La cosiddetta «tv verità»: AMICI di Maria De Filippi, quale scuola?
di FLAVIA ROSSI
Edav N: 359 - 2008
La trasmissione «Amici», in onda su Canale 5 per il settimo anno consecutivo, si presenta come un reality il cui contenuto è incentrato sui risultati ottenuti dagli allievi nelle discipline dello spettacolo insegnate nella scuola (canto, ballo, recitazione).
Della «scuola» reale sono presenti tutti gli ingredienti: gli insegnanti (esperti nelle discipline predette); le classi (corrispondenti alle squadre blu = i blu e bianca = i bianchi); gli allievi (giovani di entrambi i sessi selezionati e accolti nella scuola in base alle potenzialità che la commissione degli insegnanti ha preventivamente intravisto, secondo criteri che non sono noti al pubblico); le materie (canto, ballo, recitazione); le prove e i giudizi da cui dipendono la promozione (si resta nella scuola) o la bocciatura (si deve lasciare la scuola); la borsa di studio (all’unico vincitore sarà assegnato un premio in denaro di 300.000 euro); l’edificio scolastico con l’aula destinata alle prove (lo studio televisivo stesso, con una scenografia che rappresenta lo spazio-aula in forma di un palcoscenico-ring, al centro, un lungo banco dietro al quale siedono gli insegnanti davanti ai quali si esibiscono gli allievi, e un emiciclo a gradinate sulle quali siede il pubblico che assiste) e le aule destinate alla didattica (attrezzate con le strumentazioni e le tecnologie che le singole discipline richiedono). Gli allievi vestono una sorta di divisa, tutta bianca o tutta blu, a seconda della squadra-classe di appartenenza, con il logo della scuola ben visibile sul petto (i caratteri, la grafica e l’orientamento della parola «Amici» con l’evidente sottolineatura ricordano quelli della Coca Cola). Il ruolo della conduttrice Maria De Filippi, può essere vagamente apparentato a quello del direttore o preside della scuola stessa.
L’elemento che non trova alcuna corrispondenza con l’esperienza di una «scuola» reale è quello della presenza costante di un pubblico, sia durante le prove ufficiali nel cosiddetto serale, sia durante le messe in onda pomeridiane.
Risulta evidente innanzitutto che il pubblico presente in sala è esso stesso stato selezionato (si può ragionevolmente ipotizzare un vero e proprio casting attraverso il quale è stato costruito il gruppo pubblico, diviso in due sottogruppi, ognuno corrispondente a una tifoseria di squadra-classe. All’interno di esso si distinguono ruoli principali (persone con maggiore visibilità, tanto nello spazio scenico perché seduti nelle prime file, o piú insistentemente inquadrati, quanto perché messi in condizione di intervenire piú spesso di altri), ruoli secondari e comparse.
Nel caso del serale, al pubblico è consentito praticamente tutto, tranne interagire direttamente con gli allievi e gli insegnanti: dall’applauso di approvazione all’urlo di protesta, dal commento rumoroso alla contestazione dei giudizi degli insegnanti, dall’esposizione di cartelli al lancio di oggetti quali pupazzetti, biglietti, poster, ecc..
