Ciscs


Edav.it



LOGIN ABBONATI

Cerca negli articoli


   
Il portale di studi sulla comunicazione del CiSCS
Centro Internazionale dello Spettacolo e della Comunicazione Sociale
   



Visualizza tutte le notizie:



 

Lussuria - Seduzione e tradimento



Regia: Ang Lee
Lettura del film di: Eugenio Bicocchi
Edav N: 353 - 2007
Titolo del film: LUSSURIA - SEDUZIONE E TRADIMENTO
Titolo originale: SE, JIE
Cast: regia: Ang Lee - scenegg.: Wang Hui Ling, James Schamus – fotogr.: Rodrigo Prieto – scenogr.: Pan Lai – mont.: Tim Squyres – mus.: Alexandre Desplat – suono: Philip Stockton, Eugene Gearty – cost.: Pan Lai, Lui Fung Shan – interpr.: Tony Leung (Mr. Yee), Tang Wei (Wang Jiazhi), Joan Chen (Mrs. Yee), Wang Leehom (Kuang Yu-Min) – durata: 156’ – colore – produtt.: Ang Lee, James Schamus, Bill Kong – produz.: Mr Yee Productions c/o Focus Features International – origine: CINA, 2007– distrib.: BIM
Sceneggiatura: Wang Hui Ling, James Schamus
Nazione: CINA
Anno: 2007
Presentato: 64. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2007 - In Concorso
Premi: LEONE D'ORO e OSELLA MIGLIOR FOTOGRAFIA (A Rodrigo Prieto) ALLA 64A MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTA CINEMATOGRAFICA DEL CINEMA, VENEZIA 2007

