La Zona
Regia: Rodrigo Plà
Lettura del film di: Eugenio Bicocchi
Edav N: 353 - 2007
Titolo del film: LA ZONA
Titolo originale: LA ZONA
Cast: regia: Rodrigo Plà – scenegg.: Laura Santullo – fotogr.: Emiliano Villanueva – scenogr.: Antonio Munohierro –mont.: Bernat Vilaplana – mus.: Fernando Velàzquez – suono: Charly Schmukler – interpr.: Daniel Jiménez Cacho (Daniel), Daniel Tovar (Alejandro), Alan Chàvez (Miguel), Carlos Bardem (Gerardo), Mario Zaragoza (Comandante Rigoberto), Marina de Tavira (Andrea), Maribel Verdù (Mariana) – durata: 97’ – colore – produtt.: Ricardo Fernàndez-Deu, Christian Valdelièvre, Alvaro Longoria, Pilar Benito – produz.: Morena Films – origine: SPAGNA/MESSICO, 2007
Sceneggiatura: Laura Santullo
Nazione: SPAGNA, MESSICO
Anno: 2007
Presentato: 64. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2007 - Giornate degli autori
Premi: PREMIO DE LAURENTIIS MIGLIORE OPERA PRIMA ALLA 64A MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA, VENEZIA, 2007
Messico, epoca attuale. Le prime immagini del film sono «per riflessione»: nei vetri e sulla lucentissima carrozzeria di un’automobile in marcia si rispecchiamo ordinate villette, giardinetti graziosi, strade sgombre e pulite. Brilla ogni cosa sotto il sole.
Poi la cinepresa, in soggettiva da dentro l’abitacolo, riprende direttamente il soggetto: alcuni scolaretti stanno per attraversare la strada; basta che il piú grandicello usi un fischietto e il traffico si regolamenta in modo da garantire l’incolumità dei giovani pedoni. Un idilliaco e inusuale codice stradale vige in questa «zona» (come dirà piú avanti il film, non è questo il solo atipico regolamento vigente; ma, forse, è l’unica regola umana in quel territorio). Quasi ogni strada, ogni scorcio, ogni angolo sono videosorvegliati.
Poi la cinepresa con un movimento laterale e verso l’alto scopre un muro che si presenta continuo, oltre al quale lo scenario paesaggistico è completamente e caoticamente occupato da case, palazzoni, baracche; costruzioni ammassate a terrazza sul pendio di una collina.
Al di là del muro, sembra dire il regista, c’è la «non-zona», un altro territorio; la città in cui valgono altre regole, se tali si possono chiamare.
Dopo questo incipit descrittivo in funzione tematica, prende avvio la vicenda.
Una notte durante un fortissimo temporale, viene abbattuto dalla forza del vento un traliccio elettrico a ridosso del muro. Cosí, casualmente, quella struttura metallica può diventare un’improvvisata scala per salire dall’esterno, oltrepassare il muro e penetrare nella zona. Ne approfittano immediatamente due giovani disperati della città, ai quali si unisce un adolescente, Miguel. I ladri penetrano in una villetta e, nel salotto, fanno man bassa (dettagli delle mani e montaggio di inquadrature rapidissime) di oggetti preziosi, ma, scoperti dalla proprietaria, la uccidono. Datisi alla fuga, vengono eliminati (illegalmente, fa capire il regista) da una squadra di sicurezza, costituita dagli abitanti della zona. Miguel, dal canto suo, riesce a nascondersi. In quella stessa drammatica notte un abitante della zona, preso da panico, spara e ammazza una guardia.
Come si può constatare il film segue diversi personaggi e si focalizza via via Miguel che, ricercato e sospettato per l’omicidio della donna che aveva sorpreso i ladri in casa propria, si è rifugiato in una cantina, ritrovandosi di fatto intrappolato nella zona, e su Alejandro, un teenager, figlio di un benestante della zona che, proprio in quel giorno in cui cade la data del suo compleanno, scopre Miguel e, dopo un’iniziale ostilità verso di lui, incomincia a provare un senso di protezione: invece di segnalare la sua presenza si prodiga per aiutarlo e per preparargli la fuga verso la città. Il tentativo purtroppo fallisce: Miguel è catturato dalla gente della zona e linciato per strada; Alejandro deciderà di abbandonare la zona e, lasciandosi alle spalle il muro, di uscire verso la città.
