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Scusa ma ti chiamo amore (studio sul film)



Regia: Federico Moccia
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: 357 - 2008
Titolo del film: SCUSA MA TI CHIAMO AMORE
Cast: regia e sogg.: Federico Moccia (tratto dal romanzo omonimo di Federico Moccia) – scenegg.: Federico Moccia, Chiara Barzini, Luca Infascelli – fotogr.: Marcello Montarsi – mus.: Claudio Guidetti – mont.: Patrizio Marone – scenogr.: Maurizio Marchitelli – cost.: Grazia Materia – effetti: Fabrizio Pistone – interpr.: Raoul Bova (Alex), Michela Quattrociocche (Niki), Veronika Logan (Elena), Luca Angeletti (Enrico), Ignazio Oliva (Flavio), Francesco Apolloni (Pietro), Davide Rossi (Fabio), Cecilia Dazzi (Simona), Francesca Antonelli (Susanna), Luca Ward (Tony Costa), Riccardo Rossi (Prof. Martini), Riccardo Sardonè (Marcello Santi) – durata: 110’ – colore – produz.: Medusa Film, Cecchi Gori Group - origine: ITALIA, 2007 – distrib.: MEDUSA FILM – data di uscita (25.1.08)
Sceneggiatura: Federico Moccia, Chiara Barzini, Luca Infascelli
Nazione: ITALIA
Anno: 2007

Approfitto dell’opportunità offerta dal film per proporre il modo di accostarsi allo spettacolo cinematografico secondo l’insegnamento del p. Nazareno Taddei s.j., studioso dei mezzi e strumenti della comunicazione sociale, che ha elaborato il metodo originale di lettura strutturale al fine di comprendere l’idea centrale espressa dal regista.

In ogni tipo di comunicazione umana (verbale, gestuale, mimica, iconica, a mezzo stampa, cinema, radio e televisione)..., egli consigliava di distinguere nel segno comunicativo (parola, trasmissione, immagine...) quello che si vede e si ascolta dal modo usato dal comunicante per esprimere il suo contenuto interiore di idee e sentimenti. Chiamava l’insieme di tutto ciò che fa parte del primo aspetto vicenda, quanto espresso dal modo racconto.

Quando parliamo con una persona, noi facciamo di solito cosí: non diamo importanza soltanto alle parole che ascoltiamo (o che pronunciamo), fermandoci al loro significato documentato dal dizionario, ma soprattutto al MODO usato da chi parla: tono di voce, gesto che le accompagna, ritmo della frase, intonazione canzonatoria o umoristica, sfumatura spregiativa o d’amicizia....

La vera comunicazione verbale si realizza attraverso il modo con il quale uno si esprime. È il modo, insomma, quello che importa.

Va da sé che il modo non esiste fuori dalle parole: significato delle parole e modo di pronunciarle sono distinguibili ma non sono distinte: il significato qua e il modo là. L’operazione chirurgica di divisione è di natura mentale.

Altrettanto conviene distinguere quando si tratta di comunicazione per immagini: l’immagine (cos’è, pietra, monte, mare, uomo, esercito...?) e il modo (= come?) con cui il suo autore (fotografo, regista, ma anche pittore, scultore...) l’ha prodotta per comunicare.

Anche la comunicazione ricevuta dalle immagini si verifica soprattutto leggendo i modi usati dagli autori per produrle.

Quanto detto è vero in particolare nel film, dove niente avviene per caso (almeno quando il regista è «autore» e non soltanto uno che fa o fa fare fotografie).

 

Riferendomi al film sopra ricordato, cercherò di illustrare in sintesi il metodo Taddei.

Un pericoloso errore dal quale guardarci è quello di attribuire al film ciò che non appartiene al film. Ad esempio, non fanno parte del film la sua locandina, le impressioni di spettatori che l’hanno già visto, le recensioni dei critici, le interviste agli interpreti e all’autore del film stesso.

Quello che il regista aveva intenzione di «dire» l’ha già detto: lo spettatore ha la possibilità di comunicare con lui leggendo il suo film.

Se egli non riesce a comprendere quello che l’altro ha detto con il film...: o l’autore non ha saputo dire quello che voleva dire, oppure lo spettatore non sa leggere quello che il film ha detto. Senza escludere come impossibile la prima eventualità, è la seconda che frequentemente si verifica. Battute come «Non ho capito niente, film difficile e oscuro» che si possono ascoltare da spettatori all’uscita dalla sala di proiezione d’un film, non sono rare. Qualcuno apprezza «la bella musica, i ricchi costumi, la bravura degli interpreti, l’avvenenza delle star ...» Sono elementi dei quali il regista s’è servito per dire il suo pensiero. Ma... (ecco la vera domanda!)... che cosa ha detto? Qual è il suo pensiero circa l’argomento che ha illustrato con il suo film?

Siamo arrivati al nocciolo (duro!) della questione. È la domanda fondamentale fra le tante che ci possiamo porre dopo la visione del film. Abbozziamo la risposta.

 È stato trattato dal regista un argomento che gli interessava ed ha raccontato una storia, ha diretto gli interpreti in modo che essi dicessero meglio possibile il suo pensiero, (non il loro: attenzione a non confondere gli interpreti con i personaggi da loro interpretati!), affinché gli spettatori lo potessero conoscere, cioè fossero in grado di leggerlo.