Nel caso del pomeridiano, oltre a quello già indicato per il serale, sono previsti, perciò sollecitati dalla conduttrice, momenti di interazione fra persone del pubblico (praticamente sempre le stesse, con qualche eccezione) allievi e insegnanti: membri delle due tifoserie intervengono dibattendo, commentando e piú spesso litigando con gli allievi della classe-squadra antagonista e, all’occorrenza, anche con gli insegnanti. L’aggressività è la marca dominante di questi interventi. In alcuni casi si arriva persino all’insulto. I toni sono sempre accessi. Le voci alterate, anche perché, nonostante i microfoni, le parole faticano ad arrivare, non essendoci mai silenzio e attenzione durante queste esternazioni. A ciò si aggiunga che l’aggressività degli allievi chiamati in causa è perfettamente speculare a quella del pubblico. Non si sa bene se sia la prima a provocare la seconda, o la seconda a scatenare la prima. Sta di fatto che la critica non solo non è quasi mai accettata, ma il discorso viene sempre interrotto e, per partito preso, colui che critica è definito prevenuto o incapace, quando addirittura non viene offeso per caratteristiche fisiche o anagrafiche.... Gli allievi mostrano, nella gran parte dei casi, supponenza o disprezzo per chi non li approva e non nascondono il loro disappunto e astio con espressioni e gesti piú che espliciti. Per intenderci, in una scuola «reale» non dovrebbe mai essere tollerato un comportamento del genere perché che cos’è la scuola se non, prima di tutto, un luogo di educazione in tutti i sensi? Ma evidentemente gli autori del programma vogliono garantire una buona dose di «scena» e quindi di «spettacolo» nella scuola ed è legittimo arguire che tutto ciò sia non il frutto di una casualità ma di una autentica intenzione (non diremo tanto una sceneggiatura, ma almeno una serie di indicazioni o suggerimenti)....
C’è ancora da precisare che gli allievi vivono, a squadre-classi separate, in una «casa» esattamente come ne «Il grande fratello». Tale «casa» è situata all’interno della scuola, a stretto contatto con le aule didattiche. L’aula del serale, dai modi semiologici della trasmissione, sembrerebbe invece trovarsi in un altro luogo (lo studio televisivo propriamente detto), luogo che deve perciò essere raggiunto in pulmino (una sorta di scuola-bus). Anche durante questi tragitti (sia di andata che di ritorno) vengono effettuate riprese. Ogni situazione o momento anche personale è dunque regolarmente «spiato» (con piena conoscenza degli allievi) da telecamere, dalle registrazioni delle quali vengono sistematicamente selezionate e montate alcune sequenze. Queste diventano gli RVM che vengono mandati in onda durante le trasmissioni. Nei momenti di «intimità di continuo vigilata» gli allievi della squadra-classe sono «liberi» di dire e atteggiarsi come vogliono. Piú di una volta si sono autodefiniti «sinceri», ma, c’è stato anche chi ha accusato i compagni della squadra avversaria di «fingere». Negli RVM sembra di poter notare una totale assenza di freni: gli allievi si lasciano andare a critiche non di rado spietate sui compagni e sugli insegnanti sia della squadra avversaria (che divergono solo per la disciplina di canto), sia comuni ma con i quali il rapporto non è buono per vari motivi; si lanciano anche in imitazioni degli stessi o degli esperti ospiti delle serate ufficiali, e in battute sarcastiche e ironiche di ogni genere. Sono questi, evidentemente, momenti «forti» dal punto di vista dello spettacolo e il fatto che vengano non solo tollerati tali atteggiamenti e comportamenti, ma addirittura che ne vengano lanciati di continuo come insert nel corso delle trasmissioni in forma di RVM la dice lunga sulle consegne di natura comportamentale-pedagogica da parte degli autori del programma. Non ci si può non chiedere: dove finisce la sincerità e comincia la consapevolezza che si può ottenere piú attenzione se le si spara sempre piú grosse? Attenzione, si badi bene, non solo da parte di chi è in trasmissione (pubblico delle tifoserie e insegnanti), ma anche da parte di chi segue la trasmissione da casa: si consideri che il pubblico televisivo può esprimersi sui candidati col tele-voto (la formula è piú che sperimentata. Si pensi per esempio al Festival di Sanremo o a Miss Italia. In genere chi vince grazie al pubblico da casa non avrebbe vinto se il giudizio fosse stato affidato unicamente agli «esperti» o ospiti presenti in sala, perché, ancora una volta, un conto è l’esperienza vissuta direttamente, altro è l’immagine dell’esperienza...).
