L’UOMO DELL’ANNO
Regia: Barry Levinson
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 352 - 2007
Titolo del film: L’UOMO DELL’ANNO
Titolo originale: MAN OF THE YEAR
Cast: regia, sogg., scenegg.: Barry Levinson – fotogr.: Dick Pope – mont.: Steven Weisberg, Blair Daily – scenogr.: Stefania Cella – cost.: Delphine White – effetti: Eric J. Robertson, Aaron Weintraub Brainstorm Digital Mr. X Inc. – interpr.: Robin Williams (Tom Dobbs), Christopher Walken (Jack Menken), Laura Linney (Eleanor Green), Lewis Black (Eddie Langston), Jeff Goldblum (Alan Stewart), David Alpay (Danny), Tina Fey (se stessa), Amy Poehler (se stessa), Doug Murray (Mathias), Rick Roberts (Hemmings), Karen Hines (Alison McAndrews), Linda Kash (Jenny Adams), David Nichols (II) (Dave Nichols) (Presidente Kellogg), David Ferry (Senatore Mills), Dmitry Chepovetsky (Eckhart), Jef Mallory (Angus), Ho Chow (Ho Oyster Chow) (Dottor Nash), Marcia Laskowski (Marjorie), Sasha Roiz (Donald Tilson), Brandon Firla (Grimaldi) – durata 115’ – colore – produz.: Universal Pictures, Morgan Creek Productions – origine: USA, 2006 – distrib.: Medusa
Sceneggiatura: Barry Levinson
Nazione: USA
Anno: 2006
È la storia di Tom Dobbs, un comico televisivo che costruisce le proprie battute attaccando il potere politico (per fare un esempio di un personaggio che può assomigliargli, citerei Beppe Grillo, anche se non completamente simile); siamo vicino ad una nuova elezione del Presidente degli Stati Uniti e le gags di Tom vertono principalmente su questo argomento; durante una delle solite trasmissioni, una signora del pubblico si rivolge provocatoriamente a Tom chiedendogli: «ma perché non si candida lei alla presidenza?»; il comico raccoglie lo spunto per la battuta e afferma che ci sta pensando molto seriamente, suscitando un mare di risate e una selva di applausi; quella sera stessa l’emittente televisiva dalla quale viene irradiato il programma, riceve centinaia di migliaia di e-mail che plaudono al suo tentativo e lo incitano a buttarsi nella mischia.
La cosa, nata da uno scherzo, diventa seria e Dobbs – insieme ai consueti collaboratori tra i quali spicca il manager Jack Menken – inizia davvero una sorta di campagna per partecipare alla elezione del prossimo Presidente; nei primi discorsi in pubblico e nelle prime interviste, Tom abbandona il suo tono sarcastico per diventare «quasi» un politico, affrontando cioè le problematiche e gli spunti della campagna con lo stesso tono di un politico consumato; viene nominato «il migliore tra gli indipendenti» e cosí ha il diritto di partecipare alla conferenza stampa di chiusura insieme ai due sfidanti ufficiali: è in quella sede che ridiventa uomo di spettacolo e praticamente fa saltare tutta la trasmissione perché, lungi dal rispettare i tempi prefissati, scarica tutta una serie di battute ad effetto contro entrambi gli sbigottiti politici.
Contemporaneamente allo sviluppo della campagna elettorale, due argomenti diventano importanti anche ai fini della narrazione: il suo manager Jack, tra l’altro suo grande amico, ha un grave collasso che, unito ad un forte enfisema, lo porta su una sedia a rotelle; l’altra vicenda che si snoda parallela è quella di Eleo¬nor, una esperta di computer che ha inventato il programma che verrà adottato nei seggi elettorali: controllando meglio il software si accorge che il programma è sbagliato e che i risultati che produrrà saranno anch’essi errati: l’azienda dove la ragazza lavora, una delle «solite multinazionali» rifiuta solo l’idea di bloccare il programma e impedisce alla ragazza di parlarne con chicchessia.
Arriviamo al giorno dell’elezione e i primi dati – gli exit-pool – assegnano al candidato indipendente un piú che lusinghiero 12%; quando poi cominciano ad arrivare i risultati dai vari Stati, la sorpresa è grandissima perché in tutti Tom Dobbs ha stracciato gli altri due candidati e quindi, dopo aver visionato tutti i risultati, il nostro comico viene nominato «presidente eletto», in attesa dell’insediamento alla Casa Bianca.
Intanto la giovane Eleonor viene licenziata dalla casa produttrice del software, la quale però continua a farla seguire da propri scagnozzi per vedere che cosa combina: visto che la ragazza cerca di incontrare Dobbs, viene incaricato un sicario che ha il compito di ucciderla.
Eleonor riesce ad incontrare Tom, tra i due scoppia anche una simpatia che poi si trasformerà in qualcosa di piú, ma contemporaneamente rivela a Dobbs, per amore della verità, che la sua vittoria è frutto di un errore nei calcolatori elettronici delle sezioni; mentre tutti gli amici e collaboratori lo spingono a fare finta di niente, dato che nessuno mai scoprirà l’errore, Tom, convoca una conferenza stampa e rivela tutto ai giornalisti, uscendo cosí dalla gara per la Casa Bianca: ritornerà a fare il comico in televisione, con gli stessi collaboratori e con in piú Eleonor che inizia da amica e poi ne diventa prima amante e poi moglie.
