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ROMANCE DE LA VILA DO CONDE e O VITRAL E A SANTA MORTA



Regia: Manoel de Oliveira
Lettura del film di: Eugenio Bicocchi
Titolo del film: ROMANCE DE LA VILA DO CONDE E O VITRAL E A SANTA MORTA
Cast: Documentario
Sceneggiatura: Manoel de Oliveira
Nazione: PORTOGALLO
Anno: 1958
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Fuori Concorso

Si tratta di due cortometraggi (il primo di 7 e il secondo di 9 minuti) che de Oliveira realizzò a suo tempo, per visualizzare due poesie di José Régio.

Mentre la voce fuori campo del dicitore pronuncia i versi poetici, l'immagine filmica mostra l'associazioine con diversi elementi visivi o evocati dalle parole del poeta oppure sorti per associazione psicologica avvertita dal regista.
Il problema teorico che sottostà a questa operazione di de Oliveira è assai complesso e non può in questa sede essere svilupato. E' possibile, tuttavia, porre i termini della questione.
La connessione di una poesia (declamata) con l'immagine cinematografica rientra all'interno del rapporto tra sonoro e visivo.
Si dice - e con fondamento - che i due canali comunicativi devono rapportarsi (o per attrazione o per opposizione) in modo da creare una struttura - audio-visiva, appunto - in funzione espressiva. Come dire che un canale non può fare a meno dell'altro oppure che non può invalidarlo del tutto. Quindi né il sonoro né il visivo possono godere di una piena autonomia, dal momento che l'immagine (audio/visiva) è il risultato dell'interazione visivo/sonoro.
Per quanto riguarda i due cortometraggi di de Oliveira, su di un piano teorico, emerge lo scoglio costituito dal fatto che la poesia (in quel caso, come in molto altri) nasce in modo indipendente dall'immagine filmica. La poesia è un testo che basta a se stessa. Basta a livello semantico, a livello fonetico (la musicalità della parola, per es.) a livello ritmico.
Posta così la questione la soluzione registica deve ottenere e contenere la relativizzazione della autonomia della poesia, in funzione di una colonna sonora interattiva con l'immagine filmica.
In altri termini: se l'immagine cinematografica si limita a mostrare ciò che le parole indicano non si ha una comunicazione filmica audio/visiva, ma solo una illustrazione, come ben a messo a fuoco il medodologo (e anche critico) Nazareno Taddei nella sua lezione teorica.
D'altra parte non è una soluzione garantita e vincente quella di mostrare nelle immagini un universo visivo non raccordabile con il testo poetico.
Breve: né sovrapponibilità, né alterità.
Una bella sfida.
Un accenno, allora,ai due cortometraggi di de Oliveira.
Nel primo, ROMANCE DE LA VILA DO CONDE, in cui la voce del poeta loda gli elementi a lui famigliari (i luoghi abitati e i luoghi naturali come il mare, o le coste ventose) la regia alterna momenti referenziali, con altri momenti in cui si avverte l'intenzione di staccarsi dal valore denotativo delle parole. Di certo si può dire che de Oliveira ha avuto presente il problema teorico sopra accennato; e che il suo cortometraggio potrebbe rappresentare una buona occasione di studio in una scuola di cinema.
Il secondo filmato, O VITRAL E A SANTA MORTA mostra una scelta d'altro tipo. Dando un non irrilevante spazio all'atto della scrittura dei versi (sul foglio la penna nella mano del poeta, ovviamente come ricostruzione), il cortometraggio si sottrae, con una tale scelta non invadente il territorio semantico-sonoro-ritmico del testo poetico, al rischio di soluzioni ambiziose e a rischio. Come se il regista facesse un passo indietro e rinunciasse ad affrontare il problema teorico incombente (anche questo è un modo per tenerne conto).
Nelle restanti immagini abbinate a passi della poesia di impronta visionaria (racconto della santa morta), il regista opta per una figurazione con predominanza dei toni scuri, come se dicesse di non voler marcare troppo la visione che lo spettatore riceve dallo schermo e quindi non tarpare sul nascere una sua personale e mentale raffigurazione secondo il senso delle parole della poesia. Un'altra buona occasione di studio.
Vale la pena ricordare il poeta e regista Pier Paolo Pasolini. Nel film LA RICOTTA inserisce una sua bellissima poesia ("10 giugno 1960", tratta dalla raccolta Poesie in forma di rosa).
Come fa questo regista a relativizzare l'autonomia del testo poetico in funzione di connessione con l'immagine filmica?
Pasolini inserisce solo la seconda parte della lirica. Pertanto, preventivamente, egli fa fare al protagonista un riassunto. della parte iniziale. Come negare che la poesia - almeno per il suo aspetto semantico - ha bisogno dell'immagine filmica?
I versi che sono inseriti nel film vengono poi letti dal protagonista; anche questa è una connessione linguistica perché ha la funzione di caratterizzare il declamatore e colui che gli è di fronte e lo sta ascoltando. Ma a questo punto il discorso tocca un aspetto della problematica teorica che, come sopra accennato, non può qui trovare l'adeguato spazio.

Come si può constatare il rapporto poesia/cinema ha diverse sfaccettature. La più evidente (e breve da dire) riguarda la distinzione tra un regista che porta sullo schermo una lirica non sua - è il caso di ,Manuel de Oliveira - e un regista che opera con un testo poetico suo - il caso di Pier Paolo Pasolini. (Eugenio Bicocchi)

 


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