L'ignoto spazio profondo
Regia: Werner Herzog
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 333 - 2005
Titolo del film: L'IGNOTO SPAZIO PROFONDO
Titolo originale: THE WILD BLUE YONDER
Cast: regia e scenegg.: Werner Herzog – fotogr. : Tanja Koop – mont.: Joe Bini – mus.: Ernst Reijseger –suono.: Joe Crabb –interpr.: Brad Dourif (l’allieno) - durata 81’ – colore – produtt.: André Singer – co-produz.: West Park Pîctures Ltd. e Werner Herzog Filmproduktion - origine: Germania/Gran Bretagna/Francia, 2005 – distrib.: Tipota Movie Comp.
Sceneggiatura: Werner Herzog
Nazione: GRAN BRETAGNA, FRANCIA
Anno: 2005
Presentato: 62. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2005 - Orizzonti Premio FIPRESCI (categoria Orizzonti)
È la storia dell’uomo, dell’umanità e della terra che abitiamo (almeno cosí l’a¬vrebbe impostato l’autore); siamo in un periodo storico senza tempo – molto simile all’oggi – e veniamo condotti per mano da un alieno a scoprire i misteri che ci aspettano in un prossimo futuro.
Anzitutto due parole sull’alieno: ha l’aria di chi non se la passa proprio bene, faccia con la barba mal rasata, gli manca un dente, capelli un po’ untuosi e legati in una coda non proprio splendida; età: all’incirca una cinquantina di anni. Ci dice che è arrivato molti anni fa dal suo pianeta d’origine insieme a tanti altri compatrioti, ma nessuno è riuscito a fare un po’ di strada nella nostra società, sono tutti “dei falliti” cosí li definisce lui; lavora alla NASA ma senza aver fatto alcuna carriera, nonostante le sue conoscenze in materia astronomica. Insomma, tutte le idee che si erano fatti prima di atterrare sul nostro pianeta si sono rivelate sballate e questi signori stanno conducendo una vita abbastanza grama: a me hanno ricordato certi immigrati extra comunitari che arrivano da noi pieni di speranza e poi si ritrovano a fare la fame.
Torniamo a noi: sempre guidati dalla figura, in primo piano, e dal commento del nostro alieno, veniamo ad apprendere che è orbitante attorno alla terra una astronave che dovrebbe intraprendere un viaggio interplanetario: il motivo è che quando hanno deciso di esaminare i resti della navicella schiantatasi a Roxwell e proveniente da Marte, alcuni bacilli – anch’essi alieni – si sono diffusi e non se ne conoscono gli effetti; commento del nostro alieno: “se lo chiedevano a me glielo avrei detto, ma non mi considerano per niente!”
L’astronave viene fatta uscire dall’orbita terrestre e inviata in un’altra galassia per cercare qualche mondo che possa essere interessante per un eventuale trasferimento dei “terrestri”: una sonda dal nome di Galileo viene inviata sul pianeta sommerso dall’acqua (l’ignoto spazio profondo) – il luogo da cui proviene l’alieno/presentatore – in una missione suicida; la situazione viene esaminata e la bellezza del mare e delle creature che lo abitano colpisce la fantasia di tutti, ma viene stabilito che al momento non siamo in grado di civilizzare un luogo del genere, anche se le tecnologie opportune sono già allo studio.
Gli astronauti vengono fatti rientrare attraverso un sistema che prevede la parcellizzazione e lo sminuzzamento del corpo che viene ridotto ad un flusso luminoso che viaggia verso la terra dove avviene il procedimento opposto; i pochi giorni occorrenti per questo “viaggio” in realtà si trasformano in 820 anni terrestri: quando arrivano gli astronauti la terra è già disabitata, allo stesso stadio che era prima della civilizzazione (non se ne conoscono i motivi). A loro iniziare una nuova colonizzazione cercando di fare meglio dei loro predecessori.
Il film – diciamo meglio il documentario che ha però una sua specifica narrazione – è molto interessante e ben fatto (da Herzog del resto non c’era da aspettarsi di meno): è un inno alla natura e un invito, a coloro che la stanno deturpando, a smetterla subito.
È anche una solenne presa in giro dell’iper tecnologia spaziale: l’uomo della NASA afferma “in un futuro abbastanza vicino, la gente lavorerà nello spazio e verrà sulla Terra soltanto per fare le vacanze”, oppure la descrizione della superstrada che dovrebbe unire i vari pianeti alla stessa stregua di quelle che uniscono le nostre città.
Abbiamo un mondo meraviglioso, cerchiamo di conservarcelo e di non ridurlo in modo tale da doverlo abbandonare per cercarne un altro; questa la forma di slogan che Herzog lancia agli spettatori e lo fa con una forte dose di passionalità, per quanto il tutto sia permeato da una sottile vena umoristica che viene usata per sottolineare le sciocchezze che sta compiendo l’uomo contemporaneo. (Franco Sestini)