La vicenda, qui riportata secondo il modello della cronologia reale (1) ha come protagonista una giovane studentessa cinese, di nome Wong Chia Chi, e, come ambientazione storica, il periodo dell’occupazione giapponese in Cina, durante la seconda guerra mondiale.
Anno 1938. All’università di Shangai, Wong Chia Chi conosce il compagno Kuang Yu-Min, uno studente che ha organizzato una piccola compagnia teatrale per mettere in scena drammi dalla marcata connotazione patriottica.
Wong si rivela un’attrice particolarmente dotata e capace di emozionare e commuovere il pubblico.
Kuang, capo della compagnia, prova presto verso di lei un forte interesse, che va ben al di là della semplice ammirazione, che pure è molto grande; ma l’insofferenza per le condizioni gravissime in cui versa il suo pa¬e¬se, lo orienta a non dare seguito al proprio sentimento affettivo e lo induce a passare, invece, alla scelta, gravosa, della lotta armata. In particolare egli considera intollerabile il fenomeno dei collaborazionisti cinesi. Tra questi spicca per zelo, astuzia e cinismo il signor Yee.
Kuang convince la compagnia degli attori a dedicarsi interamente al tentativo di assassinare l’odioso collaborazionista. L’impresa, oltre che rischiosissima, è senza dubbio molto ardua, data l’accortezza con cui si muove il signor Yee (sua la frase: «Non mi piace il buio», cioè le circostanze poco chiare).
Il piano dell’attentato prevede un’iniziale fase in cui la giovane Wong deve riuscire a conquistare la fiducia di Yee diventando preventivamente amica di sua moglie e una seconda fase in cui sia possibile attirare l’uomo in un luogo appartato dove possano entrare in azione i compagni di lotta.
Wong, fingendo di essere la signora Mak con il marito sempre lontano, per lavoro, a Singapore, viene ben accettata, come compagna del gioco di società «mahjong» (una sorta di domino), dalla moglie del signor Yee; puòcosí frequentarne la casa ed entrare in relazione con lui. I successivi incontri «a due» con il signor Yee sembrano portare felicemente a compimento la seconda fase del piano. Ma, la sera dell’agguato, all’ultimo istante, il signor Yee, per prudenza, non accetta l’invito di Wong a ritirarsi con lei nel suo appartamento. Li restano vanamente appostati i compagni pronti a fare fuoco.
Il fallimento dell’attentato e la scoperta del doppio gioco da parte di un amico creduto affidabile mettono in crisi il gruppo. Wong si allontana dai compagni.
Ma, tre anni dopo, ella incontra di nuovo Kuang, che nel frattempo è entrato nella resistenza organizzata e che è ancora deciso a uccidere il signor Yee, il quale – come direttore del servizio segreto collaborazionista – ha assunto un ruolo ancora piú importante all’interno del governo fantoccio filonipponico.
Il nuovo piano per l’attentato è, in sostanza, lo stesso di tre anni prima. È solamente messo a punto con piú attenzione e, in un certo senso, con piú esperienza.
Wong riprende il suo precedente ruolo di signora Mak. Gli incontri con Yee non tardano a sfociare in rapporti caratterizzati da un esasperato erotismo e un’accelerata frequenza. Parossistica. Parossistica è anche la variante delle «posizioni» che i due assumono durante i loro amplessi.
Wong/Mak lega saldamente a sé corpo e psiche (diciamo pure «volontà») di Yee, che si ritrova in balia dell’eros a lui proposto – dal suo punto di vista «ceduto» – dalla giovane avvenente donna.
Per gli attentatori basta preparare la trappola e il signor Yee, senza piú le prudenze di una volta, è destinato ad una fine certa.
Ma, quando l’agguato è proprio sul punto di scattare, in quell’unico ultimo istante che ancora precede l’entrata in azione del gruppo di fuoco, Wong fa capire a Yee il pericolo mortale. Yee con una fuga improvvisa e rapidissima si mette al riparo; in salvo. Gli attentatori, con a capo Kuang, sono tutti immediatamente scoperti, catturati e condannati a morte. Anche Wong si ritrova accomunata con gli ex-compagni davanti al plotone d’esecuzione.
Le ultime inquadrature del film mostrano Yee, con la sua solita espressione priva di anima, che guarda, per un attimo, il letto sul quale lui e la giovane bella studentessa avevano «fatto sesso».
Il film è «questa vicenda», nel senso che si esprime in funzione di essa, dei suoi passaggi narrativi, senza la costruzione di significati ulteriori, di vere e proprie tematizzazioni. Anche se la ricerca non sembra poter avere risposte positive, sarebbe interessante sapere se, nel film, ci sono intendimenti di ricostruzione o restituzione storica o anche solo di rimandi piú o meno puntuali. (Per esempio, circa il film BLACK BOOK, di Paul Verhoeven, presentato a Venezia nel 2006, nella brochure della casa di distribuzione si afferma che la figura della protagonista è nata sotto l’ispirazione delle vicende personali di tre donne che realmente vissero nel terribile periodo dell’occupazione nazista dell’Europa. Un punto di riferimento utile per misurare la distanza «storica» e le libertà che il regista si è preso, con le conseguenti significazioni).
Nelle dichiarazioni rilasciate nel contesto della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il regista Lee sostiene d’aver voluto rompere, con questo film, due tabú ancora presenti nella odierna Cina: l’occupazione giapponese con il conseguente infamante fenomeno del collaborazionismo interno e la sessualità della donna.
Si può dire che il primo obiettivo è stato raggiunto: il film fa vedere che la Cina subí l’occupazione da parte dei nipponici e che «certi» cinesi collaborarono attivamente contro i propri connazionali patrioti.
Il secondo obiettivo, se deve essere inteso come una descrizione di «figure» che il corpo della donna assume durante il rapporto sessuale, in tal caso può altrettanto intendersi raggiunto.
Ma sotto questo profilo l’obiettivo del film ha un’ambizione bassa.
Forse il regista sottintendeva livelli piú alti. Francamente, però, non si riesce a trovare nel film risultati di pari grado in quel senso; nel senso contenuto nelle parole del regista; o,almeno, nelle parole cosí come suonano in italiano, vale a dire, tradotte.
