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Caos Calmo



Regia: Antonello Grimaldi
Lettura del film di: Olinto Brugnoli
Edav N: 358 - 2008
Titolo del film: CAOS CALMO
Cast: regia: Antonello Grimaldi – sogg.: Sandro Veronesi tratto dal suo romanzo omonimo, ed. Bompiani, vincitore Premio Strega 2006 – scenegg.: Nanni Moretti, Laura Paolucci, Francesco Piccolo – fotogr.: Alessandro Pesci – mus.: Paolo Buonvino – mont.: Angelo Nicolini – scenogr.: Giada Calabria – cost.: Alexandra Toesca – trucco: Gianfranco Mecacci – effetti: Paolo Zeccara, Franco Galiano, M.A.G. Special Effects – suono: Gaetano Carito – interpr.: Nanni Moretti (Pietro Paladini), Valeria Golino (Marta), Isabella Ferrari (Eleonora Simoncini), Alessandro Gassman (Carlo), Blu Yoshimi Di Martino [Blu Yoshimi] (Claudia), Hippolyte Girardot (Jean-Claude), Kasia Smutniak (Jolanda), Denis Podalydès (Thierry), Charles Berling (Boesson), Silvio Orlando (Samuele), Alba Rohrwacher (Annalisa), Manuela Morabito (Maria Grazia), Roberto Nobile (Taramanni), Babak Karim (Mario), Tatiana Lepore (Mamma di Matteo), Beatrice Bruschi (Benedetta), Cloris Brosca (Psicoterapeuta), Antonella Attili (Maestra Gloria), Sara D’Amario (Francesca), Stefano Guglielmi (Matteo), Nestor Saied (Marito Simoncini), Dina Braschi (Donna anziana al Gala), Ester Cavallari (Lara), Anna Gigante (Mamma e Amica di Maria Grazia), Valentina Carnelutti (Amica di Maria Grazia) – partecipazione straordinaria di Roman Polanski nella parte del boss Steiner – colore – durata: 112’ – produz.: Domenico Procacci per Fandango con Rai Cinema, Portobello Pictures e Phoenix Film Investment – origine: ITALIA, 2007 – distribuz.: 01 Distribution (08-02-2008).Il Film è stato realizzato col Contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Sceneggiatura: Nanni Moretti, Laura Paolucci, Francesco Piccolo
Nazione: ITALIA
Anno: 2007
Presentato: 58. Festival di Berlino 2008 - In Concorso

Il regista. Antonio Luigi Grimaldi, detto Antonello, nasce a Sassari il 14 agosto 1955. Si laurea in Giurisprudenza e, nel 1981, si trasferisce a Roma dove frequenta la Scuola di Cinema della Gaumont. Realizza il suo primo lungometraggio Nulla ci può fermare nel 1990. In seguito firma le seguenti opere: Il cielo è sempre piú blu (1996), Asini (1999), Un delitto impossibile (2000). Dirige poi alcune opere per la TV (della serie Distretto di polizia e Le stagioni del cuore). Caos calmo è tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi (2005), vincitore del Premio Strega. 

