Io non sono qui
Regia: Todd Haynes
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: 353 - 2007
Titolo del film: IO NON SONO QUI
Titolo originale: IM NOT THERE
Cast: regia: Todd Haynes scenegg.: Todd Haynes, Oren Moverman fotogr.: Edward Lachman scenogr.: Judy Becker mont.: Jay Rabinowitz mus.: Randall Poster, Jim Dunbar suono: Leslie Shatz, Patrick Rousseau cost.: John Dunn interpr.: Christian Bale (Jack/John), Cate Blanchett( Jude), Richard Gere (Billy), Heath Ledger (Robbie), Julianne Moore (Alice), Charlotte Gainsbourg (Claire), Michelle Williams (Coco) durata: 135 colore produtt.: Christine Vachon, James D. Stern, John Sloss, John Goldwyn produz.: Killer Films origine: USA, 2007 distrib.: BIM
Sceneggiatura: Todd Haynes, Oren Moverman
Nazione: USA
Anno: 2007
Presentato: 64. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2007 - In Concorso
Premi: COPPA VOLPI FEMMINILE (A Cate Blanchett) ALLA 64A MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA, VENEZIA, 2007
È la storia di Bob Dylan celebre cantante vivente americano, rievocato nelle diverse tappe della sua vita e della sue esperienze professionali, il quale malgrado che abbia sperimentato opposte reazioni alle sue esibizioni pubbliche da parte di potenti e delle disagiate fascie sociali, alla fine, dopo aver difeso coerentemente le sue posizioni, ed in particolare il suo ideale di famiglia, fino al punto da passare per ingenuo e provocante sognatore, quale nuovo profeta che subisce contestazioni e rifiuto dei contemporanei, pur avversato e rifiutato dai «politici», continua ad esercitare la sua influenza ideale sui suoi estimatori.
Il regista rievoca vita ed esperienze musicali del protagonista, facendone interpretare il ruolo delle varie età e relative evoluzioni tanto sociali quanto psicologiche da sette interpreti che agiscono e cantano sul set. L’autore dimostra un particolare interesse nel tentativo di evidenziare l’evoluzione esistenziale del cantante, sia sotto il profilo delle età che delle scelte professionali.
La polemica contro la musica tradizionale precede l’esplicita apologia del cantante, tanto nei riguardi dei testi quanto della nuova espressione musicale delle sue celebri canzoni. Esse esprimono la coerenza ideale in favore degli sfruttati, come conseguenza della presa di coscienza della sopraffazione dei potenti.
La rete nella quale avrebbero voluto farlo cadere, è stata da lui coerentemente evitata con la ferma volontà di non cedere alla strumentalizzazione della sua attività.
L’espressione del suo alter-ego bambino, che aveva dichiarato di contenere nella custodia del suo strumento musicale «un’arma» spiega e conferma il valore e l’intento della sua arte: «Le mie canzoni sono politiche!».
Le possibilità tecniche espressive cinematografiche sono ampiamente usate e sfruttate dal regista: dall’uso alternato del BN e colore, di solito al fine di distinguere due piani temporali, all’insistenza nella ricerca di particolari e dettagli in PP in preferenza con finalità semiologiche, alla compiacente ammirazione di fascinosi paesaggi oltre che di lussuosi ambienti ed affollati raduni multietnici dei fans ai concerti del protagonista.
I sette che sul set lo sostituiscono recitano le loro parti con impegno, perfino nei tic nervosi. Il regista non si è preoccupato della rassomiglianza fisica: ha inteso soprattutto esaltare l’indiscussa arte del protagonista nelle diverse età della sua graduale evoluzione fino al punto di identificarsi con «tutta la gente» con la sua voce che è «la voce di tutti».
Bob Dylan vivente è già un mito. «Vivi la tua vita. Canta il presente!», gli è stato suggerito da una sua ammiratrice. Egli risponde: «Per me, il passato, il presente e il futuro sono contemporanei come fossero presenti nella stessa stanza!».
Tutti sperimentano il bisogno di portare alla conoscenza generale i propri problemi. Bob Dylan è ancora oggi una voce che parla per chi non ha voce. (Adelio Cola)