Talvolta critici, conduttori televisivi, direttori di cineforum... non si preoccupano di rispondere alla domanda: circa il problema illustrato dal film, che cosa pensa e quale giudizio esprime il regista, che può avere manifestato il pensiero inconsciamente come suo fondo mentale?

Non è sufficiente raccogliere dallo schermo le immagini con il loro contenuto (persone, ambienti, situazioni, eventi...); è necessario lèggere, distinguere vicenda e racconto.

Leggere, propone p.Taddei, «con metodologia strutturale».

 
* * *

Ogni comunicazione, anche quella cinematografica, si divide in parti.

Quella verbale usa parole, pronunciate scritte stampate..., che insieme ad altre strutturate in modo logico e grammaticale formano pensieri attraverso proposizioni e periodi.

Quando la comunicazione è complessa, l’autore divide il testo poetico in strofe e capitoli.

Il regista, seguendo la traccia della sceneggiatura, divide il lavoro in inquadrature, scene, sequenze.... Le sue scelte espressive (possiamo definirle semiologiche) fanno parte del film (illuminazione, angolazioni, trucchi, effetti speciali...). Tutte sono utili al fine di «leggere» il contenuto mentale dell’autore.

Se fosse indispensabile «raccogliere» tutte le immagini del film per «leggerne» l’IDEA CENTRALE, l’impresa sarebbe quanto mai ardua!

La divisione letteraria, sopra ricordata, d’un testo è applicabile al film: inquadrature, scene, sequenze dipendono per il numero dallo stile usato dal regista. Si raccolgono in modo intelligente senza smarrirsi nei particolari.

Le due / tre parti strutturali del film sono riconoscibili quando ci accorgiamo, durante la proiezione, che succede qualche cosa di importante per il protagonista, che gli fa cambiare pensiero o sentimento. Alla fine verificheremo le parti che, secondo noi, sono quelle principali, ripensando alla struttura del film visto. Ci accorgeremo che il protagonista, proprio in forza di quanto successo a lui o ad altri personaggi del film in quelle due o tre parti, ha cambiato pensiero e sentimento rispetto a quanto pensava e provava all’inizio del film. È quella che si chiama la sua evoluzione psicologica.

A questo punto possiamo esprimerci come segue: abbiamo visto un film nel quale il protagonista ha subíto l’evoluzione psicologica tale o tal altra, perché ha assistito ad avvenimenti, oppure ha subíto effetti di circostanze succedute a lui o ad altri, che in fine lo hanno spinto a prendere una decisione personale (si vendica, perdona, si sposa, si allontana, spera di vincere, si dispera, prega, impreca, si rappacifica, ...).

Possiamo dire tutto questo adoperando la formula suggerita da p. Taddei che comincia cosí: È LASTORIA DI... si nomina il protagonista ricordandone il carattere e la qualità fondamentale illustrata dal film (remissivo, vendicativo, innamorato, sempliciotto, illuso, scienziato...), IL QUALE, dopo aver assistito (incontrato, ferito, innamoratosi, ritenuto nemico il tale o amico il tal altro...), alla fine DECIDE di ... (sposarsi, abortire, perdonare, fuggire, cambiare vita, convertirsi...).

L‘IDEA CENTRALE del film è, per cosí dire, dietro ogni immagine del film, ma in particolare «dietro il protagonista» con la sua evoluzione psicologica.

A questo punto p. Taddei si chiede: a quale livello è stato presentato il protagonista dal film?

1.    A livello di individuo? Come dire: il suo caso è stato ritenuto dal regista talmente importante che ha deciso di raccontarne la storia, che però è la storia del protagonista soltanto e non ha alcun riferimento con la vita di altre persone.

2.    Secondo, livello di categoria? Il protagonista, ad esempio, è operario; è presentato in modo tale (attenzione al modo!) da coinvolgere indirettamente o direttamente tutti coloro che fanno parte della categoria operaia. Non soltanto perché tutti gli operai hanno i suoi problemi (d’orario di lavoro, di stipendio, di partecipazione allo sciopero, di relazioni tese con i datori di lavoro...), ma perché il regista fa capire che nella storia del protagonista coinvolge tutti gli operai o almeno quelli con quel particolare problema caratteristico del protagonista. Per lo scrittore è facile esprimere questa idea con parole. Il regista non dovrebbe soltanto «dirlo», dovrebbe esprimere la sua idea con immagini e non soltanto con parole. Per lui è molto piú difficile.

3.    Il protagonista potrebbe trovarsi collocato a livello di genere femminile o maschile: il regista l’ha presentato in modo da far comprendere che la storia del protagonista coinvolge quella di tutti i maschi o di tutte le femmine (limitatamente alla categoria operai/operaie, figli/figlie, madri/padri...).

4.    Il livello piú alto è quello di persona, quando il protagonista del film gode-soffre-sperimenta... come persona. Allora l’IDEA CENTRALE DEL FILM potrebbe iniziare cosí: «Nella vita... e segue la descrizione dell’idea centrale che pensiamo d’avere individuata per mezzo della lettura strutturale.