Il film ha un «come» narrativo di particolare interesse ed è rappresentato dal fatto che il tutto viene narrato da Jack, il manager di Tom, il quale scandisce tutte le fasi della vicenda: se cerchiamo il motivo di questa scelta dell’autore, dobbiamo subito dire che Jack non riveste solo la parte del testimone, ma forse anche quella del narratore della favola, colui che inizia sempre con il fatidico «c’era una volta»; ed allora alcune incongruenze e illogicità che poi vedremo, se comprese all’interno di una favola, possono essere accettate, altrimenti….
E vediamole queste incongruenze: la prima è che la differenza tra gli exit-pool e il risultato reale sia cosí grande: dal 12% a superare il 51%, è un dato che nessun cronista avrebbe accettato senza indagarci sopra e neppure i due candidati sconfitti se ne sarebbero stati tranquilli; e invece, in una favola, tutto può essere accettato e tutto può accadere.
Data questa premessa, vediamo di analizzare la struttura del film: è diviso in quattro parti, ognuna abbastanza distinta dalle altre. La prima presenta il personaggio, Tom Dobbs, subito all’inizio negli studi televisivi dove realizza la sua trasmissione e poi durante la campagna elettorale; da un certo punto in poi questo blocco ha una sorta di «venatura», rappresentata dalla figura di Eleonor, con le sue preoccupazioni e l’ansia di raccontare a qualcuno dell’errore insito nel software.
La seconda parte comprende la vittoria, inaspettata e – come detto «favolistica» – nella quale Tom sembra ritrovare la sua brillantezza di comico TV e sforna una serie di battute una piú esilarante dell’altra; anche questa parte vede la presenza sempre piú accentuata della ragazza che nel frattempo è stata licenziata dalla multinazionale che ha realizzato il software e che cerca di incontrare il neo eletto presidente, con le difficoltà che è facile immaginare.
La terza parte ci presenta l’incontro tra Eleonor e Tom, la confessione dell’accaduto e la decisione del neo presidente di rivelare tutto alle telecamere e rinunciare all’elezione che, stante l’errore, dovrà essere ripetuta (a proposito, ci dice il «narratore» che alla nuova tornata elettorale Tom non si presenta naturalmente).
La quarta e ultima parte ci mostra il Tom Dobbs non piú presidente e quindi rientrato nel suo ruolo di comico televisivo, con al fianco i vecchi collaboratori, ai quali si è aggiunta Eleonor che diventerà la compagna di Tom.
Vediamo adesso se è possibile tirare fuori qualcosa di tematico da questa struttura: anzitutto, il film (ripeto: vuole essere una favola e solo cosí può essere presentato) mostra il potere come un apparato di opportunisti (l’uso della «famiglia») e di manipolatori, mentre il nostro Tom ha «solo» quello che gli deriva dalla sua fama massmediale: ma è proprio questa notorietà discendente dal mezzo che lo porta ad avere il successo che ha e non certo le battute e le affermazioni scherzose dette in campagna elettorale.
Comunque il nostro Tom, «non vince le elezioni», ma raggranella un sostanzioso 10-12% e basta; il successo, come già detto, gli arriva per effetto di un errore insito nel software; quindi possiamo dire che la massmedialità del personaggio ha valenza nel risultato ma non è decisiva.
Un’altra tematica – potrei chiamarla «idea parziale» – mi sembra quella dell’estrema onestà del personaggio che, pur sapendo di poter interpretare il ruolo di presidente senza che nessuno vada a raccontare niente a giornali e TV, rifiuta e ritorna a fare il comico: è prova di onestà oppure è consapevolezza dell’onnipotenza dei mezzi di comunicazione che – potrebbe pensare il nostro Tom – prima o poi arriveranno di certo a scoprire l’inghippo?
Quindi, l’opera nel suo complesso non ha una tematica univoca, ma solo delle idee parziali che mai si uniscono insieme, per difetto evidente di sceneggiatura e restano quindi solo delle tematiche parziali.
Alcune di queste idee parziali sembrano prese dalla realtà e quindi possono rivestire, per il grosso pubblico, un interesse da copertina di rivista di gossip: infatti, i due elementi del film – il personaggio televisivo e i brogli elettorali – sono ben presenti nella storia anche recente americana: già Reagan e successivamente Schwarzenegger provengono dal mondo dello spettacolo e in quanto a brogli (pasticci, errori, chiamiamoli come si vuole) è recentissimo il caso di Bush e della Florida: ovviamente nel nostro L’UOMO DELL’ANNO le cose sono completamente diverse, ma l’assonanza per le persone semplici esiste e potrebbe fare aggio sul valore del film.
Alcuni accenni del film a modi e sistemi di sfruttamento dei mass-media diventano comunque di grande interesse, come il discorso del magnate dell’azienda di software dopo avere scoperto l’errore, che parla esplicitamente di «illusione della legittimità» che diventa piú importante della legittimità stessa perché annunciata da un mezzo «sempre creduto», oppure l’altra battuta di Jack che parla di fantasia che deve essere credibile per diventare piú importante della realtà, e infine, la lucidissima lezione del collaboratore di Tom sulle capacità della televisione di rendere vere tutte le tesi e quindi di non rendere realmente vero piú niente.
Scartata quindi la possibilità di individuare un’idea tematica, dobbiamo comunque apprezzare la vicenda del film che è ben realizzata da un ottimo regista e che si avvale di un grandissimo Robin Williams e di uno splendido Christopher Walken che interpreta il ruolo del manager/amico d’infanzia di Tom, specie nella parte di film in cui recita costretto sulla sedia a rotelle (nella sequenza del ballo, il suo movimento dei piedi a ritmo di musica è un piccolo gioiello).(Franco Sestini)