Il giudizio formulato col tele-voto è evidentemente sempre frutto di tutti i momenti della trasmissione, sia a livello di cosa che a livello di come, e non può non essere che condizionato da quanto è mostrato oltre che dal modo in cui è mostrato. Quello che si induce nel pubblico di casa, vero e proprio giudice massimo delle sorti degli allievi, piú importante di gran lunga del giudizio degli insegnanti e degli esperti (piú di una volta infatti il giudizio degli stessi è stato completamente rovesciato dal tele-voto) è il risultato, influenzato dal comportamento del pubblico presente in sala, prodotto dalla spettacolarizzazione, dalla costruzione del format e dalla totale assenza di distanziazione che potrebbe, se non garantire, almeno indurre a un giudizio meno istintivo e emozionale.
Tutto questo gli autori della trasmissione lo sanno bene e c’è il motivato sospetto che pure gli allievi, o la maggior parte di loro, lo sappiano.
Un capitolo a parte merita l’atteggiamento degli insegnanti. Si potrebbe dire che in alcuni casi sembrino piú infantili, dispettosi e immaturi dei loro stessi alunni: l’aspetto piú disarmante è quello della rivalità con i colleghi della stessa materia, rivalità che si esplicita in vari modi: criticano duramente gli alunni degli altri ma sono molto indulgenti coi propri; partecipano a scenette o cori in cui prendono in giro la squadra avversaria; litigano in trasmissione, e, soprattutto, non accettano il giudizio degli esperti ospiti «super partes» della trasmissione. L’esempio piú eclatante riguarda il ballo. Gli insegnanti della scuola per questa materia sono quattro, di formazione e posizioni anche teoriche molto diverse fra loro. Gli allievi lavorano con tutti e quattro. Al serale è presente spesso il celebre ballerino e coreografo G. Iancu, al quale oltre che la competenza e la esperienza non manca la sincerità. Capita spesso che un giudizio di questi sia contestato, nell’ottica devastante della cosiddetta «soggettività» da parte di tre insegnanti della scuola, uno dei quali, soprattutto, sembra volere difendere per partito preso proprio l’alunna che è meno dotata e paradossalmente piú presuntuosa. Questa poi, forte della difesa del «suo» insegnante, si è una volta addirittura permessa di definire il Maestro Iancu «questo qui» e di contestarlo senza mezzi termini in trasmissione, sostenuta dalla sua tifoseria. La tesi è sempre quella che il giudizio è «soggettivo», perciò è opinabile. È anche capitato che l’intervento del Maestro Iancu sia stato punteggiato dal grido della tifoseria «Fuori! fuori!»[Sic!].
La scuola di «Amici», considerata qui esclusivamente sotto il profilo del modello educativo di fatto proposto, risulta quindi estremamente «diseducativa». È innanzitutto probabile che i giovani telespettatori a casa, considerando questo «reality-school» sovrapponibile alla «scuola reale», finiscano per eleggerlo a modello di didattica e di pedagogia: di scuola.
Oltre a ciò la trasmissione fa passare l’idea che si può contestare tutto e tutti, che la competenza può essere meno importante della faccia tosta, che la furbizia è piú importante della serietà, che il rispetto non è necessario. Quello che importa veramente è, a partire da una passione per una forma artistica, il proprio ostinato desiderio di raggiungere il successo nel mondo dello spettacolo. È soprattutto in questo che la trasmissione ha un’enorme responsabilità: far credere che basti andare in Tv, avere un pigmalione con i suoi contatti e la sua spintarella per sfondare è non solo sbagliato e illusorio ma anche falso. La verità è che anche per entrare nel durissimo mondo dello spettacolo bisogna studiare, studiare tanto, farsi plasmare dalla materia e avere la fortuna di incontrare degli insegnanti veri, quelli che, per rubare la parola al filosofo Giuseppe Pirola, «sappiano rendersi inutili nel minor tempo possibile», dopo essere stati evidentemente utilissimi. Sulla scorta dell’immagine dell’insegnante che la trasmissione veicola, la figura del docente è invece deprivata della sua specifica valenza: il che gli impedisce di rendersi «inutile nel piú breve tempo possibile», non essendo mai stato considerato utile.
Di scuola vera e di insegnanti veri, con buona pace di tutti, c’è e ci sarà sempre bisogno. Di certi amici forse un po’ meno....