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La verità nell'informazione: «CAOS CALMO e i “vescovi”»


di ANDREA FAGIOLI
Edav N: 359 - 2008

Nella sua Lettura strutturale del giornale, padre Nazareno Taddei esordisce affermando che «la notizia di un evento non è quell’evento». All’apparenza una banalità, ma non lo è. «Noi – scrive Taddei – crediamo di conoscere quello che avviene nel mondo: di fatto, conosciamo solo “le notizie” di quello che succede; vale a dire le interpretazioni che qualcuno ci dà su quello che questo qualcuno vuol farci conoscere di quanto avviene nel mondo». L’identità di questo «qualcuno» può anche essere complessa: i «qualcuno» potrebbero essere piú d’uno o addirittura potrebbero essere i meccanismi stessi (dietro ai quali ci sono ovviamente le persone) con i quali si costruisce e si diffonde una notizia.

Da qui gli altri due assiomi: «dietro ogni notizia c’è sempre un’idea; un’idea (o conoscenza) è sempre “esistenziale”». Per cui «la notizia dell’evento è l’interpretazione dell’evento stesso fatta dal suo autore e quindi è testimonianza, che implica la presenza delle tre verità», quelle stesse di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti di questo numero speciale di EDAV dedicato alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali e in particolare proprio al concetto di verità presente nel Messaggio del Papa. Le tre verità sono quella logica, quella morale e quella ontologica. I cui contrari (e in questo caso ci interessano molto) sono, rispettivamente, l’errore, la bugia e la falsità. Di bugia esiste anche quella semiologica, caratteristica dei mass media, detta con cose vere ma strutturate in modo che finiscano per dire cose false.

Nell’esempio che proponiamo e che possiamo riassumere come il caso «CAOS CALMO e i “vescovi”» (vescovi tra virgolette, poi vedremo il perché) ci imbattiamo in tutti i contrari delle tre verità: l’errore, la bugia semiologica e la falsità.

Ripercorriamo i fatti a ritroso.

Mercoledí 13 febbraio 2008 quasi tutti i quotidiani italiani escono con in prima pagina una notizia riguardante il film CAOS CALMO e in particolare la famosa scena di sesso tra Nanni Moretti e Isabella Ferrari. Tra questi giornali ne abbiamo scelti alcuni in qualche modo rappresentativi delle varie realtà editoriali: i due principali quotidiani italiani per diffusione (il Corriere della Sera e La Repubblica); un quotidiano a diffusione esclusivamente locale (Il Tirreno); due giornali politicamente schierati su fronti opposti (L’Unità e Il Giornale). Questo per dire che su certi tipi di notizie si riscontra una preoccupante uniformità di cui cercheremo di capire i motivi tecnici ma anche quelli ideologici. 

Vediamo i giornali. 


Il Corriere della Sera (foto 1): fotonotizia a centro pagina; titolo «La Cei: Caos calmo volgare»; occhiello «Sotto accusa la scena di sesso Moretti-Ferrari».

La Repubblica (foto 2): richiamo con foto in alto pagina sopra la testata; titolo «La Cei agli attori “Fate obiezione alle scene di sesso”».

Il Tirreno (foto 3): richiamo con foto a piede di pagina; titolo «I vescovi: caro Nanni, troppo sesso»; occhiello «“Caos calmo” sott’accusa».

Il Giornale (foto 4): richiamo con foto a piede di pagina; titolo «I vescovi a Moretti: “Tieni giú le mani”».

L’Unità (foto 5): fotonotizia in alto pagina poco sotto la testata; titolo «“Sesso pesante”, la Cei scomunica Moretti». 

 

Analizziamo l’impaginazione.

La Repubblica, Il Tirreno e Il Giornale adottano sostanzialmente la stessa soluzione (richiamo con foto) con la differenza che La Repubblica lo propone non a piede di pagina bensí con piú evidenza (sia pure in una dimensione minore rispetto agli altri due) sopra la testata.

Anche il Corriere della Sera e L’Unità adottano la stessa soluzione (fotonotizia) con la differenza che L’Unità la propone con molta piú evidenza (sia pure di formato minore rispetto all’altra) nella parte alta della pagina e soprattutto come unica foto di quella parte.

Tutte e cinque le testate adottano la stessa foto con l’unica differenza che il Corriere della Sera la propone come seconda rispetto ad una diversa piú grande.

