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L'AMORE GIOVANE



Regia: Ethan Hawke
Lettura del film di: Eugenio Bicocchi
Edav N: 348 - 2007
Titolo del film: L'AMORE GIOVANE
Titolo originale: THE HOTTEST STATE
Cast: regia, sogg., scenegg.: Ethan Hawke – tratto dal romanzo dello stesso regista «Stato di eccitazione» (Feltrinelli, 1997) rieditato come «Amore giovane» (Sonzogno, 2004) – fotogr.: Chris Norr – mus.: Jesse Harris, Norah Jones, Willie Nelson – mont.: Adriana Pacheco – scenogr.: Rick Butler – cost.: Catherine Marie Thomas – interpr.: Mark Webber (William Harding), Greta Gaines (Faye), Laura Linney (Jesse), Frank Whaley (Harris), Lynn Cohen (madre di Harris), Alexandra Daddario (Kim), Sonia Braga (sig.ra Garcia), Ethan Hawke (Vince), Catalina Sandino Moreno (Sarah), Michelle Williams (Samantha), Glen Powell Jr. (John Jaegerman), Cherami Leigh (Danielle), Jesse Harris (Dave Afton), Daniel Ross (Vince giovane), Anne Clarke (Jesse giovane), Matt Jade (capo cameriere), Lee Miller (barista), Josh Zuckerman, Lara Theodos, Iraida Polanco, Nick McDonnel – durata: 117’ – colore – produz.: Entertainment Farm (Ef) K.K. – origine: USA, 2006– distrib.: Mikado (23.3.2007)
Sceneggiatura: Ethan Hawke
Nazione: USA
Anno: 2006
Presentato: 63. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2006 - In Concorso

Il film è tratto dal romanzo omonimo dello stesso regista (pubblicato in Italia col titolo Amore giovane) e, secondo le sue dichiarazioni, ha una grossa componente autobiografica. 

A New York, William Harding, un ventenne texano, all’inizio della carriera di attore cinematografico, incontra, per caso in un bar, Sara Garcia, una giovane promettente cantautrice originaria del Conneticut, innamorandosene subito.

Dato che sono tutti e due single, con un appartamento a testa, William propone, con insistenza, a Sara di coabitare nel suo. Con una certa reticenza, perché, invero, vorrebbe starsene per conto proprio, la ragazza accetta.

La convivenza, nella stessa abitazione, avvicina i due giovani sotto il profilo psicologico e fa evolvere la naturale reciproca attrazione fisica in giochi erotici (non molto diversamente, si potrebbe postillare, dal detto popolare italiano, «maschio e femmina in picciol loco sono come paglia e foco»).

Sara si sente sempre piú coinvolta nella relazione, che non arriva, tuttavia, a un rapporto sessuale completo, perché lei ha il timore (inspiegabile a questo punto della vicenda) che tale evento possa farla innamorare proprio di William.

Nonostante questa ritrosia, Sara presenta a William, sua madre che vive sola nel Conneticut, abbandonata dal marito.

In questa circostanza la ragazza svela un precedente amore dall’esito infelice e dolorosissimo. È evidente, allora, che ella ha una ferita aperta.

William, dal canto suo, sempre piú innamorato di Sara, la invita a seguirlo nel Messico, dove è impegnato, come attore, nella realizzazione di un film, tratto dall’opera teatrale Camino Real di Tenessee Williams.

In Messico, tra suggestioni esotiche e atmosfere «musicali», i due, alloggiati in un albergo, arrivano alla completa intimità (la voce fuori campo di William, commentando a posteriori quel periodo, ricorda che tutta la stanza odorava di sesso). Sembrano avverarsi le parole di Sara circa il fattore scatenante l’innamoramento. Le parole d’amore che i due si rivolgono sono uguali e reciproche.

Esaltati dalla passione, entrano in una chiesa deserta e celebrano, a modo loro, una sorta di rito nuziale. Sara si fa promettere che se qualcosa andasse storto nel loro rapporto, William la rincorrerebbe e la costringerebbe a baciarlo. Naturalmente William promette.

Sono momenti di grande felicità per entrambi.

Ma Sara deve fare ritorno a New York per i suoi impegni musicali, mentre William deve restare in Messico per le riprese del film.

Dopo circa un mese anche William ritorna, trovando, però, sorprendentemente e inaspettatamente, molto fredda e distaccata la sua ragazza. Egli tenta di scaldare l’ambiente raccontando una barzelletta che è proprio quella sui due frati, che suo padre, prima ancora della sua nascita, aveva iniziato a dire alla sua futura madre.

