LA VOLTAPAGINE
Regia: Denis Dercourt
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 348 - 2007
Titolo del film: LA VOLTAPAGINE
Titolo originale: LA TOURNEUSE DE PAGES
Cast: regia: Denis Dercourt – scenegg.: Jacques Sotty, Denis Dercourt – fotogr.: Jérôme Peyrebrune – mus.: Jérôme Lemonnier – mont.: François Gédigier – scenogr.: Antoine Platteau – cost.: Valérie Massadian – interpr.: Catherine Frot (Ariane Fouchécourt), Déborah François (Mélanie Prouvost), Pascal Greggory (Jean Fouchécourt), Xavier de Guillebon (Laurent), Christine Citti (Signora Prouvost), Clotilde Mollet (Virginie), Jacques Bonnaffé (Signor Prouvost), Antoine Martynciow (Tristan Fouchécourt), Julie Richalet (Mélanie Prouvost bambina), Martine Chevallier (Jackie Onfray), André Marcon (Werker), Michèle Ernou (Monique), François Guillaume (Medeco), Danièle Renaud (Infermiera), Julie Primot (Venditrice di abiti), Arièle Butaux (Presentatrice radio) – durata: 85’ – colore – produz.: Diaphana, France 3 Cinema, Les Films A Un Dollar – origine: FRANCIA, 2005 – distribuz.: MIKADO (09-02-2007)
Sceneggiatura: Jacques Sotty, Denis Dercourt
Nazione: FRANCIA
Anno: 2005
Presentato: 59. Festival di Cannes, 2006 - Sezione "Un Certain Regard"
È la storia di Mélanie, una pianista giovanissima, frustrata al primo impegno serio della sua vita artistica: a dieci anni si presenta ad un concorso per essere ammessa al Conservatorio e, disturbata da un commissario d’esame (Ariane, celebre pianista) che si mette a firmare un autografo, perde la concentrazione e sbaglia l’esecuzione del suo brano, venendo cosí bocciata; prima di uscire in lacrime insieme alla madre dalla sala di attesa del Conservatorio, cerca di tranciare le dita ad un altro giovanissimo concorrente, facendo cosí intravedere il carattere vendicativo della bambina. La ritroviamo una diecina di anni dopo, partecipare ad uno stage nello studio di un celebre avvocato, Fouchécourt, e mettersi in luce per la disponibilità e la dedizione che mostra nell’espletamento del proprio lavoro; è cosí che il professionista le chiede di trascorrere un fine settimana nella sua villa accudendo il figlio, Tristan, mentre lui e la moglie sono in viaggio: la ragazza accetta e, sorpresa delle sorprese (per noi, ma non per Mélanie), nella villa dell’avvocato troviamo la di lui moglie che poi è Ariane, la celebre pianista che ha rovinato la vita artistica alla fanciulla. A questo punto – come è facile intuire anche per noi spettatori – la vita e le attività di Mèlanie sono votate alla vendetta: inizia a farsi amica con Ariane, la quale appare già in grave crisi esistenziale dal momento in cui un fortuito incidente automobilistico l’ha tenuta lontana dalle scene: ne diventa amica, anche con qualche ammiccamento di carattere sessuale, ne carpisce la fiducia diventando la sua «voltapagine», mestiere delicatissimo che va a sommarsi alla fragilità dell’interprete nelle fasi che precedono il concerto e durante la sua esecuzione; la presenza della ragazza ridona fiducia in se stessa ad Ariane ed infatti la sua carriera sembra rifiorire, fino ad una magistrale interpretazione di un brano musicale realizzata insieme ad altri due concertisti.
Mélanie non si limita a «sedurre» la madre, ma dedica la sua attenzione anche al figlio, pure lui pianista in erba ma già pieno di talento, imponendogli dei ritmi di esecuzione che ancora non sono nelle sue corde e rovinandogli cosí i tendini della mano sinistra.
