Si può fare
Regia: Giulio Manfredonia
Lettura del film di: Olinto Brugnoli
Edav N: 365 - 2008
Titolo del film: SI PUÒ FARE
Cast: regia: Giulio Manfredonia – sogg.: Fabio Bonifacci – scenegg.: Giulio Manfredonia, Fabio Bonifacci – fotogr.: Roberto Forza – mus.: Aldo De Scalzi Pivio – mont.: Cecilia Zanuso – scenogr.: Marco Belluzzi – cost.: Maurizio Millenotti – fonico: Bruno Pupparo‘– interpr.: Claudio Bisio (Nello), Anita Caprioli (Sara), Andrea Bosca (Gigio), Giovanni Calcagno (Luca), Giuseppe Battiston (Dottor Federico Furlan), Giorgio Colangeli (Dottor Del Vecchio), Michele De Virgilio (Nicky), Carlo Giuseppe (Gabardini Goffredo), Andrea Gattinoni (Roby), Natascia Macchiniz (Luisa), Rosa Pianeta (Enrica), Daniela Piperno (Miriam), Franco Pistoni (Ossi), Pietro Ragusa (Fabio), Franco Ravera (Carlo), Bebo Storti (Padella), Daniele Ferretti (Enzo), Tony D’Agostino (Scorbutico), Maria Rosaria Russo (Caterina), Ariella Reggio (Madre di Gigio), Giulia Steigerwalt (Chiara) – durata: 111’ – colore – produz.: Angelo Rizzoli per Rizzoli Film – origine: ITALIA, 2008 – distrib.: Warner Bros. Pictures Italia (31-10-2008)
Sceneggiatura: Giulio Manfredonia, Fabio Bonifacci
Nazione: ITALIA
Anno: 2008
Presentato: 3. Festival Internazionale del Cinema di Roma, 2008 - Fuori Concorso - Premio L.A.R.A. MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA PER L'INTERO CAST
Il regista. Giulio Manfredonia è nato a Roma e ha frequentato fin da ragazzo i set cinematografici, essendo nipote di Luigi Comencini. Dapprima come assistente alla regia e poi, via via, come aiuto regista, collaboratore al montaggio, autore di Special e backstage sui set. Con un corto del 1998,Tanti auguri, ottiene numerosi riconoscimenti. Esordisce infine nel lungometraggio nel 2001 con il film Se fossi in te, cui fa seguito È già ieri del 2004.
Si può fare è stato presentato fuori concorso al Festival di Roma dove è stato accolto con uno scrosciante applauso e definito il «vincitore morale» del Festival.
La vicenda. Milano, 1983. Nello è un sindacalista scomodo e anticonformista e come tale viene mandato dal sindacato a dirigere una cooperativa. In realtà si tratta di una cooperativa piuttosto particolare, costituita da malati di mente che «lavorano» sotto la guida del professor Del Vecchio, uno psichiatra che deve gestire anche il manicomio. Animato da spirito sindacale e da una forte carica umana, Nello cerca di fare amicizia con i «suoi soci» e tenta di conoscere e valorizzare le loro capacità. Si mettono a posare parquet e, dopo qualche difficoltà, le cose sembrano procedere abbastanza bene. Le offerte di lavoro aumentano e si rende necessaria una nuova organizzazione aziendale. Ma i «soci» si lamentano perché i sedativi che sono costretti a prendere li limitano sia sul piano lavorativo che su quello umano. Dopo una lunga discussione, decidono di affrancarsi dal professor Del Vecchio, di cambiare sede e di affidarsi al dottor Furlan che manifesta idee molto piú liberali. La riduzione dei farmaci, però, se da un lato li rende piú vivaci e autonomi, dall’altro risveglia in loro desideri sessuali e istinti di violenza. Finché non ci scappa il morto: un certo Gigio, che si era innamorato di una bella ragazza con conseguente umiliazione, non regge e si suicida.
Il bel sogno sembra svanire e tutto sembra tornare come prima. Nello, demoralizzato e in preda a sensi di colpa, cambia lavoro e si umilia chiedendolo proprio al suo miglior nemico, il «Padella» (Padellari), che una volta condivideva i suoi ideali di sinistra e che ora è diventato un manager nel campo della moda. A nulla valgono gli inviti di Del Vecchio a rimanere. Nello saluta mestamente i suoi amici e si immerge in un mondo che tutto sommato disprezza. Ma improvvisamente i «soci» reagiscono, fanno una riunione e decidono di andarsi a riprendere il loro vero direttore che, a questo punto, non può rifiutarsi di ritornare e riprendere il lavoro iniziato.
Dopo sei mesi arrivano altri «soci» da altri manicomi che si uniscono ai primi. L’esperimento è riuscito e l’idea delle cooperative diventa contagiosa.
