato a rifar la strada, invano supplicò Caronte che gli lasciasse di nuovo varcare l’Acheronte; e invano rimase sulle squallide rive per ben sette giorni senza toccar cibo. Poi sconsolato si ritirò sul monte Rodope, e per tre lunghi anni si rinchiuse nel suo dolore. Le belle Baccanti della Tracia cercarono di consolarlo(6): “La vita ha molte dolcezze, le donne amabili sono tante, abbandonati a noi!” Ma egli rifiutò la loro consolazione e respinse le loro profferte. Sdegnate dalle sue ripulse, durante una festa di Bacco, le Baccanti si gettarono su di Orfeo e lo fecero a pezzi, gettandoli poi nel fiume Ebro. Ma la sua testa e la sua lira continuarono a cantare i lamenti per la morte di Euridice e furono portate dalle onde del mare sulle rive dell’isola di Lesbo. La testa venne conservata nel locale tempio di Bacco, la lira in quello di Apollo, giusto il doppio aspetto dell’eroe.»
Tito Schipa jr., la cui formazione deriva da studi classici, trovò evidentemente nel mito di Orfeo - concependo così l’Orfeo 9 via via nelle sue varie forme evolutive: musica teatro cinema - la fonte qualificata e il riferimento convincente per dare voce a se stesso (la già ricordata centralità autoriale e interpretativa) appena uscito dagli anni adolescenziali, nel contesto dello stimolante e vivace clima socioculturale del tempo, la fine del decennio 1950-1960.
La vicenda del film, ambientata in quella stessa epoca, narra di un giovane - ma attorniato anche da altri giovani - con la chitarra (un Orfeo con la cetra), innamorato di una ragazza che la droga gli porta via (Euridice morta), il quale, tra tentazioni e pericoli, lungo strade e sentieri anche misteriosi - misteriosi grazie all’astrattezza di alcune scenografie - e soprattutto nei meandri di in una città diroccata (perché non vedervi il regno dei morti?) vaga, di fatto compiendo un cammino di introspezione che si è soliti chiamare la ricerca del senso dell’esistenza. Più precisamente si può attribuire al film una frase che Schipa, nella già ricordata intervista radiofonica, riporta, pur non essendo sua: «Ci si rende conto di chi si è e si riesce ad esserlo».
Il forte autobiografismo è confermato anche dal fatto che, ancora oggi, ossia quaranta anni dopo, Schipa si riconosce in quel “giovane protagonista” e nella sua crescita, rivelando di considerare ORFEO 9 più un validissimo documento rivelatore della propria vita e del clima d’allora, che un testo da sottoporre a un distaccato giudizio.
Prima di affrontare la fase valutativa del film, va, comunque, precisato che ORFEO 9 rivela di essere un testo audiovisivo autentico; d’autore, anche se con qualche fragilità. Può avere passaggi legati, fin troppo, a certa moda del tempo, ma questi nascono da convinzione o anche da una certa ingenuità - perché no? -, ma non dall’intenzione di compiacere il pubblico con facili espedienti; o con soluzioni retoriche. Artifici di questo genere non se ne vedono.
La pellicola infatti tratta la materia narrata con invenzioni visive a tratti originali, come per esempio è lo sfruttare i riflessi di una superficie liquida colorata o è l’inserimento di rapidi insert di montaggio che progressivamente costruiscono l’azione, come avviene nell’incipit. Durante il succedersi dei titoli, viene mostrato l’approntarsi di alcuni giovani musicisti, protagonista compreso, alla registrazione sonora in studio: prova dei livelli del volume di vari microfoni, prova, in cabina di registrazione, del funzionamento delle apparecchiature. In sala di incisione viene collocato il “coro” (secondo il canone narrativo greco) con la funzione di introdurre e commentare la dieresi che si svolge altrove. Quell’altrove che prende corpo via via grazie al montaggio di insert di durata crescente.
Nella materia narrata c’è, però, anche un certo simbolismo che a volte non sempre riesce a essere chiaro e funzionale al discorso. Ma si tratta, data la novità dell’iniziativa (non a caso fu prodotta dal settore sperimentale della Rai) di rischi e inconvenienti che andavano accettati.
E il mito di Orfeo? Con lui il film deve, alla fine, fare i conti. E inevitabile. Lo reclama anche il titolo stesso, ORFEO 9, oltre a tutti gli elementi e i rimandi presenti nella vicenda cinematografica. Che ne è, dunque? Se si ripensa - con tutte le cautele del caso e anche con un certo disincanto su questa rischiosissima operazione di raffronto dal momento che non c’è un testo univoco che parla del mito di Orfeo, oltre a tante altre insidie come le varie tradizioni o le varie traduzioni -, se si ripensa (e non si può non farlo) a Orfeo, a Euridice, anche così come ce li ha restituiti, sopra, la citazione di Morelli (una delle tante possibili), si deve dire che nel film il mito di Orfeo fa da sfondo, come il presupposto dell’ideazione; come il punto di appoggio per garantire spessore all’invenzione moderna. Il mito è probabilmente perfino l’elemento ispiratore di tutta l’opera di Schipa (c’è anche il rimando ad un altro mito, quello di Narciso, nella scena del rispecchiamento del protagonista nella pozza d’acqua). La pellicola è debitrice della propria esistenza, dunque, al corpus mitologico classico. Tutto qui. Altro non c’è. La pellicola né restituisce quel mito di Orfeo e Euridice sotto il profilo filologico (che però non è un obbligo richiesto), né lo aggiorna, né a sua volta raggiunge il livello di “narrazione mitica”. Non diventa questo ORFEO 9 un nuovo mito; il mito - cioè il “racconto” - della generazione di quel particolare periodo del secolo da pochi anni concluso.