Arriviamo al concerto decisivo per Ariane; è presente un ricco americano che – se soddisfatto – finanzierebbe una tourné del trio; l’atmosfera tra gli esecutori è comprensibilmente elettrica: all’improvviso scompare Mèlanie, lasciando Ariane quasi in preda ad una crisi isterica; la voltapagine viene sostituita da un’altra ragazza, ma alla pianista manca la vicinanza e la sicurezza che le veniva dalla presenza dell’amica. L’esecuzione è un fiasco clamoroso e l’americano non resiste neppure fino al termine del brano, andandosene via in silenzio; lo sgomento tra i musicisti è grandissimo, acuito anche dal fatto che il loro agente li pianta in asso decretando cosí la fine del piccolo complesso. All’uscita dal teatro Ariane trova vicino alla sua auto Mélanie che si limita a chiederle scusa dell’accaduto e, inspiegabilmente, viene perdonata: le due donne tornano alla villa dove iniziano i preparativi per l’ultima serata di Mèlanie che la mattina successiva ha deciso di tornare a casa; ad Ariane chiede una sola cosa, un autografo da apporre su una foto della pianista, la quale le dedica un pensiero dal quale appare chiaramente «l’amore» che riversa sulla giovane amica.
La foto con l’infuocata dedica finisce tra la posta del marito che rientra da un lungo viaggio e cosí lui scopre la tendenza della moglie che cade svenuta: in conclusione la famiglia è distrutta, con la moglie ridotta in pezzi dall’abbandono e dal disprezzo del marito, il quale è altrettanto colpito negativamente, mentre il figlio Tristan sembra non piú in grado di suonare per la disfunzione verificatasi al tendine del braccio.
Il film si divide in tre parti, la prima delle quali è rappresentata dall’infanzia di Mélanie, dove assistiamo allo splendido rapporto che lega la ragazzina ai propri genitori – di professione macellai – che la assistono e la spronano nella giusta misura ad impegnarsi nello studio del pianoforte, senza però farne una malattia: quando esce piangendo dalla cattiva esecuzione che ne determina l’esclusione dal Conservatorio, hanno solo parole e soprattutto gesti che tendono a sminuire l’evento nella sua catastroficità; come dire che quello che Mélanie si accingerà a realizzare da lí in poi – compreso il tentativo di far del male ad un coetaneo pianista – non è certo frutto dei genitori ma può considerarsi un qualcosa che è «già dentro» alla bambina e che il tempo farà sviluppare ma soltanto in senso negativo.
La seconda parte del film comprende tutte le sottili astuzie della «finta ingenua» Mélanie per tessere la tela del ragno nella quale far cadere non solo Ariane – responsabile del suo abbandono – ma anche gli altri componenti della famiglia a lei legati.
Le sequenze contenute in questa parte, sono tutte votate a mostrare – in forma sottile, direi quasi sfuggente, con gesti misurati e con sguardi sempre piú espressivi – l’insinuarsi della ragazza nei sentimenti ed anche nella professionalità di Ariane, alla quale Mélanie, dona un recupero inaspettato (come ribadiscono anche i compagni del trio) fino a condurla ad una sorta di apice sia della carriera che dei propri sviluppi familiari.
E nella terza parte, ultime due sequenze, abbiamo il crollo di tutto quello che Mélanie aveva contribuito a costruire, con Ariane che torna in preda alle sue insicurezze, il figlio rimane menomato e il marito subisce un trauma inaspettato; e Mélanie, con quella sua aria distante e distaccata, solo in apparenza coinvolta in tutti questi avvenimenti, se ne torna dai genitori macellai, lieta – pur nella sua imperturbabilità – di avere realizzato la tanto sospirata vendetta.
Possiamo quindi dire che Mélanie è una sorta di «vendicatrice» di una colpa che Ariane ha commesso tanti anni prima e che l’ha marchiata in modo cosí netto da rimanere indelebile; e la vendetta comporta la «distruzione» della famiglia, per la cui esecuzione la ragazza usa armi non convenzionali: il metronomo accelerato ferisce il tendine di Tristan, mentre la foto della pianista con l’appassionata dedica diventa la spada che infrange il cuore del marito di Ariane.
Film decisamente di vicenda, ma dai toni e dalle sfumature tipiche della cinematografia francese, nella quale la narrazione è sussurrata e mai urlata.
Le due donne – proprio per la loro diversità espressiva – sono assolutamente rispondenti ai desideri del regista e confermano doti che hanno mostrato in altri lavori; in particolare mi è piaciuta Déborah François nei panni di Mélanie che senza muovere un muscolo della faccia in tutta la narrazione, passa attraverso tutta una gamma di sentimenti e di sensazioni che riesce ad esprimere molto bene con gli sguardi ed i rari ma significativi sorrisi. (Franco Sestini)