Ho detto pensiamo, perché la comunicazione perfetta del contenuto interiore d’una persona non è possibile quaggiú. Ne facciamo esperienza quotidiana: tra amici, tra coniugi, tra appartenenti a gruppi ed associazioni politiche e religiose, tra fratelli e sorelle....

La lettura strutturale aiuta a leggere con buona percentuale l’idea centrale della comunicazione cinematografica.

Per quanto riguarda le parti strutturali del film, possiamo individuarne due o tre a seconda che le dividiamo con un criterio o l’altro. Faccio l’esempio con il film scelto.

Sono due, se facciamo iniziare la seconda quando dopo l’incontro e l’innamoramento fulmineo di lei e il cedimento di lui, inizia la storia dei loro precedenti incontri clandestini, noti a tutti in seguito. È vero che ad un certo punto essi sembrano (vanno...) andare in crisi con la conseguenza d’interrompere la relazione, ma essa è soltanto una pausa per poi riprendere la loro storia come prima e piú impunemente di prima, senza alcuna remora di convenienza di fronte alla società, offrendo spettacolo delle effusioni anche sulla pubblica strada.

Se si attribuisce importanza alla cosiddetta pausa, quanto succede in seguito potrebbe essere dichiarato terza parte del film.

* * *

Entriamo idealmente in sala di proiezione e assistiamo al film.

Se durante le visione prendiamo qualche appunto, alla fine il nostro lavoro di sintesi sarà piú agevole.

Rifacendoci alle brevi note raccolte distingueremo le parti strutturali, dopo aver elencato gli episodi principali ponendo attenzione allo stato d’animo dei personaggi, specialmente di quello che ci sembra il protagonista.

I criteri classici per distinguere il protagonista tra i personaggi del film sono tre.

1. È il personaggio del quale il regista illustra meglio che degli altri lo stato d’animo (la psicologia),

2. quello in funzione del quale tutti gli altri agiscono,

3. quello che subisce piú degli altri l’evoluzione psicologica in forza di ciò che è capitato nel film.  

Sono i motivi che ci permettono di concludere: il film racconta la storia del protagonista.

 Facciamo qualche esempio di episodi (nuclei narrativi principali) del nostro film.

- Visione di Alex che sta pescando.

- Scontro stradale tra i due protagonisti, lui in macchina, lei con il motorino

- Studentesse nel corridoio scolastico.

- Le quattro amiche (ONDE).

- Vita in famiglia di Niki.

- Ritorno a casa di Elena.

- Finale con i due protagonisti sul faro.

Abbiamo scelto momenti cinematografici nei quali è maggiormente evidente l’evoluzione psicologica dei protagonisti.

Il modo di raccontare quegli episodi da parte del regista rende i fatti, che considerati in se stessi sono la vicenda del film, racconto, anzi parte del racconto, che sarà completo alla fine del film.

Chiamiamo perni strutturali gli stati d’animo con le conseguenze che ne derivano: sono le circostanze concrete che fanno, per cosí dire, andare avanti il racconto e che provocano la graduale evoluzione psicologica dei protagonisti.

 Possiamo raccogliere i nuclei narrativi del nostro film elencandoli in ordine cronologico (che rispetta i gradi di evoluzione psicologica) secondo il seguente ordine:

- quelli che al centro hanno Alex
- quelli con Niki
- quelli con i due insieme

- quelli con amici ed amiche dell’uno e dell’altra

- quelli della famiglia dell’uno e dell’altra...

Raccolti cosí, abbiamo un esempio del significato del termine «filoni narrativi».

Gli stati d’animo relativi a protagonisti da una parte, e antagonisti (che ostacolano i loro desideri) dall’altra, li chiamiamo due perni strutturali.

Tutte le immagini del film costituiscono quella specie di piramide strutturale precedentemente ricordata, che si eleva virtualmente verso il vertice.

Fermandoci nella sua esplorazione a livello medio alto, scopriamo gradatamente nuclei narrativi, filoni principali, parti strutturali, la loro relazione ed infine l’idea centrale del racconto.

Ora possiamo sintetizzare il film iniziando con le parole: È LASTORIA DI...

Non è sempre facile la lettura strutturale d’un film. Talvolta è molto impegnativa ma merita l’impegno di esercitarsi in essa per raccoglierne almeno in parte i risultati.

Se il film è preso a pretesto per parlare dell’argomento da esso trattato (sciopero, matrimonio, divorzio, guerra...), senza preoccuparci di leggere l’idea centrale espressa dal regista confrontandoci con la stessa, l’operazione non può definirsi dialogo con l’autore e comunicazione da lui ricevuta.

Dopo la lettura strutturale conviene discutere l’idea centrale del film evitando asserzioni categoriche e tanto meno polemiche. Si instaura un dialogo civile con il regista che ha espresso la sua idea con il film.

 
* * *

Non è possibile descrivere dettagliatamente in questa rivista le singole tappe della teoria della lettura strutturale del film.

Ne facciamo una sintetica presentazione. Chiedo venia delle ripetizioni che userò a scopo didattico.

Applicheremo la teoria di p. Taddei al film che abbiamo scelto.