La struttura del film tiene insieme la copiosa materia narrativa, a prezzo di un accumulo di passaggi affastellato.(1) Il finale, inoltre, per quanto riguarda Alejandro, lascia sospesa una situazione che, di fatto, non potrebbe durare molto. È notte: Alejandro, in fuga dalla famiglia, entra in un locale della periferia della città. Si sa che non ha mezzi per mantenersi e non è difficile prevedere la ricerca da parte della sua famiglia. Evidentemente al regista basta l’aspetto simbolico del gesto, segno di una scelta di campo (e lo stesso regista si attende che lo spettatore immagini il seguito del film costituito dalle discussioni tra Alejandro e la sua famiglia per le divergenti vedute?).
L’intento dell’autore è quello di presentare delle situazioni che suscitino indignazione nello spettatore. Indignazione verso la mentalità degli abitanti della zona; indignazione verso i mezzi che essi mettono in atto per la propria tranquillità e sicurezza; indignazione per i modi sommari e sbrigativi con cui fanno fuori il giovane innocente e indifeso Miguel; indignazione per la corruzione che consente alla zona il mantenimento dei privilegi e l’insabbiamento di ogni indagine; indignazione per l’esistenza stessa della zona luogo di illegalità palese (la polizia, nel migliore dei casi, è impotente) e fattore di discriminazione.
Questa indignazione non è determinata da uno sviluppo argomentativo presente nel testo filmico (la struttura, come si è detto, è in affanno); ma dal reiterarsi di un’impostazione semplice (ma si può anche dire elementare e semplificatrice) basata sulla logica della contrapposizione e del presupposto ideologico di adesione alla denuncia che tale contrapposizione fa scaturire. Cosí il film (che è di finzione) mostra, per esempio all’inizio, un luogo bello, troppo bello (la zona) e un luogo degradato, troppo degradato (la città attorno); gente che «sta molto bene e pensa solo a se stessa» e gente che «non ha neanche una casa per dormire» (viene utilizzata una vecchia corriera); in una parola: sfarzo e miseria. Contrapposizione e adesione di tipo solidale per chi è svantaggiato. E ancora: attivismo organizzativo e repressivo (le squadre di sicurezza messe in piedi dagli abitanti della zona; le esercitazioni armate) e mentalità semplice quasi sprovveduta (la ragazza e la madre di Miguel); in una parola individui pericolosi e iper-organizzati da una parte (perfino con il circuito del videocontrollo) e individui inermi dall’altra (la ragazza di Miguel viene prima illusa e poi pestata dalla polizia, quando evidentemente arrivano pressioni dall’alto; altrettanta violenza subisce la madre di Miguel che rimedia un cazzotto in pieno viso). Dunque ancora contrapposizione tra potenti e deboli. E poi tra corruttori e vittime della corruzione.
Si tratta di un modo di comunicazione basata sull’analisi in chiave classista, di ascendenza marxiana.(2) Lo si ricava, per esempio, dalla scelta compiuta dal regista di fare abbandonare la zona da parte di Alejandro e da parte di una famiglia che non riesce piú a sopportare, dentro quell’area, l’identità ideologica dominante. Come dire: la popolazione della zona, quella classe sociale, è irredimibile (nel pieghevole citato, Plà afferma che la zona è causa della miseria circostante e che «ha in sé il seme della sua stessa distruzione»); o, con termini mutuati dalla dottrina strettamente politica: «la zona, la società borghese, non si riforma»; se si prosegue nella teorizzazione la dottrina politica arriva poi alla conclusione: «si abbatte».