Analizziamo i titoli.

In tutti e cinque compaiono i vescovi: direttamente (Il Tirreno e Il Giornale) o come Cei, che sta ovviamente per Conferenza episcopale italiana (il Corriere della Sera, La Repubblica e L’Unità). Ma ognuno ha sfumature diverse.

Ad esempio Il Giornale, pur esprimendo lo stesso concetto del Tirreno («I vescovi: caro Nanni, troppo sesso», lo fa giocando sull’immagine proposta: «I vescovi a Moretti: “Tieni giú le mani”».

La Repubblica sottolinea un aspetto particolare rispetto agli altri, ovvero la proposta che sarebbe stata fatta dalla Cei agli attori di fare «obiezione alle scene di sesso».

Il Corriere della Sera propone in qualche modo il titolo meno forte riferendo di un’accusa di volgarità, mentre è L’Unità che fa la scelta piú forte, non solo come impaginazione, ma anche come titolo introducendo la parola «scomunica», che di per sé può non avere piú grande significato, ma evoca un concetto fortemente legato alla Chiesa (pari a quello di inquisizione) con un connotato fortemente autoritario destinato ad incidere (che uno ci creda o meno) sul destino della persona oggetto dell’intervento.

Il senso della notizia.

Al di là delle differenze d’impaginazione e di titolazione, si riscontra nelle cinque testate analizzate una sostanziale uniformità nel modo di proporre la notizia. Per cui ogni lettore di uno dei singoli giornali ha in ogni caso capito che c’è stato un intervento di condanna (o comunque molto critico) da parte dei vescovi circa una scena di sesso contenuta nel film CAOS CALMO. Al lettore, grazie ai modi semiologici di presentare la notizia, sono state «fatte capire» anche altre cose sulle quali ci soffermeremo piú avanti. Per ora ci interessa il senso della notizia. 

Le agenzie del giorno prima.

Ci si può anche domandare perché quel giorno tutti i giornali avessero quella notizia e la risposta sarebbe anche semplice (la vedremo subito), ma purtroppo è una di quelle domande che il normale lettore non si fa e in pochi, troppo pochi (noi fra questi), lo aiutano a farla e ad ottenere una risposta. Eccola.

Il giorno precedente, martedí 12 febbraio, sono uscite due agenzie di stampa, l’Ansa e l’Adnkronos che, rispettivamente, titolavano cosí: «Cinema: CAOS CALMO; Cei, scena di erotismo troppo pesante. Don Anselmi propone obiezione di coscienza attori in scene erotiche»; «Cinema: Cei, in CAOS CALMO scene erotiche volgari e distruttive. Don Anselmi, gli attori facciano “obiezione di coscienza”».

In realtà, il giorno prima ancora, lunedí 11, era già uscita un’altra agenzia, l’Agi, con la stessa notizia «Cinema: Cei boccia CAOS CALMO, “la scena erotica è pesante“». Ma pochi hanno preso in considerazione l’Agi perché, notoriamente, è un’agenzia specializzata soprattutto sul versante economico, mentre l’attendibilità dell’Ansa è generalmente superiore in ogni settore e l’Adnkronos è particolarmente attenta alle questioni ecclesiali soprattutto quando ci sono da cogliere gli aspetti polemici.

Quindi sui giornali hanno fatto breccia soprattutto le agenzie del 12 febbraio oltre ai telegiornali dello stesso giorno ispirati, ovviamente, da quelle stesse agenzie.

Tutte e tre le agenzie, all’interno del testo, spiegavano che le affermazioni a proposito di CAOS CALMO erano di don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei. Due spiegavano anche che si trattava di affermazioni contenute in una newletter inviata ai ragazzi italiani che si preparano alla Giornata mondiale della gioventú di Sidney

Nessuna verifica.

Ma i giornali non si sono preoccupati di riferirlo, si sono preoccupati di riprendere il senso dei titoli delle agenzie da cui è derivata la sostanziale uniformità dei titoli in pagina ed anche per quanto riguarda l’uniformità delle foto è bene sapere che le agenzie di stampa fanno anche questo tipo di servizio, quello fotografico, pur tenendo conto che nel caso specifico si tratta di un’immagine abbondantemente diffusa dalla produzione stessa del film. Certo è anche il fatto che nessuno è andato a leggersi il testo originale della newsletter di don Nicolò Anselmi utilizzata per mettere in bocca ai vescovi «bacchettoni» l’ennesimo «anatema» contro il sesso. Anche i commenti degli opinionisti o presunti tali di tutte le razze, è avvenuta sull’interpretazione dei giornali in base alle agenzie di stampa e non al testo originale. E pensare che quella lettera (di un non vescovo) era tutta in positivo, a partire dal titolo: «L’amore è una cosa meravigliosa».