 

 LETTURA è conoscere, scegliere, raccogliere i SIMBOLI per COMPRENDERE il contenuto interiore del quale sono portatori. Il comunicante se ne è servito per trasmettere al recettore il suo pensiero e i suoi sentimenti. Sono parole espresse oralmente, con la scrittura, con testo letterario, teatrale, cinematografico, televisivo, pittorico, scultoreo, architettonico o con qualunque altro SEGNO.

Il segno usato dal comunicante non è il suo contenuto interiore ma soltanto lo strumento del quale s’è servito per comunicarlo.

Se il recettore del segno si arresta al segno ammirandone l’apparenza, il significato dei termini nel dizionario, i riferimenti storici, le memorie culturali che esso rievoca e quant’altro... senza andare al di là del segno, la comunicazione tra comunicante e recettore non si realizza.

Si va al di là del segno considerandolo quello che è, cioè simbolo, come dire realtà sensibile (visibile, auscultabile, tangibile...) che ne indica un’altra insensibile, non sperimentabile dai sensi. Il vero significato e contenuto del segno è leggibile nel MODO usato dal comunicante per esprimere il suo pensiero e sentimento.

Non comunica chi non legge I MODI espressivi dei segni.

 Applichiamo ora al segno film quanto detto circa i segni in generale e la relativa lettura.

Quest’ultima è semiologica per i motivi sopra riportati e strutturale perché in riferimento alla struttura del segno, al modo con cui è stato fatto dal comunicante.

 Per leggere il film, come qualunque altro segno, non è necessario fermarci a raccogliere tutti i segni che ne fanno parte come se tutti avessero la medesima importanza. Essi appartengono tutti al complesso della comunicazione ma tra di essi esiste una graduatoria.

Se, ad esempio, ricevo una lettera, mentre la leggo non devo chiedermi il senso d’ogni parola, (eccetto che sia stata scritta in una lingua che non conosco!), perché le singole parole separate dal contesto, e cioè fuori dalla struttura generale della lettera, non possono farmi comprendere quello che il mittente ha voluto comunicarmi.

Nel film non devo fermarmi a leggere (= raccogliere) le singole inquadrature scene e sequenze isolatamente le une dalle altre, ma nel contesto della struttura generale.

Entrando in un giardino pieno di fiori con lo scopo di raccoglierne un mazzo, non li raccolgo tutti ma soltanto quelli che corrispondono allo scopo che mi sono prefisso, per offrire il mazzo, ad esempio, ad un parente che andrò a visitare.

Nella lettura del film si fa qualche cosa di analogo: non si «raccoglie» tutto come se tutto fosse indispensabile al medesimo livello allo scopo di arrivare a comprendere la comunicazione del regista. Tutto ciò che fa parte del film fa parte della comunicazione, ma non nella medesima maniera e importanza.

C’è una differenza fondamentale, però, tra il lettore-raccoglitore dei segni cinematografici e il raccoglitore dei fiori nel giardino. Quest’ultimo entra nel giardino e sceglie e raccoglie soltanto quelli che corrispondono al suo interesse, al suo gusto e soprattutto allo scopo che vuole raggiungere. Il lettore cinematografico, lo spettatore, deve entrare in sala di proiezione del film con disposizioni e intenzioni opposte. Egli vuole leggere il film come segno con criteri di lettura oggettiva e non personale, perché vuole rendersi conto di quanto l’autore del segno ha effettivamente espresso con il film.

Chi mette in risalto e attribuisce importanza agli aspetti e caratteristiche del film che maggiormente corrispondono ai gusti personali che lo gratificano e glielo rendono simpatico o lo infastidiscono come antipatico, degno di applausi o di fischi, in grado di spremergli lacrime o di strappargli risate, non fa lettura ma, tutt’al piú, interpretazione soggettiva.

Se aggiunge alla lettura del film, anche involontariamente, particolari che il film non ha, rischia di attribuire al regista pensieri suoi con integrazioni psicologiche personali.

Accenniamo alla pratica.
 

Si raccoglie il film per filoni attorno ai personaggi principali, per blocchi narrativi composti di episodi o nuclei narrativi ponendo attenzione agli snodi fondamentali del racconto (perni strutturali... di natura diversa...) che consentono al film di avviarsi verso la conclusione logica delle premesse che fanno conoscere allo spettatore l’evoluzione psicologica del protagonista e che rendono credibile, anche se non sempre condivisibile, la sua scelta finale come conseguenza di quanto successo a lui e attorno a lui.

Le parti strutturali principali del film sono, di solito, non piú di due, al massimo tre. Costituiscono una specie di piramide a piani: ognuno ha il suo significato narrativo e la relativa significazione semiologica. Salendo idealmente i piani della piramide strutturale se ne scoprono le relazioni, lo sviluppo significante, in particolare l’evoluzione psicofisica del protagonista, e ci si arrampica verso il vertice narrativo della simbolica piramide (il verbo indica la fatica che spesso esige la scalata della piramide!). Simbolica l’abbiamo definita e con doppio aspetto, narrativo e semiologico.

Resta da chiederci quale sia il reale contenuto interiore che l’autore del film ha comunicato.

La risposta è offerta dalla lettura-raccolta dei MODI usati dal regista per legare e fondere, se l’operazione gli è riuscita!, tutto il materiale filmico che è stato proiettato sullo schermo.