In un altro senso, invece, sí; ma allora non si deve piú parlare di sola sessualità, perché questa finisce per ricadere dentro una problematica piú vasta.
La storia di Wong Chia Chi è quella di una donna che, contrariamente alle proprie certezze e aspettative, si rivela diversa da quella che crede di essere. Pensava se stessa come una donna che poteva gestire una relazione (sessuale) «finta», in nome di un ideale oggettivo (tale può intendersi quello, condiviso con i propri compagni, dell’anelito patriottico) e si ritrova, invece, artefice di un gesto «vero», sotto un impulso soggettivo (tale può intendersi quello, personalissimo, di non-indifferenza verso un preciso uomo).
Ella pensava di contribuire, in maniera determinante, alla morte violenta di quell’uomo, al contrario gli salva la vita e, cosí favorendo l’individuazione e l’eliminazione dei congiurati, estirpa alla radice un pericolo mortale per lui.
La relazione di «puro esercizio erotico» si rivela, alla fine, portatrice di «altro non-erotico».
In questo significato, il film tocca (purtroppo senza sviluppo conseguente) un punto interessante e si inserisce nella linea che la teoria della interattività personale sostiene; vale a dire che l’esperienza contiene una valenza di imprevedibilità e una caratteristica di ineliminabilità. Come dire che il futuro psicologico di un individuo non è governabile (né programmabile meccanicisticamente o, secondo una dottrina che si definisce scientifica, materialisticamente) e che il futuro vissuto non è indifferente né irrilevante rispetto al successivo futuro. Al futuro del futuro. Ossia, quanto a questa seconda asserzione: non è possibile, dopo un’esperienza (una qualsiasi esperienza) fare finta di niente; non è possibile dire «ricomincio da capo». Contrariamente alla nota e citatissima battuta finale del film VIA COL VENTO – «Domani è un altro giorno» – bisogna affermare, in sintonia col film di Lee, che «domani è il giorno dopo». Il domani della studentessa Wong Chia Chi è «il tempo dopo» la «finta» passione erotica, un tempo in cui inaspettatamente l’assetto volontaristico della ragazza non è piú quello della patriota che complotta contro il collaboratore dei nemici del suo paese, ma quello di una donna che non accetta il distacco da colui col quale prima ha finto.
SE, JIE (LUST, CAUTION), tuttavia, non può ambire ad una vasta universalizzazione di questa idea sull’esperienza personale. Il limite è costituito dalla natura erotica attribuita dal regista alla relazione tra Wong e Yee. I rapporti sessuali tra i due sono caratterizzati da una violenza esasperata e inaudita messa in atto dall’uomo. Già la prima volta, mentre la ragazza si sta spogliando davanti a lui e,quindi, «per lui», il protagonista interrompe tale «preliminare» per stravolgerlo con una serie di furiosi strattoni che lacerano, senza tanto rispetto per il corpo, gli indumenti della donna. È questa l’unica modalità d’inizio di un rapporto erotico? Ed è la modalità maggioritaria?
Penso di no. In un altro film in concorso a Venezia per esempio, IT’S A FREE WORLD... di Ken Loach, al termine di un amplesso, un po’ improvvisato e, tra l’altro, non destinato ad avere un seguito significativo, i due protagonisti concordano nel definirlo «delicato».
Tornando al film di Lee, SE, JIE (LUST, CAUTION), penso, dunque, proprio di no; e allora il significato di quella storia non ha il colpo d’ala che permette di ampliarsi a valori di significazione universalizzati. Non può assurgere a sensi emblematici. Quella storia vale per se stessa. Per la sua specificità. Per la sua straordinarietà o stranezza.
A riprova c’è dell’altro: la protagonista, a un dato punto, afferma che Yee, ogni volta, la penetra fino a farla urlare e sanguinare. È una frase che la maggioranza della donne si ritrova (o si ritroverebbe) a sottoscrivere con la stessa partecipazione mostrata da Wong? Mah!
Per la protagonista questo tipo di erotismo – dice il regista – fa sorgere un sentimento (o uno stato d’animo interiore, se si vuole usare un altro vocabolario meno impegnativo) che porta alla decisione (o reazione, sempre per usare un lessico piú oscillante) di salvare la vita dell’uomo compromesso irrimediabilmente con i giapponesi e di tradire perfino l’impegno con gli amici, compagni prima di forti esperienze artistiche teatrali, poi di drammatica lotta resistenziale.
All’interno di questo ambito erotico il regista adombra (attraverso la citazione di grandi film con grandi storie sentimentali, alla proiezione dei quali Wong assiste con commozione) addirittura l’insorgere di un sentire «amoroso», per quanto incerto, soffuso e forse – forse – non del tutto puro (vedi quel certo interesse – finto e recitato o spontaneo e vero? O tutto insieme? – verso il prezioso anello regalo di Yee).
Si lasci esprimere cinematograficamente tutto quello che vuole il regista Ang Lee, ma non si pensi che sia la norma, che sia la sessualità femminile maggioritaria o, comunque, quella che piú rende lieti gli amanti. È la sessualità di Wong Chi Chi, studentessa al tempo dell’occupazione giapponese, patriota, cospiratrice, prima finta amante di uno spietato collaborazionista, poi, dopo, negatrice di ciò che era stata prima.
A una simile interpretazione della sessualità femminile, gravata di furioso masochismo (si ricordi che Yee, a sua volta, è un sadico con l’amante e un assassino con i suoi compatrioti), proposta da Ang Lee, non è per nulla facile credere, in termini universalizzanti, cioè fuori dall’ambito del film stesso.
Nei «corridoi» delimitati dalle transenne per l’accesso alle varie sale di proiezione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, qualcuno, nei giorni successivi la proiezione, si chiedeva se la insistita presenza, nel film di Ang Lee, delle scene caratterizzate da tanto erotismo, era saldamente inserita nella struttura del film per sempre, per tutte le circostanze (e quindi anche per le sale cinematografiche della Cina) o solo opportunisticamente servita agli spettatori occidentali. (Eugenio Bicocchi)

