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TIAN TANG KOU (BLOOD BROTHERS)



Regia: Alexi Tan (Yili Chen)
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 353 - 2007
Titolo del film: TIAN TANG KOU (BLOOD BROTHERS)
Titolo originale: TIAN TANG KOU
Cast: regia: Alexi Tan (Yili Chen) – scenegg.: Alexi Tan, Jiang Dan, Tony Chan – fotogr.: Michel Taburiaux – mus.: Daniel Belardinelli – mont.: Cheng Long – scenogr.: Alfred Yau Wai Ming – cost.: Tim Yip – interpr.: Daniel Wu (Fung), Chang Chen (Mark), Shu Qi (Lulu), Ye Liu (Kang), Tony Yang [Youning Yang] (Hu), Sun Honglei (Boss Hong), Lulu Li (Shu Zhen) – durata: 95’ – colore – produz.: John Woo e Terence Chang per Lion Rock Productions, Cmc Entertainment, Sil-Metropol Organization Ltd. – origine: TAIWAN / CHINA / HONG KONG, 2007 – distrib. intern.: Fortissimo Films
Sceneggiatura: Alexi Tan, Jiang Dan, Tony Chan
Nazione: TAIWAN, CINA, HONG KONG
Anno: 2007
Presentato: 64. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2007 - Fuori Concorso-Venezia Notte (Film di chiusura)

È la storia di Fung, un giovane che lavora come pescatore in un piccolo villaggio cinese, e dei due amici Kang e il fratello Hu; nei discorsi che affrontano alla locanda del villaggio, c’è sempre il sogno di andare a Shanghai per poter fare la bella vita (ma cosa andiamo a fare? Dice uno di loro «a fare i camerieri» risponde un altro, come se questo mestiere fosse un grosso salto sociale).
Finalmente i tre si decidono e partono – Fung lascia anche una ragazza innamorata, Shu Zhen – ma due di loro si ritrovano a fare i conducenti di riksciò e solo uno, Kang, riesce ad entrare al Club Paradiso in qualità di cameriere: sarà lui che introdurrà anche gli altri amici nel mondo che sta dietro il club, cioè la malavita, impersonata dal boss Hong che ne è il proprietario.
Un po’ alla volta i tre fanno strada nell’esercito malavitoso del boss e Fung è il primo che si ritrova a dover usare la pistola e uccide un uomo, salendo cosí nella considerazione del boss; intanto la cantante del locale, Lulu, fa infatuare Fung, ma si tratta di un elemento molto pericoloso: è la donna del boss ed è segretamente l’amante anche del luogotenente, Mark.
Le guerre tra bande per il potere dei traffici illeciti si susseguono e la partecipazione a queste è come un titolo di benemerenza nei confronti del boss, il quale però si è accorto che la sua donna, Lulu, lo tradisce con il suo braccio destro, Mark: darà l’ordine ai tre di eliminare entrambi; mentre Kang non ci sta a pensare troppo sopra e si muove per eseguire l’ordine, Hu ha molti ripensamenti e Fung ancora di piú, in quanto si mescolano con l’infatuazione per la donna.
In un cruento scontro a fuoco, Hu muore, Fung riesce a scappare insieme ai due amanti e tutti e tre si rifugiano nel villaggio da cui provengono i tre amici; credono di aver raggiunto finalmente la pace (Fung incontra nuovamente Shu che lo ha atteso), ma la vendetta continua, questa volta impersonata dallo stesso Kang che dopo avere assunto il potere uccidendo Honk, decide di terminare la vendetta verso i tre fuggitivi: in uno scontro a fuoco, Lulu muore e cosí i due superstiti – Mark e Fung – partono per Shanghai per il duello finale che vedrà la morte del nuovo boss, mentre i due assalitori si salvano e Fung, sia pure ferito forse ritornerà al villaggio, Mark se ne andrà per la propria strada.
Il film, ambientato nella Shanghai degli anni trenta, è realizzato con cura e con bellissime immagini, ma è solo ed esclusivamente di vicenda, anche se una piccola idea parziale viene portata avanti: i legami di sangue hanno valore in contesti idilliaci e rurali come è il villaggio dell’infanzia dei tre giovani, ma appena messi alla prova nella nuova realtà urbana, lasciano il posto all’indole naturale di ciascuno di loro.
Ed infatti la prima parte del film serve all’autore per sfaccettare il trio: Kang è il «duro», quello che cerca anche la rissa, quello che si atteggia a difensore degli altri due che sono indubbiamente meno forti di lui, con Fung teso verso l’amore con She e Hu perennemente attaccato alla bottiglia.
Come ricostruzione d’ambiente siamo a livelli altissimi, anche per quanto riguarda il tipo di immagine usata – molto contrastata sui bianchi e neri e con poco colore – ed anche gli attori sono autentici professionisti; forse quello che manca per essere un film tematicamente riuscito è la parte della scrittura (sceneggiatura) che mi è sembrata piú tesa a conferire spettacolarità alla narrazione che a dare delle conseguenze significanti attraverso una struttura ben fatta. (Franco Sestini)
 

 


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