Quei modi sono distinguibili dalla materialità della loro apparizione sullo schermo con una operazione chirurgica che separa, senza dimenticarle, le immagini dal modo con cui sono state rappresentate. È la lettura strutturale piú volte ricordata.

La metodologia della lettura strutturale si presenta a chi non la conosce, come qualunque altra grammatica d’una lingua ignota, come difficile e complicata. Come per lo studio delle lingue, esige passione di apprenderla, pazienza e molto esercizio pratico. Tutto diventa piú semplice e facile se c’è l’aiuto di chi già la conosce.

La metodica della lettura strutturale risponde alla domanda: COME SI FA?

Sono tre le strade principali che possono condurre alla meta, cioè a rendersi conto del contenuto della comunicazione cinematografica espressa dal regista.

 
PRIMA

Rispondere ordinatamente a tre domande dopo la visione del film:

COSA ho visto e ascoltato?

COME sono state presentate le COSE viste e ascoltate?

PERCHE’ le cose viste e ascoltate sono state presentate in quel MODO?

Per rispondere bene alle domande, è necessario ricordare alla fine del film il COSA e il COME del medesimo. La risposta alla seconda domanda ci consentirà di trovare la risposta alla terza, PERCHÈ?

Chi cammina diligentemente per questa strada maestra, avrà la soddisfazione di avvicinarsi all’IDEA CENTRALE espressa dal regista con il suo film.

 Esempi di questo tipo di metodica sono le letture di Olinto Brugnoli riportate dalla rivista EDAV.

SECONDA

Si può partire dalla fine del film con la domanda PERCHE? risalendo con una serie di uguali domande sino al principio.

Facciamo l’esempio con il film SCUSA MA TI CHAIAMO AMORE, del quale ci interesseremo in seguito.

PERCHÈ alla fine del film i due protagonisti si abbracciano? Risposta...

PERCHÈ ad un certo punto si lasciano? Risposta ...

PERCHÈ invece prima si erano abbracciati? Risposta ...

PERCHÈ Alex non vuole saperne di Niki? Risposta ...

PERCHÈ Niki assedia sentimentalmente Alex? Risposta ...

Ho abbozzato la serie dei PERCHÈ passando da un episodio all’altro in modo non ordinato soltanto per fare qualche esempio.

Arrivati alla risposta dell’ultima domanda, che si riferisce all’inizio del film, è possibile comporre la sintesi cominciando con le parole «È LA STORIA DI...».

 Dopo l’illustrazione generica della lettura strutturale, applicheremo la teoria alla pratica con il film scelto.

 
TERZA

Chi ha fatto lungo esercizio di lettura, è in grado dopo la visione del film di individuare quasi immediatamente il protagonista, di raccogliere i blocchi narrativi principali del film evidenziando i modi usati dal regista per esprimere la sua comunicazione e quindi di iniziare la sintesi di quanto ha visto e ascoltato con la formula appena ricordata: È LA STORIA DI...

 

Terminiamo ricordando il proverbio Tutte le strade portano a..., per noi portano alla possibilità di comporre È LA STORIA DI..., purché rimaniamo fedeli alla metodologia che la precede e la regge.

 Le impressioni personali possono essere riservate, dopo la lettura strutturale, a risposte di domande che non intendono sollecitare giudizi sul film ma soltanto chiede serenamente quello che pensa lo spettatore dopo la visione dello spettacolo.

Gli si può chiedere (oppure egli stesso si interroga):

– Come ti sembra che siano «montate» le scene e le sequenza per quanto riguarda la loro struttura narrativa? Con altre parole, com’è il montaggio del film?

– Dal punto di vista semiologico, cioè espressivo dell’idea centrale, come si presenta il film, chiaro, incerto, nebuloso, convincente...?

– La musica (per esempio la scheggia melodica che accompagna gli incontri sentimentali dei due protagonisti) com’è? Esiste anzitutto? (Talvolta non ci si accorge neppure che il film ha anche la musica!): è accattivante, romantica, circonda di simpatia i personaggi con effetti che si potrebbero definire alonàti (confronta l’alone della Luna, che la rende piú poetica del tempo in cui manca in cielo l’alone luminoso)?

– Ritieni utili o necessarie le inquadrature proiettate a finco del cast di coda al fine di esprimere l’idea centrale del film?

 

Come si vede dagli esempi citati, per il confronto delle idee e la formazione della personalità, dopo la lettura strutturale del film gli argomenti possibili da proporre sono molteplici e vanno affrontati secondo l’interesse dei partecipanti all’eventuale discussione (cineforum o altro raduno a fine culturale).

 
* * *
 

Ed ecco finalmente un modo di accostarci al film di Federico Mocciacon la lettura strutturale secondo la metodologia Taddei.

SCUSA MA TI CHIAMO AMORE

ALESSANDRO, Alex per gli amici, è impegnato come creativo in una importante azienda pubblicitaria. Gli viene offerta, in concorrenza con impresari cinesi e... con Marcello, collega di lavoro. Sarà abbondantemente ricompensato quello dei due che presenterà il migliore progetto di logo per la campagna pubblicitaria d’un nuovo tipo di caramella da «piazzare» sul mercato mondiale. Alla gara si aggiungerà indirettamente Niki, della quale stiamo per ricordare la vicenda sentimentale che coinvolgerà Alex, vincitore per suo merito!