La vicenda. Pietro Paladini fa parte del gruppo dirigente di una grossa società di telecomunicazioni che sta per fondersi con un grande gruppo americano. Durante una breve vacanza sulla spiaggia di Roccamare, lui e il fratello Carlo (un importante personaggio nel campo della moda jeans) salvano due donne che stanno per annegare, nonostante un uomo li avesse invitati a desistere perché troppo pericoloso. Appena tornato a casa, Pietro viene a sapere della morte improvvisa della moglie Lara e viene rimproverato dalla figlioletta Claudia che aveva tentato invano di chiamarlo al telefono. Dopo il funerale e le condoglianze di amici e parenti, Pietro ha una reazione inaspettata: porta a scuola Claudia, che frequenta la quinta elementare, e decide di rimanere davanti alla scuola ad aspettarla. La cosa si ripete anche per i giorni successivi. Cosí Pietro abbandona praticamente il lavoro per stare vicino alla figlia e cercare di trasmetterle serenità. Durante queste mattinate trascorse nell’attesa, Pietro ha una serie di incontri: persone che di solito passano di lí, colleghi e superiori della sua ditta che lo interpellano e si confidano con lui, il fratello Carlo, la cognata Marta, ed infine Eleonora, la donna da lui salvata al mare. Questa, venuta a sapere che era stato lui a salvarla e che quell’uomo che aveva cercato di dissuaderlo era stato il marito, lo ringrazia e si libera della fede matrimoniale. In seguito i due si incontrano a Roccamare dove fanno l’amore in modo frenetico. Poi tutto prosegue come prima, tra incontri e riflessioni, finché un bel giorno Claudia chiede al padre di non aspettarla piú, perché s’è accorta che gli altri bambini la prendono in giro e ridono di lei. Pietro può tornare al suo lavoro e riprendere la via della normalità; quella normalità che era stata brutalmente interrotta dal trauma della morte di Lara. 

Il racconto. Anticipando alcune osservazioni che attengono all’ambito della valutazione, si può dire che l’analisi strutturale del film presenta non poche difficoltà, in quanto ci si rende subito conto che non tutto il materiale narrativo trova una giustificazione a livello tematico. In altre parole, essendo la struttura del film non ben equilibrata, anche la lettura dell’opera risulta difficoltosa e non sempre chiara. O, meglio, si può dire che nel film ci sono cose chiare ed altre che restano (tematicamente parlando) come sospese e, talvolta, inspiegabili.

Partiamo dal titolo del film. Se «caos» è sinonimo di grande disordine, confusione, di cose o anche di idee, di sentimenti, viene spontaneo chiedersi (al di là della derivazione letteraria del titolo) come mai (nel film) questo caos è «calmo». Cioè come mai Pietro, che è chiaramente il protagonista del film, di fronte alla morte della moglie conservi una calma innaturale, quasi un’apatia che è difficile comprendere. Le prime immagini del film (che possiede una struttura lineare, appena scalfita da alcuni brevi flashbacks ininfluenti dal punto di vista tematico) si riferiscono all’episodio del salvataggio delle due donne (e di Eleonora in particolar modo). Durante il ritorno a casa in macchina, Carlo chiede al fratello com’era la donna da lui salvata e, scherzosamente, domanda: «Era carina... Ti piaceva?». Pietro si schermisce e, quasi seccato, risponde che non l’aveva notato e che non gliene importava niente. Poi, a casa, trova la moglie morta. Il film non dice come è morta. «La mamma è caduta», afferma Claudia; che continua: «Papà, dov’eri, dov’eri? Ti ho chiamato tre volte. Dov’eri? Perché non arrivavi subito?». Sembra che l’autore lasci intendere che esiste un rapporto tra il salvataggio di Eleonora e la morte di Lara; cosa che spiegherebbe un certo senso di colpa da parte di Pietro e quindi «giustificherebbe» la (purtroppo) famosa scena di sesso, che potrebbe assumere un carattere «liberatorio». Ma la cosa non è credibile. Sia perché Eleonora è per Pietro un’illustre sconosciuta che non suscita in lui alcun turbamento (questo almeno nel film, mentre nel libro le cose forse sono un po’ diverse), sia perché Lara muore per un incidente; e il fatto che Pietro non sia presente dipende dal motivo che era andato al mare col fratello, e non certo a causa di quei pochi minuti che ha «perso» per salvare la donna. Sembra utile pertanto indagare piú da vicino il rapporto esistente tra Pietro e Lara (le cose poco chiare), per poi analizzare il legame tra Pietro e Claudia, che rappresenta l’elemento portante a livello narrativo e tematico del film (le cose chiare). 