Il racconto. Le didascalie alla fine del film spiegano con chiarezza l’origine dell’opera:
«Questo film è ispirato a tante storie vere, quelle delle cooperative sociali nate negli anni 80 per dare lavoro alle persone dimesse dai manicomi.
«Tra queste c’era anche la cooperativa Noncello di Pordenone, dove si faceva davvero parquet e dove i dirigenti dicevano “Si può fare” ai loro soci.
«Oggi in Italia esistono oltre 2.500 cooperative sociali che danno lavoro a quasi 30.000 soci diversamente abili.
Già il titolo del film risulta particolarmente significativo: oltre a ricordare la frase dei dirigenti della Noncello, allude chiaramente a qualcosa ritenuto difficile – se non impossibile – ma che, con l’impegno e la passione, può realizzarsi. Qualcosa di utopico, che non c’è, ma che può diventare reale se qualcuno ci crede (a questo proposito è particolarmente azzeccata la canzone di Edoardo Bennato – che ritorna in due momenti particolarmente importanti del film – dal titolo: L’isola che non c’è.
La struttura del film è lineare e scandisce la vicenda in un prologo, due grosse parti e un epilogo.
Il prologo, piuttosto breve, ha la funzione di presentare l’originale e controversa figura del protagonista, Nello. Uomo di sinistra, da sempre impegnato nel sindacato, viene criticato per quanto ha scritto nei confronti del mercato: «Il mercato ha vinto. Noi dobbiamo starci dentro con i nostri valori. Se la sinistra va contro il mercato saremo tagliati fuori per vent’anni». Con Sara, che è la sua compagna, Nello critica invece il mondo della moda, da lui considerato una degenerazione del mercato. Viene cosí accusato di essere troppo «antico» da Sara e troppo «moderno» da parte del sindacato, che gli affida il compito di dirigere una cooperativa.
PRIMA PARTE. Può essere a sua volta divisa in due parti: la prima (A), che va dall’arrivo di Nello nella sede della cooperativa fino alla decisione di cambiare medico; la seconda (B), che arriva fino al suicidio di Gigio e al crollo psicologico di Nello.
A) Primo approccio e conoscenza del problema. Giunto presso la «Cooperativa 180», Nello si rende subito conto che si tratta di una cooperativa di malati mentali il cui unico compito sembra essere quello di imbustare e incollare francobolli per conto terzi. Il professor Del Vecchio gli spiega che tutto ciò è frutto della legge Basaglia che: «chiude i manicomi e libera i matti; cosí se le famiglie se li riprendono impazziscono anche loro e se non se li riprendono, questi che fanno? Nessuno lo sa. Io ho fondato la cooperativa per occuparne qualcuno, ma non ho tempo di starle dietro; in manicomio ne ho altri 150». Compito di Nello è quindi quello di cercare nuovi appalti e di organizzare il lavoro. Nello viene anche a conoscenza che i malati sono sotto sedativi, perché, come afferma il professore: «Purtroppo la pazzia non guarisce per legge».
Presentazione. Nello segue il suo istinto e cerca prima di tutto di fare la conoscenza dei soci, cercando di instaurare subito un rapporto confidenziale, ma nel contempo rispettoso. Viene cosí a conoscere il «signor» Robi, il «signor» Fabio, la «signora» Luisa, il «signor» Goffredo, il «signor» Ossi, il «signor» Luca, il «signor» Gigio, ecc.
Assemblea dei soci. Da buon sindacalista, Nello indice subito un’assemblea dei soci per discutere insieme su come migliorare il lavoro, convinto com’è che la forma cooperativa, proprio dal punto di vista produttivo, sia il modo migliore «per poter gestire le risorse umane». In seguito ad un diverbio viene colpito con un pugno da Luca (il piú violento del gruppo, uno che a sedici anni aveva ucciso il fratello ed era poi stato per undici anni rinchiuso in un manicomio criminale). Ma Nello non vuole sporgere denuncia nei suoi confronti, pur comprendendo, come gli dice il professore, che tra quei malati «c’è gente che ha dentro l’inferno». La mancata denuncia, però, gli frutterà la riconoscenza da parte di Luca.
Discussione. Si passa poi a discutere se scegliere un lavoro assistenziale («Non si fa fatica, ma non serve a niente») o entrare nel mercato («Ci si fa un gran c..., però può essere utile agli altri e forse si fa il grano»). Nello, con grande pazienza, ascolta tutte le proposte, anche quelle piú strampalate. Alla fine si vota: viene scelto il mercato e si decide di lavorare nel campo del parquet.