Gli spettatori prevedono che il vincitore sarà Alex. Infatti...

Non prevedono però che il nostro ad un certo punto sarà talmente scarognato da sentirsi costretto ad abbandonare non soltanto il lavoro fortunato ma anche una nuova lucrosa iniziativa che gli vorrebbero affidare, andandosene a... pescare ammazzando il tempo malinconicamente in solitudine sugli scogli del mare.

Tornato a casa, ecco il motivo della sfortuna, trova un biglietto in cui la fidanzata convivente Elena gli dice semplicemente che se ne va. E dove va? Il regista ce lo dirà fra un paio d’ore di film. La donna intende seguire la meteora luminosa (un uomo!) che le è brillata accanto senza cercarla!

Intanto seguiamo la storia di Alex. Il quale, sarà la sua fortuna questa volta?, s’accorge d’essere concupito da una ragazzetta di buona famiglia, brillante studentessa diciassettenne dell’ultimo anno di liceo.

L’incontro tra i due è talmente romanzesco... come soltanto i casi della vita possono esserlo. Risultato: lei non riesce piú a dimenticare l’uomo maturo, lui a disfarsi di lei. Inizialmente infatti, la cosa gli appare talmente assurda, lui trentasette / lei diciassette anni (venti di differenza!), che non merita di prestarle attenzione. Ma il suo tempo delle mele non è ancora terminato. Dai e dai, la persecuzione alla quale è sottoposto dalla insistenza della pretendente è soffocante e Alex ad un certo punto... soffoca! E finiscono per farsi compagnia a letto.

Consigli, suggerimenti, iniziative di dissuasione... tutto è inutile. Quando l’amore ti prende, come dichiara la citazione d’un autorevole autore del passato, non ti lascia piú.

Il film intreccia la storia dei due con quelle di numerosi altri personaggi, tutti ammalati di passione amorosa.

Scarsa importanza hanno nel film le vicende di contorno ambientate in aule scolastiche frequentate da alunni svogliati, in corridoi d’impresari e studi d’avvocati insoddisfatti, in salotti equivoci con divertimenti sofisticati. L’unico argomento che li accomuna è l’amore.

Gli incontri tra Alex e Niki sono a conoscenza di tutti: nulla li trattiene dal coltivare un rapporto che alcuni prevedono fallito in partenza («non dura, finirà da solo!») e altri considerano ai limiti del ridicolo. I due sono decisi, lei specialmente, di continuare a dispetto di tutti.

Sembra, ad un certo punto, che la ragione trionfi e la mongolfiera di sogno (Alex vede Nike anche in sogni agitati!) si sgonfi. Elena, uscita di casa senza lasciare spiegazioni, imprevedibilmente torna a casa con la pretesa di ricominciare tutto come prima perché «non è successo niente». Il fidanzato è impegnato con Niki e la rimette sulla strada.

Come succede in avventure simili, le cose si complicano a causa di gelosie, cattive interpretazioni e provvisori rappacificamenti.

Quando Nike dubita che Alex fili di nuovo con l’ex fidanzata, rompe con lui e non ne vuole piú sapere.

Alex allora molla tutto e si dedica alla pesca!

Termina a questo punto il flash bach sulle cause che avevano spinto Alex a ritirarsi da ogni impegno.

Nike ricevuta una lettera di Alex, riesce a rintracciarlo.

I due, saliti sulla torre d’un faro di guardia in mezzo al mare, si abbracciano... per sempre!

Rapide inquadrature, che scorrono sullo schermo a fianco del cast di coda del film, informano gli spettatori sullla conclusione delle storie dei altri personaggi che hanno fatto da contorno a quella dei due protagonisti. Com’era prevedibile, ognuno ha scelto la sua strada seguendo i propri istinti amorosi mantenendosi indifferente a remore etiche e convenzioni sociali.

Scusa..., (sembra intanto ripetere Niki all’innamorato Alex), forse all’inizio non ci credevi, ma ti chiamo amore.

La voce off ci ha fatto da Cicerone durante tutto il film raccontandoci gli antefatti che non conoscevamo e spiegandoci le banalità riportate dallo schermo. Un esempio, scelto tra quelli riferiti dal cast finale: una delle ONDE (acronimo composto dalle iniziali dei nomi delle quattro amiche diciassettenni, Niki compresa), quella che affermava d’essersi mantenuta vergine «in attesa dell’uomo ideale, recupera il tempo perduto!»: la vediamo tra candide lenzuola acciambellata con il suo spasimante.

«I protagonisti, spiega la voce a conclusione del film, forse sono ancora lassú sul faro!»

 
* * *

Conviene ricordare I MODI che il regista ha usato per raccontare la storia dei due protagonisti: l’IDEA CENTRALE del film è leggibile dietro quelle caratteristiche narrative.

