SLEUTH – GLI INSOSPETTABILI
Regia: Kenneth Branagh
Lettura del film di: Eugenio Bicocchi
Edav N: 354 - 2007
Titolo del film: SLEUTH – GLI INSOSPETTABILI
Titolo originale: SLEUTH
Cast: regia: Kenneth Branagh – scenegg.: Harold Pinter – dal romanzo «Sleuth» (t.l. L’investigatore) di Anthony Shaffer – fotogr.: Haris Zambarloukos – scenogr.: Tim Harvey – mont.: Neil Farrell – mus.: Patrick Doyle – suono: Peter Glossop – cost.: Alexandre Byrne – effetti speciali: Eileen Kastner – Delago, David Harris – interpr.: Michael Caine (Andrew Wyke), Jude Law (Milo Tindle), Harold Pinter (l’uomo in Tv) – durata: 86’ – colore – produtt.: Jude Law, Simon Halfon, Tom Sternberg, Marion Pilowsky, Kenneth Branagh, Simon Moseley – produz.: Riff Raff Productions Inc. – origine: USA, 2006 – distrib.: Sony Pictures Releasing Italia – Remake del film GLI INSOSPETTABILI (1972) diretto da Joseph L. Mankiewicz con Michael Caine nel ruolo di Milo Tindle e Laurence Olivier in quello di Andrew Wyke
Sceneggiatura: Harold Pinter
Nazione: USA
Anno: 2006
Presentato: 64. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2007 - In Concorso
Premi: PREMIO QUEER LION MENZIONE SPECIALE ALLA 64A MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA, VENEZIA, 2007
I protagonisti sono due uomini, uno già avanti negli anni, l’altro giovane adulto, uno affermato scrittore di gialli, l’altro ancora senza una posizione sociale (dice di voler fare l’attore e di essere temporaneamente disoccupato), uno sposato, l’altro amante della moglie del primo, uno a casa propria, l’altro ospite di lui, uno di nome Andrew Wyke, l’altro Milo Tindle.
L’ambientazione è la casa di Wyke, una villa in aperta campagna, dalla facciata tradizionale e dall’interno completamente strutturato ed arredato in stile modernissimo e tecnologico: locali a forma variabile grazie a pareti mobili azionate con un semplice telecomando, sorgenti luminose dai diversi effetti, proiettori, schermi, monitor, oltre ad un circuito di sorveglianza televisiva.
Il film narra la storia dell’incontro tra i due uomini, che sono da considerarsi entrambi protagonisti.
Il giovane Milo si aspetta dal colloquio con l’attempato Andrew che costui conceda alla propria moglie, che come si è detto è la sua amante, il divorzio, senza fare trascorrere i cinque anni previsti dalla legge in caso di rifiuto da parte del coniuge.
Andrew ha altre attese dall’incontro con Milo, attese che il giovane non conosce e che il regista non rivela al momento allo spettatore.
Qui si potrebbe anticipare il «segreto», ma per parlare della tematica svolta dal film forse, in questo caso, si può sorvolare sull’informazione. O almeno provare.
I due uomini, dunque, si incontrano per trattare su di una donna.
Ma l’incontro sembra dire il film è uno scontro. Uno scontro che si svolge prima a parole, poi a prove di forza fisica, poi a colpi di coltello e d’arma da fuoco. L’inizio dello scontro a parole divampa già nei preliminari: quando Milo si presenta alla porta della villa di Andrew, costui non perde l’immediata occasione per far sapere all’altro che la propria automobile è sí bianca come la sua, ma è «piú grande» della sua.
Ecco la chiave di lettura. L’oggetto dell’incontro è la donna, ma l’incontro si caratterizzerà sul competere per una dominanza di uno sull’altro. Il film conduce un’analisi spietata dell’identità dell’essere umano, in quanto maschio (la donna è fuori da questa analisi). La lotta per la prevalenza è a tutti i livelli: non solo per il possesso della donna (sesso), ma anche per la sottomissione dell’altro fino agli estremi dello spregio. Cosí per lo stato sociale (Andrew contrappone il proprio successo editoriale all’insignificanza della carriera di Milo); cosí perfino per una sorta di purezza della razza (Andrew insinua che dal nome e dal cognome del giovane si possa dedurre una forma di meticciato italo-ungherese di bassa lega); cosí per il denaro (Andrew compera il comportamento di Milo, inducendolo ad una finta, ma faticosissima e pericolosa, intrusione nella propria villa attraverso un lucernario del tetto, in nome di un premio costituito da una collana da 1000 ster¬line). Sembrerebbe, da quanto fino a questo punto esposto, che il «dominatore» sia Andrew e il perdente sia Milo. Ma si tratta solo di un primo round, o per utilizzare il lessico del film che si ispira al gioco del tennis, il primo set. Dunque 6 a 0 per l’uomo piú attempato.
C’è, poi, un secondo set, sugli stessi o su analoghi motivi di confronto, che porta le sorti in parità.
Alla fine ci sarà un vincitore, cioè un prevaricatore che sarebbe comunque tale anche se l’esito dello scontro fosse opposto.
L’analisi del film è, dunque, amarissima. Il maschio è, nella vita, nella storia, portatore di competitività e sopraffazione. Irredimibile. Irredimibile tanto piú che, dice il film, non c’è tensione verso un superamento di tale identià o almeno una presa di coscienza. Non c’è nulla.
Nemmeno Dio può rappresentare una speranza. Uno dei due personaggi se ne esce non con una bestemmia (che sarebbe già una forma di «preghiera» in negativo), ma con una sfottitura di Dio («non ha né un padre né una famiglia»). Questa derisione arrogante è il segno dell’irredimibilità del maschio. (Eugenio Bicocchi)