Pietro e Lara. Il film non dice quasi niente di Lara, né della sua morte: si tratta di una semplice caduta? E come? Perché? È chiaro che all’autore la morte della donna interessa soprattutto come pretesto narrativo per mettere in risalto le reazioni del marito. Certo, si tratta di un evento drammatico. E l’immagine dall’alto che, dopo il funerale, si sofferma su Pietro e Claudia lascia intendere che i due devono ora trovare il modo per venirne fuori. Subito dopo, di fronte alle discussioni piuttosto concitate circa l’eventuale fusione della società, Pietro si chiama fuori e all’amico Samuele, responsabile del personale della ditta, dice sommessamente: «Non ho un’opinione precisa su questa vicenda». Ma, poco alla volta, emergono alcuni elementi che fanno pensare: ad Annalisa, la segretaria che gli fa presente che sono arrivati altri telegrammi di condoglianze, Pietro risponde laconicamente: «Li guardo dopo»; e alla maestra che gli dice che la direttrice vuole salutarlo, ribatte: «Un’altra volta». Ma le affermazioni piú gravi vengono da Marta, la sorella un po’ svitata di Lara, che si confida con lui (è rimasta incinta da uno scenografo piú giovane di lei e per di piú sposato) e gli racconta che Lara stava male, che andava con lei da dei dottori, che lui non se n’era mai accorto, che addirittura una volta era stata da una maga che le aveva predetto che sarebbe «morta senza un uomo, come era stata sempre». Il fatto stesso che Pietro fosse al mare col fratello e non con la moglie può far pensare che tra i due coniugi non ci fosse un rapporto d’amore cosí forte da provocare dei traumi insanabili (è forse questa la causa della «calma» all’interno del caos?). Pietro s’interroga e scopre delle cose nuove sul conto della moglie: «Andava da una maga, perché non stava bene. Aveva parecchi soldi sul suo conto corrente. Raccontava sempre tutto alla sorella. Aveva preso un appuntamento da un chirurgo plastico. Aveva molte piú scarpe di quanto avessi capito (1). Si era abbonata a Cucina Italiana. Aveva vissuto due mesi a Ravenna dopo l’esame di maturità. (...) Si scriveva mail con Gianni Orzan, l’autore delle favole che piacciono tanto a nostra figlia». È tentato di andare piú a fondo e di leggere la posta nel computer della moglie, ma poi decide di cancellare tutto. Perché? È un modo per evitare di soffrire o piuttosto indifferenza? Lui stesso dice a Carlo di non soffrire. E quando partecipa ad un incontro per genitori in cui si parla del tema della morte, resta colpito dalle parole della psicologa: «Le nostre emozioni le trasferiamo sui nostri figli. Fino a una certa età quello che loro provano non è che la replica di ciò che proviamo noi genitori. Attenzione: non di ciò che ci sforziamo di far vedere a loro, ma di ciò che proviamo veramente». E conclude: «Lo dice mio fratello; l’ha appena detto questa signora: se Claudia non soffre è forse perché io non soffro abbastanza». Ma allora, perché subito dopo sviene? E perché vaga di notte con la macchina, si lava il volto ad una fontanella e poi si mette a piangere? «Ti manca Lara», gli dice il fratello; ma poi quando Marta gli parla ancora della moglie, lui interviene seccamente: «Non parlare piú di Lara con me». Forse è qualcosa di inconscio: senso di colpa per non averla conosciuta ed amata abbastanza in dodici anni di matrimonio e desiderio di rimuovere il suo ricordo, la sua presenza. Ma che senso ha, quando Marta invita lui e Claudia a tornare a Roccamare, parlare di «guardare in faccia al trauma»? La morte di Lara non è avvenuta là. Forse Pietro si sente in colpa per essere stato al mare quando la moglie è morta. Ma allora che senso ha dare un appuntamento ad Eleonora ed avere con lei un rapporto non d’amore ma di sesso frenetico, dal sapore «liberatorio»? Come già detto, Eleonora non c’entra niente con la morte di Lara: se Pietro non l’avesse salvata, sarebbe arrivato a casa qualche minuto prima: tutto qui.