Primi appalti. Nello riesce ad ottenere un primo appalto dal fratello di Sara. Nonostante gli insegnamenti di un esperto, il lavoro non riesce bene. Ma Nello non vuole colpevolizzare i posatori, afferma che in una vera cooperativa le colpe si dividono ed è disposto a pagare di tasca propria il lavoro eseguito. D’accordo con Sara, fa rifare il pavimento del suo salotto, per cercare di motivarli. Naturalmente il professor Del Vecchio non è d’accordo: «Lei non li motiva; lei li illude. Questi sono malati di mente, non sanno neanche incollare i francobolli». Ed afferma, perentorio: «Non ce la faranno mai!». Ma Nello non demorde e, seppur a fatica, va a raccomandarsi dal Padella per ottenere l’appalto in uno dei suoi negozi di alta moda nel centro di Milano. Durante i lavori Nello parte per Roma per partecipare ai funerali di Berlinguer. I suoi soci, rimasti senza il legno necessario per completare il lavoro, si servono di materiale di scarto e con questo disegnano una stella a cinque punte nel bel mezzo del pavimento. Potrebbe essere la fine per la loro carriera di posatori, invece la cosa piace moltissimo all’art director che gliene commissiona altri sette. Felicità ed esultanza.
Sviluppo del lavoro. Adesso c’è bisogno di fissare altri incarichi. Ci vuole una telefonista, un presidente rappresentativo, ecc. Ma incominciano anche ad emergere alcuni problemi. I soci si lamentano perché le medicine che sono costretti a prendere li inibiscono e non consentono loro di vivere una vita normale. Nello tenta di convincere il professore, ma inutilmente: «Lei ha dei grossi problemi di onnipotenza. La malattia mentale non guarisce mai». A questo punto entra in campo il dottor Furlan (basagliano convinto) che incoraggia Nello a ribellarsi al professore. Il sindacalista Nello va allora allo scontro duro ed elabora un comunicato che riuscirà a far firmare a tutti i soci e che presenterà a Del Vecchio. In esso si afferma che la cooperativa esce dalla tutela del centro psichiatrico e trasloca in una nuova sede; che sceglie l’approccio del dott. Furlan che sostiene che si possono abbassare i farmaci anche del 50%; che il socio è visto prima di tutto come lavoratore e solo in caso di necessità come persona con problemi mentali; che i soci rinunciano ad ogni lavoro assistenziale e si impegnano ad affrontare il mercato con il proprio lavoro, il proprio sacrificio, le proprie competenze. Inoltre: «Il consiglio ringrazia il prof. Del Vecchio per il lavoro svolto ed elegge un nuovo presidente scegliendolo tra i soci». Naturalmente il professore lo accusa di essere un irresponsabile.
B) Salto di qualità. Tutto sembra andare a gonfie vele. Il trasferimento in un casale abbandonato è motivo di soddisfazione per tutti. I soci possono abitarvi, avere la propria stanza, arredarla con dei mobili scelti e pagati da loro, vedere persone (soprattutto donne) nuove, giocare al pallone nel cortile: insomma fare una vita pressoché normale. Per di piú la cooperativa ottiene un contributo europeo di 80 milioni di lire come impresa innovativa.
Ma naturalmente la riduzione dei farmaci porta ad un risveglio del desiderio sessuale. È necessario ricorrere a delle prostitute. Nello nel frattempo vive un rapporto sempre piú teso con Sara che si sente trascurata; e, cosa ancora piú grave, Gigio si innamora di una bella ragazza che, con superficialità, lo asseconda e lo bacia. Avendo assaporato l’amore, Gigio non è piú disposto a fare degli straordinari, per cui diventa indispensabile trovare un altro posatore (sempre in manicomio). Nello inoltre ha dei progetti ambiziosi: «In dieci siamo una bella favola; siamo un esempio per gli altri. Se aprissimo delle altre cooperative come la nostra, i manicomi li svuoteremmo noi».
Si presenta una grossa opportunità: concorrere per ottenere l’appalto per fare i pavimenti delle nuove stazioni della metropolitana di Parigi. Ciò comporterebbe però qualche sacrificio, come la rinuncia a qualche mese di stipendio. Nello cerca di convincere i soci: «Se ci ingrandiamo riusciamo a tirar fuori altri dal manicomio». Ma questa volta i soci non accettano la sua proposta non essendo disposti a rinunciare allo stipendio. Nello è avvilito, ma il dott. Furlan gli fa notare: «Ti hanno votato contro; è la tua vittoria piú bella. Non te ne sei reso conto?».