Qualcuno, anzi piú di uno, dirà che il film fa solo una denuncia. Occorre tener presente che anche nel solo modo di denunciare c’è una posizione ideologica e di fatto già un orientamento per passaggi successivi all’analisi.(3)
Probabilmente dalla semplice suggestione ideologia del film, piú che per la sua espressivitàlinguistica, sono derivati i premi attribuiti, quello ufficiale e quello collaterale nell’ambito della Mostra di Venezia.
In un’ottica eteronoma di questa opera cinematografica (anche se di finzione) è lecito chiedersi come sia la realtà messicana alla quale, piú o meno direttamente, il film rimanda. Certamente è lecito. E può essere un merito di Plà suscitare una simile ricerca. Uno studio serio. In nome di tale auspicio credo che sia opportuno, ora, su queste pagine non scrivere neppure una parola. (Eugenio Bicocchi)
NOTE
(1) Al contrario, il regista ritiene buona la struttura del suo film: «La mia intenzione era quella di fare un film simile a una canzone corale in cui ogni personaggio trova una voce che confrontando e accompagnando le altre voci contribuisce a creare la polifonica che costituisce la Zona. Un tutto organico [...]» (dal pieghevole a cura della distribuzione del film. Dall’inglese traduzione del redattore). Anche Ingmar Bergman, a proposito del suo film SINFONIA D’AUTUNNO aveva parlato, a suo tempo, di una struttura simile a una «sonata». Ma Bergman poteva permettersi dichiarazioni tanto impegnative che trovano riscontro nella sua opera cinematografica. Il regista Rodrigo Plà, no, perché le intenzioni non si trovano ben tradotte nella forma audiovisiva del film. Ci sono, inoltre, altre asserzioni nelle dichiarazioni di questo regista messicano in cui si può ravvisare una fragilità argomentativa o anche espressiva, a proposito dell’aspetto narrativo del film: «LA ZONA è la storia di una rapina armata e di una violenza, ma soprattutto è la storia di una società a pezzi e divisa fra due mondi caratterizzati da paura e odio [...]» (pieghevole cit., tdr.).
E piú avanti: «La zona è il principale personaggio della storia».
Quanto alla prima frase semmai sarebbe meglio che Plà dicesse: «LA ZONA è la storia di una rapina armata e di una violenza, e la tesi del film riguarda una società a pezzi e divisa fra due mondi caratterizzati da paura e odio [...]».
Quanto alla successiva affermazione, essa è una figura retorica, di natura metonimica, in cui il nome astratto del luogo sta per i nomi concreti di coloro che vi abitano e quindi la caratterizzano. E allora la frase può essere cosí intesa: «Gli abitanti della Zona sono i principali personaggi della storia.». Chi sono questi personaggi? Quelli che vi risiedono. Eppure il film comprende personaggi esterni alla Zona, che entrano per rubare. Breve: l’asserzione non è precisa, perché nel termine «Zona» bisogna comprendere anche personaggi della «non-Zona», come se la frase suonasse cosí: «La zona e la non-Zona sono il principale personaggio della storia». E allora che valore si deve dare all’affermazione di Plà «La zona è il principale personaggio della storia»?
(2) Quando alla dinamica di un simile procedimento si veda l’ancora valido studio di Nazareno Taddei, apparso nel n. 14, 1974 di EDAV.
(3) Nelle dichiarazione del regista (pieghevole citato) si possono trovare espressioni riconducibili al cosiddetto «angelismo», ossia quel vagheggiamento consolatorio che, per tale finalità, salta e trascura molte sfaccettature che costituiscono i problemi. Dice Plà: «La legge dovrebbe – o anche potrebbe – esistere come un insieme di regole di coesistenza. Perfino il criminale dovrebbe avere un frammento di giustizia per decidere la sua stessa punizione». C’è semplicismo in queste frasi: la decisione della propria punizione presuppone un ravvedimento morale e questo ravvedimento, a sua volta, presuppone la conquista di una vera libertà interiore. Chiarisco le dinamiche della complessità con un esempio inventato: se un ladro al momento della sentenza chiedesse di tenere presente il Vangelo dovrebbe prima spiegare e giustificare perché, nel momento del furto, non l’ha tenuto presente lui.