Orfeo 9, in musica e in teatro, ORFEO 9, in cinema, ha i suoi fedeli fans, i suoi estimatori vecchi e nuovi (sono presenti in internet); altri se ne aggiungeranno. Per tutti loro è un mito, ma il mito è un’altra cosa.
Aver scelto il film di Tito Schima jr. come proiezione di chiusura della Mostra del 2008 di Venezia ha significato, in ogni modo, offrire agli spettatori un’occasione di confronto; auspicabilmente di riflessione. (Eugenio Bicocchi)
NOTE
(1) Tito Luigi Giovanni Michelangelo Schipa, detto Tito Schipa jr., figlio di “Tito” Raffaele Schipa e Teresa “Diana” Borgna, sua seconda moglie. Tito Schipa senior è stato uno dei più grandi tenori italiani.
(2) Per inciso, pare che, tra i due sistemi possibili, quello francese detto SECAM e quello tedesco, PAL, la decisione definitiva del nostro governo sia maturata a favore di quest’ultimo dopo un viaggio di Giulio Andreotti in Germania.
(3) La Mitologia (classica in questo caso) è un ampio corpus di narrazioni, attraverso le quali gli uomini antichi hanno cercato di descrivere – e quindi spiegare – il mondo, la natura, l’uomo, la storia. Così Umberto Albini: «Il mito è bisogno di spiegare la realtà, di superare e risolvere una contraddizione della natura (come nasca il primo uomo, per esempio), il mito è spiegazione di un rito, di un atto formale che corrisponde a esigenze della tribù (l’invocazione della pioggia), il mito è struttura delle credenze di un gruppo, di un etnos (la condanna dell’incesto), ecc. ecc. Ma come dice la parola, il mito è innanzitutto un racconto: c’è una storia da presentare, che ha lati terribili, ma anche spesso risvolti patetici o sorridenti, ci sono dei personaggi in azione, una trama che si snoda», (“Presentazione” in Robert Graves, I miti greci, Ed. Il Giornale - Biblioteca storica. I^ edizione Longanesi & C., Milano, 1963, p. V). Semplificando e per approssimazione si può dire che la mitologia è una sorta di riflessione filosofica, legata però alla natura fantastica della narrazione invece che a quella rigorosa della concettualizzazione. A tale proposito si può ricordare che, con la nascita del logos greco, circa quattro secoli prima di Cristo - e quindi anche in parallelo con il fenomeno mitologico - assistiamo al poderoso e commovente tentativo di dare una spiegazione ‘argomentata’ all’esistenza dell’uomo, del mondo, della storia e della natura. È ciò che chiamiamo il pensiero filosofico. La filosofia.
Sarebbe interessante discutere anche della seguente asserzione che compare nel già ricordato sito web ufficiale del film: «Oggi Orfeo 9 deve essere considerata a tutti gli effetti un melodramma, nella lunga gloriosa tradizione dell’opera popolare italiana, ormai consolidato nella coscienza di un pubblico numerosissimo e affezionato. L’allestimento del Sistina (1970), la trasposizione cinematografica (1973) e il Tributo Ufficiale del 2008 non sono che tre dei mille allestimenti possibili. La partitura musicale resta invece intatta, svincolata dal tempo e dalle mode e disponibile a chiunque voglia realizzarla, adattandola, come è giusto che sia, ai tempi e ai mezzi di oggi.»
(4) A. Morelli, Dei e miti. Enciclopedia di mitologia universale, Edizioni Librarie Italiane, Torino, s.d., alla voce “Orfeo”. L’espressione «apollineo di natura e dionisiaco di destino» fa riferimento, come è facile intuire, agli dei Apollo e Dioniso: il primo, saggio, portatore di veggenza agli uomini, con il dono della poesia, del canto e del suono della cetra, il cui culto (interpretiamolo pure come esempio) è quello della moderazione olimpica; il secondo - che, per i latini, prende il nome di Bacco - è il dio della viticoltura, col dono del vino che porta spensieratezza e allegria agli umani, un liberatore sotto l’aspetto materiale e anche morale, il cui culto (interpretiamolo pure come esempio), senza vincoli, scivola facilmente nella sfrenatezza e nel furore orgiastico; con tutte le conseguenze. Si tratta, dunque, di due concezioni di vita contrapposte. «Apollineo di natura e dionisiaco di destino» sta a significare la contraddittorietà tragica dell’esistenza di Orfeo.
Dallo stesso volume qui citato in nota è tratta la descrizione del mito di Orfeo riportata nel testo.
(5) Anche se non si avessero presenti tutti questi personaggi mitologici è egualmente comprensibile il senso del racconto: l’arte di Orfeo genera l’incanto.
(6) Come rivela l’etimo, nelle feste in onore del dio Bacco, erano le donne cadute in preda della furia del culto.
(7)Solo per l’evidente mancanza di spazio si rinuncia a un confronto con le teorizzazioni - e quindi anche il lessico - di altri studiosi.
LE ULTIME FRASI DELLA COLONNA SONORA DI ORFEO 9
Hai creduto il mare popolato d'ombre per l'eternità
Hai sognato in viaggio che al di là del bosco fosse un aldilà
E hai sparso le tue note sul sentiero come nella favola,
Ma il sentiero non ritorna indietro:adesso chi le coglierà
Chi?
Chi le coglierà?
Uomo dimentica, uomo dimentica anche quel suo sorriso,
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