(1) Dato che il tempo percepito del mondo, della vita, della storia è un unicum, la conoscenza esistenziale che noi umani organizziamo di esso è caratterizzato dalla segmentazione di quell’unicum in una successione di diversi e distinti periodi;o, in altre parole: un «tempo» unicum conosciuto come successione di vari «tempi». Se, in riferimento al film di Ang Lee, esprimiamo questo concetto con un linguaggio analitico strettamente metodologico, si può dire, relativamente alla successione dei periodi temporali, che «ciò che, in quanto accaduto prima» (ossia i famosi contorni uno – abbreviati: C1) «accade prima nella narrazione» (ossia i famosi contorni due – abbreviati: C2),  rispetto a «ciò che, in quanto accaduto dopo» (C1) accade dopo anche nella stessa narrazione (C2). (cfr. N. TADDEI, Dalla comunicazione alla lettura del film, p. 35 e sg.)
 

 


RSSFacebookGoogleYoutubeSkypeEmail

Iscriviti alla newsletter
sarai aggiornato sulle nostre attività
Nome
E-mail

È il momento del
5 per millle... sostienici!!!

C.F. 02447530581


SPECIALE ASTA
Vendiamo all'asta
due fantastici cimeli della
storia del cinema.

Un'occasione imperdibile per tutti gli appassionati e i collezionisti


"La moviola"
"La poltrona di Fellini"

   
   
    Direzione: Via Giolitti 208, 00185 Roma (RM) - Tel e Fax 06/7027212
Redazione e Amministrazione: Via XX Settembre 79, 19121 La Spezia (SP) - Tel e Fax 0187/778147
C.F. 02447530581 - email: ciscs@edav.it