LES AMANTS RÉGULIERS (GLI AMANTI REGOLARI)
Regia: Philippe Garrel
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 333 - 2005
Titolo del film: LES AMANTS RÉGULIERS (GLI AMANTI REGOLARI)
Titolo originale: LES AMANTS RÉGULIERS
Cast: regia e sogg.: Philippe Garrel – scenegg.: Philippe Garrel, Marc Cholodenko, Arlette Lengmann – fotogr. : William Lubtchansky – mont.: Françoise Collin, Philippe Garrel, Alexandre Strauss – mus.: Jean-Claude Vannier – suono: Alain Villeval – scenogr.: Nikos Meletopoulos, Mathieu Menut - costumi: Justine Pearce, Cécile Bergès – suono : Alain Villeval- interpr. princ.: Louis Garrel (François), Clotilde Hesme (Lilie), Julien Lucas (Antoine), Mathieu Genet (Nicolas) – durata 178’ – BN – produtt.: Gilles Sandoz per Maïa Films – coproduzione: Arte France – produz.: Maia Films e Aerte France - origine: Francia / ITALIA, 2004 – distrib.: Istituto Luce (uscito il 30.9.05, ediz. originale con sottotitoli)
Sceneggiatura: Philippe Garrel, Marc Cholodenko, Arlette Lengmann
Nazione: FRANCIA, ITALIA
Anno: 2004
Presentato: 62. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2005 - In Concorso - LEONE D'ARGENTO (MIGLIOR REGIA) e OSELLA MIGLIOR FOTOGRAFIA
È la storia di François, un giovane ventenne, aspirante poeta, che, nel 1968, partecipa ai moti di piazza con i quali veniva tentata «la rivoluzione»; lo incontriamo all’inizio mentre riceve la visita di un poliziotto che lo ricerca in quanto renitente alla leva: riuscirà con uno stratagemma a sfuggirgli e sarà l’unico atto di rivolta che vedremo in tutta l’opera; lo seguiamo poi in occasione di una «battaglia» con la Polizia, nella quale non vediamo feriti – ne tanto meno morti – ma soltanto auto incendiate e bottiglie Molotov lanciate contro i blindati delle forse dell’ordine. Al mattino dopo, François si rifugia – insieme ad altri – in casa di Antoine, ricco ereditiero dedito all’oppio che acquista personalmente e distribuisce con generosità a tutti gli amici; è qui che il giovane incontra Lilie, una ragazza anch’essa mischiata ai «rivoluzionari», che aspira a diventare scultrice e nel frattempo collabora con una fonderia artistica dove si realizzano opere di altri scultori. L’incontro tra i due è devastante, è l’amore totale, folle, senza nessuna resistenza e senza nessun compromesso: «sto bene con lui sia sotto l’aspetto della comprensione che sotto quello della sessualità (anche se non li vediamo mai fare all’amore)», confessa Lilie ad un’amica ammettendo che «questo è il vero amore». Fanno lunghe passeggiate notturne dove parlano di banalità; stanno delle ore a guardarsi negli occhi, come a perdersi l’uno nelle pupille dell’altro. Ma l’amore «fra due rivoluzionari» è per sua stessa natura un amore libero, ed infatti quando Lilie chiede il permesso di andare con uno dei frequentatori della casa, François non ha difficoltà a concederglielo. Intanto nella casa di Antoine non si parla piú di rivoluzione e ci si limita a fumare oppio a tutto spiano, ma i problemi vengono al pettine: la Polizia rintraccia François per la vecchia faccenda della renitenza alla leva e, nel processo che segue, il giovane viene condannato a sei mesi, ma subito scarcerato per effetto di una sorta di condizionale che viene applicata soprattutto in quanto «poeta». La Polizia con una scusa o con l’altra entra varie volte in casa di Antoine che si sente braccato per la droga e decide di emigrare in Marocco, dove dice di avere una villa bellissima e svariate amicizie importanti: tutti lo seguono, ad eccezione di François e Lilie che invece iniziano a condurre una vita grama, in uno squallido alberghetto, con la ragazza che praticamente mantiene l’intero menagé familiare e con il giovanotto che se ne sta a letto a scrivere poesie. Ma l ristrettezze non intaccano l’amore, anzi forse lo fortificano. Lilie, nel suo lavoro alla fonderia d’arte, ha conosciuto uno scultore che la paga profumatamente per posare per lui (vestita, dichiara lei, ed è vero) ed è con questo denaro che la coppia tira avanti, fino a quando la ragazza viene invitata a seguire l’artista negli Stati Uniti e, con la libertà che ognuno di loro ha sempre avuto, decide di accettare e lascia quindi solo il giovane poeta che si ritrova in una stanzetta angusta, sopra ad un letto disfatto e, dopo avere immaginato la ragazza in un bosco recintato dal quale egli la libera, prende un intero flacone di pasticche e si suicida: sarà l’ennesimo poliziotto a costatarne la morte.