Don Anselmi è vero non ha visto il film (e questo è un errore che lui stesso ha riconosciuto), ma nessuno ha precisato che nella lettera riferiva pareri espressi da un gruppetto di giovani e in particolare di una ragazza rimasta colpita dall’amore fatto «in piedi, vestiti, senza guardarsi in faccia». Nessuno ha riportato la frase centrale della lettera del sacerdote responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile: «La riflessione che vorrei fare non vuole essere legata né al film né ai due attori che peraltro riconosco essere grandi professionisti; vorrei solo invitare a riflettere sull’argomento. Lo sappiamo bene: fare l’amore è il gesto piú bello ed importante del mondo».

Operazione di marketing.

In questa vicenda, che ha tutta l’aria di un’operazione di marketing per promuovere il film dopo il battage iniziale proprio sulla scena di sesso, è passata in secondo piano (non certo sulla nostra rivista) la bestemmia che viene letta da Nanni Moretti. Ma questa sarebbe stata un’altra storia e i cattolici sarebbero stati meno attaccabili: un po’ di bon ton si può anche accettare. Meglio il sesso: su quello non si sbaglia.

Di conseguenza l’immagine emersa da questa vicenda è quella di una Chiesa sessuofobica con a capo vescovi censori. E l’uniformità con cui sono usciti quasi tutti i giornali testimonia che quando si tratta di attaccare la Chiesa, non ci sono divisioni, prevale una conformistica ideologia anticattolica, che spinge non solo all’errore (ad esempio la mancanza di verifiche) o a quella che potrebbe essere identificata come una bugia semiologica (l’attribuire ai vescovi affermazioni di un responsabile di un ufficio della Cei), ma addirittura alla falsità (ad esempio la scomunica).

Alla fine c’è da chiedersi cosa non si farebbe per promuovere un film (e un libro) e cosa non si farebbe per attaccare la Chiesa (e i cattolici)? 

Altri casi.

Vale la pena ricordare qui altri casi recenti come la rianimazione dei neonati prematuri confusa con l’aborto. Nessuno è andato a leggersi il testo originale sottoscritto all’inizio di febbraio da un gruppo di neonatologi.

In precedenza il caso del Papa e la Sapienza (vedi anche EDAV n. 356, gennaio 2008, p. 31) con citazioni decontestualizzate prese da Wikipedia, l’enciclopedia on line dove ognuno può aggiungere qualcosa.

Questo per quanto riguarda alcuni casi emblematici, evidenti, anche se non tutti sono in grado di coglierli. Ma ci sono anche casi molto meno evidenti come quelli presentati dalla ricerca dell’Osservatorio sulla comunicazione su «Il Family Day nella stampa italiana» dove emerge come alcuni giornali abbiano fatto dell’evento una lettura esclusivamente politica o istituzionale dando un’immagine clericale della Chiesa e del mondo cattolico, oppure una lettura politica con accentuazione delle divisioni e delle contrapposizioni.

I lettori di quei giornali non potranno avere un’idea diversa del «Family Day», non potranno mai sapere che ha avuto anche una dimensione popolare e valoriale.

Per i cattolici soprattutto si pongono alcuni interrogativi: sanno leggere quei giornali nel senso della lettura strutturale che li porti a cogliere l’idea esistenziale che sta dietro ogni notizia?; in ogni caso, su quali organi di stampa si creano la mentalità? E ancora di piú: come si concilia il cristianesimo con la cultura attuale? Male: sono forze contrapposte. E quindi non c’è alternativa alla formazione, a quella che padre Taddei, il nostro Centro e la nostra rivista predicano da anni, a quella a cui fa riferimento Benedetto XVI quando parla di emergenza educativa, alla creazione di cristiani che sappiano reggere l’urto, primo fra tutti quello dei mass media.

«Nuova evangelizzazione perché nuova cultura», diceva Giovanni Paolo II.

 


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