Pietro e Claudia. Il grosso perno strutturale narrativo del film è senz’altro costituito dalla clamorosa decisione da parte di Pietro di rinunciare al lavoro e a tutti gli impegni per rimanere davanti alla scuola di Claudia ad aspettarla. È senza dubbio un gesto di vicinanza, di protezione, di amore che quest’uomo compie nei confronti della figlia. Si capisce subito che Claudia rappresenta la sua unica preoccupazione. Con lei è benevolo e comprensivo. Lo si vede fin dall’inizio, quando l’aiuta a completare il puzzle. Lo si continua a vedere quando le legge le favole, si prende cura di lei, parla con la maestra per conoscere il suo comportamento. «Claudia ha un carattere molto forte. Però bisogna starle tutti molto vicini, perché in questi casi basta un niente per provocare...», osserva la maestra; e lui, convintamente, la interrompe: «Sí, esatto; basta un niente». Le sue attenzioni sono quasi maniacali, come quando vuole sapere quali sono le finestre della sua aula per salutarla ogni volta che si affaccia o come quando partecipa alle sue lezioni in palestra, sperando che lei lo guardi: «Se non mi guarda prima di saltare sarò sempre geloso di Carlo – lo zio cui Claudia è affezionatissima – ... allora è vero che io non sto facendo niente per lei».

Questa nuova vita intrapresa da Pietro lo porta a vedere le cose con occhi nuovi, a rapportarsi con le persone in modo diverso, a diventare – senza rendersene conto – un centro di attrazione per molti.

Dà vita ad un gioco con un ragazzo down che tutte le mattine passa di lí con la mamma e che aspetta che lui azioni il telecomando della macchina, per poi salutarla con ampi gesti della mano; incrocia lo sguardo con una bella ragazza che porta a spasso un grosso cane e che, incuriosita dalla sua presenza, arriverà a salutarlo e a presentarsi; entra in confidenza col barista, presso il cui locale si ferma spesso a pranzo; viene invitato a casa di un anziano vedovo che, abituatosi ormai alla sua presenza, gli offre un piatto di spaghetti.

– I dirigenti della sua azienda, a turno, vengono da lui per chiedere consigli circa la fusione, ma anche per parlare di cose personali, per sfogarsi. Cosí Jean Claude, che gli racconta di essere stato «scaricato» e tradito da un altro dirigente suo «amico»; e reagisce dicendo: «Il mio modo di lavorare sarà di non lavorare. Fa cosí anche tu. Resta qui davanti. Restaci finché puoi». C’è poi Samuele, preoccupatissimo perché costretto a licenziare un sacco di personale, che definisce la fusione: «Un trauma lavorativo per gli esseri umani» ed afferma che gli unici a cavarsela saranno «I fedelissimi, i traditori, i collaborazionisti»; arrivando, lui, cattolico con un fratello missionario in Africa, a presentare una relazione contenente una bestemmia. Un altro dirigente viene a proporgli di prendere il posto di Jean Claude, che secondo lui ha rubato presentando bilanci falsi. Poi ancora Jean Claude, che si lamenta per le intemperanze della sua compagna; Samuele, che gli annuncia le sue dimissioni; Steiner, il grande capo del gruppo americano con cui avverrà la fusione; il presidente del nuovo gruppo che si è appena costituito. Pietro ascolta tutti; cerca di capire. Ma su una cosa è irremovibile: la scelta di vita che lui ha fatto. Nell’ultimo di questi incontri, quello con il presidente che gli offre il posto di Jean Claude, egli ribatte con estrema fermezza: «Io non voglio il posto di Jean Claude. E non voglio che veniate qui a raccontarmi i fatti vostri e a farmi proposte. Voglio restare qui ed essere lasciato in pace».

– Anche Marta lo viene a trovare e si confida con lui, rivelandogli di essere incinta, cosa che non aveva detto neanche a Lara; cosí come il fratello Carlo, molto affezionato a lui e alla bambina, che lo sostiene dicendogli: «Stai facendo la cosa giusta... Tieni duro»; ed infine la stessa Eleonora che, venuta a sapere di essere stata salvata da lui, lo viene a ringraziare e ad abbracciare.