La volontà di fare spettacolo sfruttando l’argomento «amore» sempre di attualità mettendo in scena un adulto ed una adolescente è evidente fin dall’inizio. La convinzione che l’amore è travolgente ed irresistibile, seguita dall’opinione che ognuno ha il diritto di seguire il proprio «destino» amoroso, non è espressa direttamente dal film; implicitamente è dichiarata attraverso il comportamento dei protagonisti. Nessuno dei due riesce a sopravvivere all’uragano che li ha colpiti. Ipotetici «ripari», (differenza d’età, convenzioni sociali, previsioni negative...), sotto i quali avrebbero potuto proteggersi dai suoi effetti, sono giudicati inutili e ingombranti. 

 

I fatti illustrati dal film sono chiaramente frutto di fantasia romanzesca, la pandemia che colpisce i personaggi è enfatizzata.

L’istinto amoroso si identifica con la ricerca della soddisfazione sessuale, anche se quest’ultima sembra frenata da consigli «letterari», suggeriti dalla voce f.c. che raccomanda attenzione, riflessione, pazienza. «L’amore, sentenzia, è come i fantasmi: tutti ne parlano ma pochi li hanno visti!»

Salomoniche affermazioni sul tema introducono episodi leggeri e allegri che nel film si susseguono l’uno all’altro come anelli d’una catena. In tutti impera l’amore, interpretato come istinto amoroso.

A sostenerne la legittimità si scomodano pensatori classici e recenti. È assente qualsiasi citazione ispirata da saggezza umano cristiana. Le sentenze, che appaiono sullo schermo come didascalie, sono isolate dal contesto che le contengono: «impressionano» e lasciano ad ognuno la libertà d’interpretarle soggettivamente.

I personaggi del film sono di estrazione borghese. Si permettono divertimenti di nababbi: autoscontri con vetture che rimangono danneggiate, gite dispendiose in paesi lontani dove soggiornare liberi e anonimi, passatempi «disinibiti», esibizione di abbigliamenti all’ultimo grido di moda, frequentazioni a club riservati dove l’accesso è negato ai comuni mortali.

La modalità di vita li vede legati ad un triplice filo rosso negativo sotto il profilo morale:

– disinvoltura e leggerezza che non distingue ciò che vale da ciò che è da buttare;

– mancanza di princípi morali a difesa dei diritti altrui per scongiurare ingiustizie e sopraffazioni;

– ammirazione rivolta a testimoni negativi in famiglia e nella società.

Il film presenta avventure extraconiugali, mariti che, in preda a sospetti di tradimento, fanno pedinare partner e amici da investigatori privati, libertini che rendono argomento di sollazzevole conversazione le cosiddette scappatelle (vere o immaginate).

Fidanzatine e fidanzatini minorenni imitano gli adulti: sono diciassettenni «disinvolti» all’ultimo anno di liceo, alla vigilia dell’esame di maturità... scolastica!

Non sono credibili gli improbabili successi nel lavoro degli adulti e nello studio dei giovani, gli uni e gli altri distratti da interessi estranei ai loro doveri.

I giovani sono brillanti e intraprendenti. Esche fascinose sono esibite a vittime stanche della routine quotidiana in cerca di nuove esperienze amorose.

Tutti i personaggi giocano pericolosamente con l’amore: i giovani perché... è diritto che tutti gli riconoscono, gli anziani perché «in società fanno tutti cosí!».

 

* * *

                                         

Mi sia permessa qualche riflessione conclusiva.

 

I giovani si affacciano alla vita con slancio ed entusiasmo ma anche con inesperienza e presunzione ingenua, soprattutto quando nell’impresa sono lasciati soli per non interferire e condizionare la loro crescita e lo sviluppo spontaneo!

Sotto il profilo educativo il film può essere dichiarato negativo per i motivi sopra ricordati.

Sarebbe invece definibile addirittura raccomandabile ad una condizione: SE fosse proiettato a giovani dell’età dei personaggi di celluloide, non come pretesto per parlare d’altro, ma se fosse seguito dalla lettura strutturale e dal sereno commento sugli aspetti positivi, se ci sono, e negativi (che non mancano) del medesimo sull’argomento amore e innamoramento.

Notiamo, ad esempio, che la presentazione della convivenza di Alex con Elena, fidanzati conviventi, è un iniziale aspetto negativo del film. Nella vita reale tale condizione di comportamento si incontra di frequente. È motivo sufficiente per accettare ad occhi chiusi e senza fare una piega tale condotta, oppure essa è degna di chiarificazione alla luce della morale cristiana?

La semplice proiezione, dopo la quale i giovani fossero lasciati soli senza la possibilità di confrontarsi con esperti educatori, liberi da pregiudizi e da malsani moralismi, potrebbe essere definita innocua e di puro divertimento evasivo che lascia le cose come le ha trovate, pioggia che cade sull’asfalto e non lascia traccia, soltanto da persone ingenue e irresponsabili.

Non si devono negare gli spunti positivi offerti dal film: quelli ricordati sono consigli letterari (con voce off) di prudenza, di riflessione prima di intraprendere a cuor leggero iniziative azzardate sull’argomento amore. Viene consigliata anche pazienza nell’attesa d’essere «liberi» con il raggiungimento dei diciott’anni d’età!

In quest’ultimo caso il film può provocare la confusione mentale nei giovani spettatori.