Il film è diviso in quattro parti: la prima che, in forma quasi documentaristica, mostra gli attacchi alle Forze dell’Ordine, le barricate, le auto incendiate, insomma tutto quello che ha riguardato i moti rivoluzionari francesi del maggio 1968; la seconda è la vicenda che riguarda il rapporto tra i due giovani all’interno della casa di Antoine; la terza rappresenta i due amanti che rimangono soli, mentre tutti gli altri amici si sono trasferiti in Marocco e la quarta è l’ultima sequenza nella quale François, dopo aver letto l’ennesima lettera di Lilie, sogna di stare insieme a lei e subito dopo decide di suicidarsi.
L’autore usa un «modo cinematografico» assai singolare: anzitutto il film è in bianco e nero e poi è girato con macchina quasi sempre ferma – specie nella prima parte – e distante dall’azione, con tempi di ripresa estremamente dilatati e narrazione lentissima; sembra essere un modo per rappresentare l’inazione dei giovani con le lungaggini e la staticità delle immagini.
Con questo modo di strutturare la narrazione, l’autore intende mostrare alcuni elementi: il primo è senz’altro il rapporto tra i giovani e quei moti rivoluzionari, laddove si ritrovano questi ragazzi che non sembrano neppure avere minimamente presente il motivo della protesta: «gli operai staranno meglio quando avremo vinto questa rivoluzione?» si chiedono con l’ingenuità tipica dei ragazzi, oppure «sono i Sindacati che ci mettono i bastoni tra le ruote», alludendo alla scarsa collaborazione che le strutture operaistiche forniscono alle manifestazioni.
Ma al di là di queste formule che, ribadisco, mostrano l’ingenuità tipica di quell’età, gli ideali sono a prova di bomba e ad essi ognuno di loro rimane fedele; poi però, quando si vede che la battaglia è perduta e che non resta altro che l’ozio in casa di Antoine e l’oppio fumato come alternativa alla noia, allora tutto rientra in gioco, ogni pensiero può cambiare, ogni idealità può vacillare.
Tutto, ma non l’amore tra François e Lilie, visto come elemento salvifico, fintanto che è retto dall’unione dei due giovani: la lontananza, le lettere piene di rimpianti diventano un insopportabile bagaglio, dal quale non si trova aiuto alcuno.
Tutti i giovani rappresentati nel film hanno degli ideali ai quali restano fedeli, pur nella ingenuità tipica dell’età, ma quando si tratta di affrontare la post-rivoluzione, nessuno affronta un discorso sui perché siamo giunti a questo punto, ma ognuno di loro si lancia decisamente verso il compromesso, chi seguendo Antoine in Marocco per continuare una vita da scroccone, chi seguendo lo scultore in America; solo François resta fedele ai propri principi, ma non riesce a sopravvivere in questa tremenda solitudine e si dà la morte.
Il film ha quindi una tematica (non parlerei di «idea tematica» perché la struttura non mi è sembrata sufficientemente precisa) profondamente pessimista sulla gioventú di quell’epoca, non sufficientemente preparata a sopravvivere alla sconfitta e votata pertanto alla sua dissoluzione attraverso l’accettazione di quello che piú di ogni altro sempre hanno odiato: il compromesso con le regole imposte dalla società; e François, che resta solo ma puro (oppure possiamo dire puro ma solo), non può considerarsi altro che un altro sconfitto, sia pure in una forma diversa dagli altri, ma forse in un modo anche peggiore poiché è l’unico che mostra di avere incontrato un sentimento «autentico», eppure non è stato sufficiente neppure «l’amour fou» a risolvere i suoi problemi.
Il regista utilizza il figlio (Louis Garrel) per interpretare il ruolo di François, ruolo peraltro che mostra alcune similitudini con quello del protagonista di The Dreamers di Bertolucci, interpretato dallo stesso Garrel: questo attore – bravino ma piuttosto monocorde nell’atteggiamento e nella mimica – è un legame suggestivo tra i due film, che comunque hanno strade diverse e tematiche soltanto apparentemente simili. ( Franco Sestini)