Il crollo. La storia d’amore di Gigio provoca inevitabilmente la sua umiliazione con conseguente esito drammatico. Tutto sembra finito. L’utopia non è a portata di mano e le ragioni del realismo portano alla restaurazione. Ritorna Del Vecchio e i matti vengono fatti rientrare nel padiglione del centro psichiatrico. Molti piangono. Luca si mette a letto e cade in un mutismo totale. Nello è distrutto. Ci sarà un’inchiesta e lui è sicuro che lo condanneranno; non gli resta che chiedere un lavoro al Padella, anche se in questa occasione Sara gli è vicina.
SECONDA PARTE. Con grande sorpresa Nello constata che la relazione di Del Vecchio non è come lui aveva immaginato. Il professore ha scritto nel suo rapporto che «l’attività della cooperativa ha giovato a tutti i soci e non può essere connessa con il suicidio di Gigio». Di fronte alla sua incredulità il professore ribadisce: «Tornando ho trovato dei miglioramenti che non credevo possibili; quello che fate funziona e quindi dovete continuare cosí». Poi continua: «Lei ha sbagliato con Gigio, ma tutti sbagliano. Se io le avessi dato retta dall’inizio avremmo collaborato e forse non sarebbe successo, e quindi è anche colpa mia. È colpa del dott. Furlan, di Luca che ha fatto la rissa, della ragazza che l’ha baciato. Che facciamo? Ci mettiamo tutti a letto? Quindi la pianti. I sensi di colpa non servono a niente. Impari la lezione e si rimbocchi le maniche. Qua c’è bisogno di lei». Ed infine: «Chi lavora col disagio lo sa; lo mette in conto che qualcuno non ce la fa. È scritto».
Ma, nonostante le belle parole, Nello non se la sente di continuare nel suo lavoro. È avvilito, umiliato e carico di sensi di colpa. Ringrazia, ma non accetta. In un clima di grande mestizia e commozione, saluta i suoi soci e si immerge nel mondo dorato, ma per lui squallido, delle sfilate di moda.
Ma proprio a questo punto avviene il colpo di scena. Luca, ripresosi dallo stato di torpore che lo costringeva a letto, prende l’iniziativa e organizza una riunione dei soci. Tutti insieme fanno irruzione nell’atelier del Padella e vanno a «riprendersi» il loro amico e compagno, provocando sorpresa e scompiglio tra i partecipanti. Hanno deciso: andranno a Parigi e rinunceranno a qualche mese di stipendio, proprio come aveva proposto Nello. Di fronte alla reazione sdegnata e arrogante del Padella, Luca gli appioppa un pugno. Potrebbe costargli cara, ma Nello finge di essere stato lui a darglielo. «Tu sei pazzo», gli urla il Padella. «Lo so», risponde con aria soddisfatta Nello. E se ne ritorna nel casale con i suoi soci a continuare il lavoro intrapreso.
Epilogo. Ha una funzione soprattutto universalizzante (che nasce anche dalle scritte finali). Dopo sei mesi, come avverte la didascalia, arriva il dott. Furlan con un gruppo di altri soci che vengono accolti dal «discorso» completamente privo di parole del presidente. Tutti si abbracciano e solidarizzano, pronti a cimentarsi con altri appalti e con altre avventure. L’esperimento è riuscito; ma non si tratta di un caso isolato ed eccezionale, ma di un metodo che funziona e produce frutti.
Significazione. Nasce soprattutto dalla giustapposizione della prima parte con la seconda. Dopo un iniziale successo, l’esperimento di Nello sembra definitivamente fallito a causa del dramma relativo al suicidio di Gigio.
MA proprio nel momento in cui tutto sembra tornare come prima, i malati danno dimostrazione di essere cresciuti ed esprimono la loro riconoscenza al loro dirigente. Dopo aver tanto ricevuto da lui, adesso sono loro che fanno qualcosa per lui, andandolo a riprendere e salvandolo da quel mondo inautentico nel quale era andato a rifugiarsi.
Ciò significa che gli sforzi a favore di chi si trova in una situazione di disagio, nonostante i problemi, gli errori e gli insuccessi, prima o poi ottengono risultati positivi in termini di recupero e di autonomia della persona umana.
Il film è senz’altro caratterizzato anche da elementi di tipo spettacolare, quali l’ilarità, il patetismo, i colpi di scena, il lieto fine, ecc. Tuttavia, trattandosi di un racconto che appartiene al genere della favola, tali elementi ne diventano parte integrante e caratterizzante e quindi non ne inficiano la tematica.
Per quanto riguarda l’utilizzo didattico e la formazione della personalità, il film è adatto per un pubblico di adulti o di alunni delle Superiori e può diventare uno strumento efficace per trattare il tema del «diverso» che, nonostante tutti i problemi che può presentare, resta pur sempre una persona, degna di rispetto, di attenzione o addirittura di dedizione. (Olinto Brugnoli)