Il tentativo fallisce, come falliscono altri gesti di ri-corteggiamento. Sara è irrevovibile: «Non voglio un fidanzato».

William è disperato in modo inconsolabile, al punto che anche la sua precedente ragazza, Samantha, una bellissima bionda (piú affascinante, senza dubbio, di Sara), desiderosa di riconquistarlo ad ogni costo e senza alcuna inibizione, non rappresenta nulla per lui.

Rivoltosi alla madre, nel giorno del suo ventunesimo compleanno, riceve da questa, oltre a qualche disincantato consiglio, il numero di telefono del padre che non vede dall’età di otto anni e che risiede nel Texas.

In un colloquio molto franco col padre, comprende che quell’uomo, nell’ammissione della propria mancanza di responsabilità verso di lui, cerca di fargli capire che nella vita e soprattutto nelle questioni sentimentali ognuno tenta – come può – di trovare una propria identità e cercare una soluzione.

Nell’ultima scena William è alla guida di un’automobile, ormai consapevole che il senso della sua esistenza dipende solo da lui, mentre sui sedili posteriori sua madre è nelle braccia di un giovane amante.

Il RACCONTO cinematografico è basato sulla frantumazione dell’ordine temporale. La presenza della voce fuori campo del protagonista che parla del suo recente passato (il ventesimo anno, cosí carico di novità e di soffferenza) è un primo elemento che caratterizza, in maniera retrospettiva, la narrazione. Si potrebbe già dire che la storia è raccontata in flashback. Ma non basta. Dentro quel macro flashback ce ne sono altri minori. Una tale caratteristica del racconto rivela in modo evidente l’intenzione non solo di esporre una storia, ma anche il progetto di riflettere e, in un certo senso, commentare tale storia. Una simile intenzione è di tipo tematico. La tematica toccata riguarda il ruolo che le vicende amorose hanno nella costruzione di una propria identità. C’è una frase di Sara che si riferisce all’irrobustimento che è avvenuto in lei nel vivere il dolore di un grande amore. William, lí per lí, non capisce quelle parole ed ha una reazione violenta. Eppure, sembra dirci il regista, William, dopo l’immediata disperazione per il fallimento del suo rapporto d’amore con Sara, anche lui, farà una conquista di sé.

Sempre all’interno di questa tematica, come idea parziale, c’è la constatazione che uomini e donne corrono gli uni nelle braccia delle altre, ma, poi, quel rapporto non è destinato a durare. I genitori di Sara sono separati. I genitori di William sono egualmente accompagnati con altri partners. La relazione – quasi matrimonio (vedi chiesa in Messico) tra William e Sara – ha una fine.

Nell’amore tra maschio e femmina – forse cosí potrebbe essere una delle formulazioni dell’idea centrale – c’e una forza straordinaria che attraendo dà gioia, ma, soggetta alla complessità della psiche umana, non è destinata a durare nel tempo, con uno strascico di sofferenza indicibile, dalla quale la struttura psicologia dell’individuo esce tuttavia piú consapevole di sé. In altre parole: la maturazione è favorita, o, addirittura, in certi casi, passa attraverso le pene d’amore.

È una tematica interessante, anche se, nella realtà della comunicazione filmica alcuni elementi ne riducono la portata.

Il primo fattore negativo è l’eccesso di spettacolarizzazione. Il regista insiste molto sulle scene erotiche e di sesso, oltre la funzionalità comunicativa. È vero che lui potrebbe giustificarsi dicendo che prima di tutto un’opera cinematografica deve farsi vedere e recuperare gli investimenti. Potrebbe, quindi, dire: lo spettatore interessato alla tematica, segua il filo del discorso ed elimini in una specie di operazione di ri-montaggio ideale i passaggi eccedenti. Il guaio è che il film idealmente ri-montato è solo nella testa dello spettatore che «rifa» il film. Il film vero non è rimontato e resta quello che è.

Il secondo elemento di debolezza è dato dalla pesante tara letteraria. Con questo termine si intende non tanto l’eccesso di parlato in sé (ci sono dialoghi su dialoghi), quanto il fatto che il parlato toglie «la parola» all’immagine. Breve: il parlato «parla» e l’immagine spesso parcheggia l’occhio. Si pensi, per esempio, al dialogo tra William e Sara fuori dal bar. I protagonisti dialogano e la camera con un carrello a precedere cerca di far passare il tempo necessario.

Anche le scene piú strettamente di sesso sono eccedenti e ridondanti. Tempo perso e sottratto al rafforzamento della tematica. (Eugenio Bicocchi)

 


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