Liberi di fare che cosa? Il film dice (senza attenuazioni umoristiche): liberi di fare l’amore con chi ti pare. Vedi nel nostro caso la scelta d’una delle ONDE, della quale ho riferito la condotta durante lo scorrimento del cast finale sullo schermo.

La malasorte incontrata dalle storie amorali di tutti, che finiscono insoddisfatti sotto il profilo sociale, potrebbe essere occasione d’indiretta riflessione per lo spettatore. 

È conveniente, anzi necessario che di amore si parli, si tratti, si discuta tra adulti responsabili e giovani. Il tema è troppo importante per lasciarlo nel sottosuolo del silenzio. Ai problemi che i giovani sperimentano come impellenti e inderogabili, essi cercheranno soluzioni altrove, (libri, film, TV, internet, compagni del muretto...), se persone preparate a rispondere non avranno la pazienza di ascoltarli.

La lettura strutturale del film di Moccia può offrire l’opportunità di mettere a fuoco certi aspetti particolari dell’argomento. Il colloquio, la discussione, la disputa, dopo la messa in luce dell’idea centrale del film, saranno occasioni di crescita culturale.

 

Faccio un esempio pratico: l’opinione di adulti che nel film dichiarano che, per quanto riguarda l’amore, «i giovani devono essere lasciati liberi di scegliere, di fare le loro esperienze senza impedire le loro scelte con ossessivi interventi dei genitori che filtrano controllano impediscono vigilano “per il loro bene” affinché in seguito non siano infelici», è condivisibile e in quale misura?   Gli spunti di riflessione offerti indirettamente dal film sono sommersi dalla valanga di idee discutibili e di opinioni opinabili esplicitamente dichiarate, alle quali s’aggiungono idee inavvertite (v. p....), che arrivano allo spettatore senza che se n’accorga e le avverta per confrontarsi con esse accettandole o contestandole.

Quella maggiormente veicolata dai fatti raccontati in modo spettacolare è «amore = sesso», «amore equivale a sesso».

 

La CONFUSIONE MENTALE che ne deriva, (conseguenza voluta o non voluta dal regista del film), si ràdica nelle teste degli spettatori, confermando confusioni già presenti in molte persone.

L’attesa illusoria d’un facile futuro, come quello raggiunto senza impegno e fatica dai personaggi dello schermo, fa parte delle pericolose tentazioni giovanili.

Il regista coinvolge nella mala condotta morale uomini e donne. Ad esse è attribuita l’iniziativa del tradimento coniugale (Elena) e l’assedio sentimentale all’uomo (Niki), con l’illusione, per quanto riguarda la prima di potersi cullare impunemente sull’altalena marito/amante senza prevedere l’arrivo del giorno che la lascerà sola e frustrata.

Alcuni tra gli uomini del film, in particolare il protagonista emblematico della categoria, sono ingenui, (come vuole la tradizione novellistica), esposti al canto di sirene affascinanti alle quali è difficile (nel film è impossibile!) resistere.

Accenno ad un problema secondario.

Dalla lettura strutturale, che si fonda soprattutto sul modo (C 2) usato dal regista per raccontare la vicenda (C 1), si potrebbe forse dedurre che unico protagonista del film sia Alex, perché è Niki che agisce in funzione di lui per convincerlo a rimanere con lei.

È altrettanto vero, però, che Alex, specialmente all’inizio, agisce in funzione di Niki per provocare la sua decisione di smettere di assediarlo con la persecuzione sentimentale, alla quale però lei non rinuncia malgrado le resistenze di Alex.

I due agiscono reciprocamente l’uno in funzione dell’altra.

In casi simili si può specificare che i protagonisti del film sono due, in particolare uno di essi.

 

Il desiderio di prevenire conseguenze negative nei giovani spettatori ha reso severo il giudizio sullo spettacolo, che sfrutta la notorietà del regista.

Ognuno tragga le sue conclusioni.

 

Mi chiedo quale influsso educativo avrà esercitato il film sulle numerose ragazze presenti in sala di proiezione, che fin dal primo apparire del protagonista maschile sullo schermo hanno iniziato a guaire di soddisfazione e che per tutta la durata dello spettacolo hanno commentato con visibile emozione le vicende delle ONDE, loro coetanee, e del divo di turno.

 

È LA STORIA, raccontata con stile leggero e spettacolare, DI ALEX E DI NIKI, in particolare di LUI impiegato trentasettenne convivente da tempo con la fidanzata Elena, e di LEI brillante studentessa diciassettenne,I QUALI,innamoratisi reciprocamente dopo un casuale scontro stradale senza conseguenze fisiche, dimenticando iniziali incomprensioni e trascurando opportune convenzioni sociali di buon senso, dopo che Alex ha definitivamente abbandonato Elena e ceduto all’assedio fascinoso di Niki, DECIDONO di rimanere per sempre insieme.

Il film è di natura spettacolare perché fonda presupposti e conseguenze dei fatti raccontati soltanto su motivi sentimentali in modo da coinvolgere emotivamente gli spettatori.

L’IDEA CENTRALE, di natura spettacolare, vorrebbe dimostrare che l’amore supera ogni ostacolo che gli si oppone e coinvolge persone di tutte le età e condizioni. (Adelio Cola)

 


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