QUANDO LA NOTIZIA NON È UGUALE PER TUTTI
di ANDREA FAGIOLI
Edav N: 346 - 2007
Lunedí 31 luglio 2006. Primo giorno di ferie per molti. Voglia di letture da ombrellone. Saltando a piè pari le pagine d’economia e, perché no?, anche quelle di cultura, andiamo a leggerci qualcosa di leggero sugli spettacoli. Ma, ohibò, il principale quotidiano italiano torna sul sanguinolento film di Mel Gibson, LA PASSIONE DI CRISTO. Possibile? In piena estate? Leggiamo bene il titolo: «Gibson antisemita pericoloso. Hollywood lo deve boicottare». Un virgolettato! Andiamo a vedere chi lo dice, perché nel sottotitolo non è chiaro («In Usa la rabbia delle associazioni ebraiche. L’ambasciatore Gol: avevo ragione»). Scorrendo l’articolo a firma di Matteo Persivale s’incontra il rabbino Abraham Foxman, che «ieri ha chiesto a Hollywood di pensare bene a quel che fa, se davvero vuole ancora Gibson tra le sue star o se non meriti forse un boicottaggio». Dunque è Persivale che ricostruisce l’ipotesi, ma senza riportare dichiarazioni dirette. Allora, perché il virgolettato del titolo? Ma soprattutto, perché dedicare l’apertura a tutta pagina della prima spettacoli del Corriere della Sera (foto 1) per una notizia (l’arresto di Mel Gibson in stato di ubriachezza) che molti quotidiani hanno liquidato in una breve? Si veda ad esempio un quotidiano nazionale come Avvenire (foto 2) e uno locale come Il Tirreno (foto 3). E ancora: perché il Corriere in questi tre quarti di pagina non dice che il regista è stato rilasciato dopo il pagamento di una cauzione di 5mila dollari? E poi perché quella grande foto a colori con l’attore-regista dall’espressione truce e la didascalia che dice che «Gibson è cattolico anticonciliare ma il suo film è stato apprezzato dal Vaticano»?
Il perché va ricercato nella particolare sensibilità del Corriere della Sera per il mondo ebraico, che tradotto e volgarizzato significa stare dalla parte delle lobby ebraiche. Basterebbe contare le volte che in un anno si trova la Shoah sulle pagine di cultura, oppure le polemiche contro Pio XII e ancora, piú di recente, l’assillante questione dello scrittore tedesco Gunter Grass che ha confessato di essere appartenuto alle SS quando aveva 17 anni. Sfogliare per credere.
Ma torniamo a Mel Gibson la cui incriminazione viene data, il 4 agosto, allo stesso modo dal Corriere della Sera (foto 4) e dagli altri due quotidiani presi in considerazione: Avvenire (foto 5) e Il Tirreno (foto 6). Segno che questa notizia, per il Corriere è molto meno importante dell’altra (cosí come il rilascio dopo cauzione a cui si accennava prima). Meno importante perché il far sapere che è stata fatta giustizia può ridurre l’astio nei confronti dell’attore-regista, che invece resta forte se lo si sa colpevole e addirittura impunito.
Si arriva, infatti, al 18 agosto con la notizia della condanna a tre anni che il Corriere (foto 7) mette di spalla su una colonna in una pagina interna mentre La Repubblica, oltre a darla a tutta pagina (foto 8), la richiama in prima (foto 9).
Rimaniamo al confronto tra i due principali quotidiani italiani per notare due notizie contrapposte a proposito dello stesso evento, per di piú verificabile da decine di migliaia di tifosi, almeno tanti quanti i presenti allo stadio di Parigi, nel settembre scorso, per la partita di calcio Francia-Italia, la prima tra le due nazionali dopo la finale dei Mondiali di Germania. «Serata di rivincita con fischi all’inno», titola La Repubblica (foto 10); «Nessun fischio all’inno italiano», scrive il Corriere della Sera (foto 11). Capite che non è la stessa cosa: ci sono stati o non ci sono stati questi fischi?
Andiamo avanti con un altro esempio: all’inizio di ottobre esce la notizia di un giovane morto su un’auto di grossa cilindrata subito dopo aver preso la patente.
In quel caso alcuni giornali scrivono che festeggiava la patente con la Maserati del padre, altri, invece, che festeggiava la patente con la Maserati avuta in regalo dal padre . Capite che non è la stessa cosa.
Contraddizioni di questo tipo si possono riscontare anche all’interno dello stesso giornale e addirittura tra articoli sullo stesso argomento uno accanto all’altro. Prendiamo il caso cosiddetto della «prof a luci rosse», quello di Nova Milanese dell’ottobre scorso. Premetto che aspettiamo di sapere la verità. La storia non convince per niente. Le contraddizioni sono tante e tali che non ci sarebbe da meravigliarsi di nulla. Deprecando il fatto che uno viene subito messo alla gogna senza riscontri oggettivi e con lui o lei anche la comunità alla quale appartiene (in questo caso un paesino del Molise), se qualcuno ha letto il 15 ottobre gli articoli in proposito sul QN (ovvero l’inserto nazionale comune a La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino), si sarà accorto che in un articolo la professoressa è descritta con caschetto biondo e occhi chiari... e nell’altro: castana, formosa... ma bruttarella.... Capite che non è proprio la stessa cosa.