Ed è proprio questo che colpisce la ragazza col cane, e che l’autore sottolinea con chiarezza: quasi tutti quelli che vanno da Pietro lo salutano con un abbraccio, qualcuno ringrazia, tutti ricevono qualcosa. Segno che la sua scelta è, in qualche modo, contagiosa, produttiva, in un modo o nell’altro. Ma è soprattutto Claudia a trarre giovamento da questo gesto di dedizione da parte del padre. Non solo la bambina è sempre serena, coccolata com’è da Pietro e dallo zio, che la porta anche a cena in ristoranti esotici, ma ad un certo punto sarà proprio lei a chiedere al padre di non aspettarla piú. Al ritorno a scuola dopo le vacanze natalizie, in un clima di festa dovuto alla neve che imbianca la città e al cane che, liberatosi momentaneamente, si mette a giocare con i bambini, Claudia chiede a Pietro quel regalo che lui le aveva promesso: non c’è piú bisogno della sua presenza, anche perché ormai gli altri bambini incominciano a ridere di lei. I due si guardano con tenerezza. Lei ha paura di averlo offeso, ma lui la rassicura: «Bisogna dirsele le cose... sempre... ricordatelo». 

Significazione. Missione compiuta, si potrebbe dire. La situazione si è sbloccata ed ora è possibile il ritorno alla normalità. La scelta di Pietro è stata vincente: ha fatto del bene a Claudia, allo stesso Pietro e anche ad altre persone.

Per concludere resta ora da analizzare un altro elemento che possiede un grosso peso strutturale, quello relativo al «palindromo». «I topi non avevano nipoti», dice la maestra a scuola, è un palindromo, cioè una frase che si può leggere anche al contrario. E spiega che nella vita ci sono delle cose reversibili (cioè quelle che si possono invertire) e delle cose irreversibili (cioè quelle dalle quali non si può tornare indietro). La cosa resta particolarmente impressa nella mente di Claudia che ne parla con il padre. E alla fine userà proprio questa motivazione per convincerlo a cambiare atteggiamento. Claudia parla di reversibilità: «La maestra ce n’ha parlato e tu hai cominciato a restare qui davanti. Credo che quelle due cose erano collegate. Una cosa bella che succede e poi non succede piú, perché è reversibile: uno mica può stare qui per sempre, no? Credevo che a un certo punto mi dicevi che dovevi tornare in ufficio. Questo non me l’hai detto e io sono stata contenta; molto contenta. Solo che ora i compagni hanno cominciato a prendermi un po’ in giro...».

È alla luce di questo elemento che si può tentare – con un po’ di buona volontà, a causa della poca chiarezza del primo filone strutturale – di cogliere l’idea centrale del film. Forse l’autore voleva dire proprio questo: di fronte alle cose irreversibili della vita (la morte di Lara) è inutile crearsi sensi di colpa, rimuginare, guardare al passato, perché tanto il passato non lo si può cambiare; è invece importante impegnarsi nelle cose reversibili (il prendersi cura di Claudia), perché se uno ha il coraggio di cambiare la propria vita e di dedicarsi agli altri, riuscirà a far del bene agli altri e anche a se stesso, superando i traumi e consentendo il ritorno ad una vita normale, serena ed autentica.

Sulla base di quanto detto, va rilevata la non perfetta riuscita del film, proprio a livello di dizione, a causa di una ridondanza narrativa rispetto all’ambito tematico. In altre parole, la struttura non è equilibrata e dà origine a qualche scompenso.

Moralmente si può osservare che la tanto citata sequenza di sesso, piú che oscena o pornografica, è gratuita ed inspiegabile (se non per il marketing che l’ha ignobilmente sfruttata) nell’economia del film, oltre ad essere, come qualcuno l’ha definita, «involontariamente ridicola» a causa di una recitazione approssimativa e certamente non ispirata. E peccato anche per quella bestemmia che poteva benissimo essere evitata. Sono due note stonate, due corpi estranei in un film che altrimenti potrebbe essere utilizzato per una riflessione sull’importanza delle relazioni umane e sul valore della dedizione. (Olinto Brugnoli)

 


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