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Regia: Joachim Lafosse
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 348 - 2007
Titolo del film: PROPRIETÀ PRIVATA
Titolo originale: NUE PROPRIÉTÉ
Cast: regia: Joachim Lafosse – scenegg.: Joachim Lafosse, François Pirot – fotogr.: Hichame Alaouié – mont.: Sophie Vercruysse – scenogr.: Régine Constant, Anna Falguères, Sabine Riche – cost.: Nathalie du Roscoat – interpr.: Isabelle Huppert (Pascale), Jérémie Renier (Thierry), Yannick Renier (François), Patrick Descamps (Luc), Kris Cuppens (Jan), Raphaëlle Lubansu (Anne), Didier de Neck (Sig. Declerc), Dirk Tuypens (Dirk), Sabine Riche (Gerda) – durata: 92’ – colore – produz.: Tarantula Belgique, Mact Productions, Tarantula Luxembourg, Rtbf – origine: BELGIO, FRANCIA, LUSSEMBURGO, 2006 – distrib.: BIM (16.3.2007)
Sceneggiatura: Joachim Lafosse, François Pirot
Nazione: BELGIO, FRANCIA, LUSSEMBURGO
Anno: 2006
Presentato: 63. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2006 - In Concorso
Premi: MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA SIGNIS (EX AEQUO CON IL FILM"DARATT") ALLA 63a MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA, VENEZIA 2006

È la storia di Pascal, una donna divorziata da anni, rimasta in casa con i due figli (gemelli) di circa venti anni: nel tran tran della vita della donna che scorre su binari ormai conosciuti (mentre il marito si è risposato ed ha avuto un altro bambino), ha la precedenza l’accudire i figli che alla loro non piú tenera età non sanno ancora badare a se stessi, neppure sotto il profilo economico. Nella vita di Pascal entra un uomo, Jan, che abita accanto a lei e del quale diventa l’amante: con quest’uomo riapre la «scatola dei sogni» e comincia a costruire per se e per il suo nuovo compagno, un futuro che la vede come proprietaria di un piccolo ristorante vicino alla Stazione, con annesse 5 o sei camere.

Condizione essenziale per andare avanti nei progetti per il futuro è la vendita della casa di famiglia, dove abitano Pascal e i figli, il cui ricavato servirebbe per l’acquisto dell’altro stabile nel quale andare a vivere con Jan. Strano ma vero, i piú contrari a questa operazione sono i gemelli, François e Thierry, con quest’ultimo particolarmente scatenato contro la madre che lui accusa di un sacco di malefatte.

Una cena alla quale partecipa anche Jan, organizzata per vedere di far capire ai due giovani le esigenze della madre, non porta a niente ed anzi, acuisce il divario tra Pascal e Thierry, tant’è vero che Jan la consiglia di «non mettersi contro i figli» e in pratica prende le distanze da lei e dai loro progetti futuri.

La donna rischia di andare fuori di testa e, per questo motivo decide di allontanarsi da casa e recarsi da un’amica per qualche giorno; si rivolge anche al marito – che durante la vicenda della casa aveva soffiato sul fuoco – per pregarlo di «dare un’occhiata» ai figli, come si direbbe, e lui risponde che dove abita lo sanno, se hanno bisogno si facciano vivi loro.

Mentre Pascal cerca di rilassarsi con il bambino dell’amica, in casa i due gemelli fanno le scintille: François accusa il fratello di essere stato la causa dei malesseri della madre e quest’ultimo rigetta in pieno le accuse, calcando la mano su presunte manchevolezze della donna: comunque nessuno dei due ha il coraggio di telefonarle.

L’ennesima litigata sfocia in una lotta corpo a corpo, dalla quale François esce malconcio, andando a fracassare un tavolino di vetro e facendosi molto male (anche se il regista non ce lo fa piú vedere e non c’informa delle sue condizioni fisiche che, comunque appaiono gravi).

Il film termina con una carrellata sulla casa (per la prima volta la vediamo completamente, in quanto viene ripresa l’intera facciata) e da questa carrellata si continua, si imbocca la strada che porta alla provinciale e si va via: dove? Non viene detto! Chi va via? Non viene precisato!

L’opera privilegia l’aspetto di vicenda, ma ha al suo interno un paio di ideuzze che, pur non confluendo in una tematica sufficientemente chiara, rivestono un qualche interesse.

La prima è il carattere dei due gemelli: l’autore non lo sottolinea in modo marcato, ma accenna chiaramente che la separazione tra i due coniugi è alla base di questa loro forma di difficoltà caratteriale dalla quale nasce l’intera storia; i continui litigi che ancora adesso, nonostante gli anni trascorsi, avvengono tra Pascal e il marito alla presenza dei figli, oltre a metterli in imbarazzo, li portano a «scegliere» il campo in cui stare, il genitore a cui «dare ragione» ed altre piacevolezze del genere.

Ed anche la seconda idea parziale fa perno sul divorzio e sulla condizione precaria che ne segue, per mostrare Pascal e i figli cosí poco uniti, da sfasciarsi alla prima onda d’urto che, nello specifico è rappresentata dalla possibile vendita della casa, quella casa in cui, ormai, dopo le prime avvisaglie della ricerca di autonomia da parte di Pascal, la rivalità gemellare dei due figli è lo specchio della rivalità irrisolta dei genitori.

E c’è un chiaro accenno anche alla mancanza di «autonomia» dei tre abitanti della famosa casa: nessuno è libero, nessuno ha una propria autonomia operativa e la prima volta che uno di loro ci prova (Pascal con Jan) scoppia il finimondo; i tre sembrano «condannati» a stare insieme pur non sopportandosi a vicenda!

Da notare, comunque che la fine del film, con quella casa abbandonata e con quella strada inquadrata in primo piano, potrebbe anche significare una riconsiderazione del ruolo che finora ha avuto l’abitazione per i tre (o forse due) abitanti, i quali avranno modo evidentemente di riconsiderare la validità o meno dei legami che li hanno tenuti uniti e, se del caso, riallacciarli, magari su basi nuove.

Per concludere, ci trovo anche un richiamo alle situazioni che scaturiscono dai divorzi: poiché i rapporti tra i coniugi ben difficilmente raggiungono toni e caratteri di civiltà e di completa partecipazione alla vita interiore dei figli, questi eccessi che il film narra in forma di archetipo, discendono da casi realmente accaduti che sono molti di piú di quanto si pensi: e chi ci rimette sono i figli e il coniuge che non si ricostruisce una nuova vita.

La costruzione e la narrazione dell’opera è indubbiamente molto buona, specialmente per quanto riguarda la direzione degli attori e l’uso sapiente della macchina da presa; di rilievo – tra gli interpreti – la performance di Isabelle Huppert che costruisce una sofferta Pascal, presa tra i due fuochi della propria autonomia e della vita dei figli; ma anche i due giovani – veramente «gemelli» nella vita reale – danno prova di eccellente talento e di grande duttilità ai voleri registici. (Franco Sestini)

 


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