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THE BURNING PLAIN - il confine della solitudine



Regia: Guillermo Arriaga
Lettura del film di: Olinto Brugnoli
Edav N: 365 - 2008
Titolo del film: THE BURNING PLAIN - IL CONFINE DELLA SOLITUDINE
Titolo originale: THE BURNING PLAIN
Cast: fotografia: Robert Elswit; montaggio: Craig Wood; scenografia: Dan Leigh; costumi: Cindy Evans; musica: Alexandre Desplat; interpreti: Charlize Theron (Sylvia), Kim Basinger (Gina), Jennifer Lawrence (Marianna), Joaquim De Almeida (Nick), John Corbett (John); produzione: 2929 Productions
Sceneggiatura: Guillermo Arriaga
Nazione: USA
Anno: 2008
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - In Concorso Premio MASTROIANNI MIGLIOR GIOVANE EMERGENTE (Jennifer Lawrence)

Il regista. Guillermo Arriaga nasce a Città del Messico nel 1958. È considerato uno degli scrittori più significativi e importanti tra quelli in lingua spagnola. Autore di importanti sceneggiature, tra cui quella di BABEL, che gli valse la nomination all’Oscar, realizza ora il suo primo lungometraggio con questo THE BURNING PLAIN presentato in concorso alla 65° Mostra di Venezia.

 
Sembra che nel film coesistano diverse vicende, ambientate in luoghi e tempi diversi, ma in realtà ci si rende gradualmente conto che si tratta di un’unica vicenda che dura, sì, diversi anni e si svolge in località molto lontane tra loro (dalle vaste pianure del sud-est del Nuovo Messico alle aspre scogliere dell’Oregon), ma che coinvolge diversi personaggi legati tra loro da un grande tragico evento: la morte di due amanti di una certa età nel rogo di una roulotte in mezzo al deserto. Lei è Gina – una donna madre di quattro figli, tra cui Mariana, la più grande – che, dopo aver lottato disperatamente contro il cancro, trova un’inattesa consolazione nella relazione con un uomo – padre di due figli, tra cui Santiago, il maggiore – che vive un’insoddisfacente situazione familiare. Mariana incomincia a sospettare della madre, che con vari pretesti si allontana da casa e trascura sempre più la famiglia; la segue, scopre la sua relazione e compie un gesto inconsulto: dà fuoco alla roulotte con dentro i due amanti per far fuggire la madre; sennonché una terribile esplosione provoca la morte di entrambi. Dopo i rispettivi funerali, i membri superstiti delle due famiglie si guardano in cagnesco e covano un odio corrisposto. Ma Santiago, attratto dalla bella Mariana, decide di parlarle e di superare le barriere. Tra i due nasce una relazione amorosa che, nonostante l’opposizione delle relative famiglie, porterà alla loro unione e alla loro fuga in Messico. Ma dopo la nascita di una bambina, Maria, Mariana, divorata dal dolore e dal senso di colpa, scappa facendo perdere le sue tracce. Dopo circa dodici anni Santiago, che fa il pilota con aerei per la disinfezione delle colture, ha un terribile incidente. Dall’ospedale, dove si trova ricoverato, dà l’incarico all’amico Carlos di rintracciare Mariana e di portarle la figlia. Carlos trova Mariana che gestisce un ristorante di lusso e cerca di annegare nelle avventure amorose il peso di un passato che sembra insopportabile. Dapprima Mariana rifiuta di vedere la figlia, ma poi la cerca e decide di tornare assieme a lei dal marito. Nel finale Mariana cerca comprensione e perdono per il gesto commesso. Dopo un po’ di esitazione da parte di Maria, finalmente lo ottiene.
 

Il racconto possiede una struttura quanto mai complessa e articolata al punto da far pensare, come detto, che ci si trovi di fronte a storie diverse tra loro indipendenti. Come aveva già fatto con la sceneggiatura di BABEL, l’autore mescola le carte passando continuamente da un piano temporale all’altro, fin quando le tessere del mosaico incominciano a lasciar trasparire il piano generale dell’opera. L’incipit del film è costituito dal rogo della roulotte in mezzo al deserto. È il perno narrativo di tutto il film, perché tutto nasce da lì, da quel gesto che, seppur non voluto in tutta la sua terribile drammaticità, produrrà lacerazioni, odi, separazioni che, prima o poi, chiederanno di essere superati. La logica dell’odio sembra inizialmente prevalere soprattutto da parte dei familiari che si sono visti privare rispettivamente della moglie (e madre) e del marito (e padre). Nessuno cerca di capire il motivo dell’insoddisfazione dei due amanti, neppure Mariana, che medita solo propositi di vendetta. Ma un primo colpo a questa logica viene proprio da Santiago e da Mariana che scoprono il loro amore come una cosa naturale e si giurano fedeltà, nonostante la rabbiosa reazione dei rispettivi parenti. È significativo che proprio il fuoco, che possiede un grosso peso strutturale nel film, diventi simbolo della distruzione e della morte, ma sia anche il sigillo dell’amore (i due giovani che si procurano delle cicatrici con l’accendino per giurarsi eterno amore). Così come è significativo che la cicatrice di Gina sia segno della sua lotta e della sua vittoria sulla morte e, nel contempo, oggetto del desiderio del suo amante. Ma il peso del male compiuto non può sparire di colpo. Restano il rimorso, il senso di colpa, la paura. Di fronte all’amica che chiede a Mariana perché abbia abbandonato la bambina dopo solo due giorni dalla nascita, questa risponde significativamente: «Non la meritavo». Ma la vita riserva sempre delle sorprese. Sarà proprio l’incidente aereo di Santiago che innescherà un processo di recupero e di ripensamento. Mariana dapprima rifiuta la bambina, ma poi il suo istinto materno la spinge a cercarla (nonostante le ritrosie della piccola), a parlarle, a cercare di darle delle spiegazioni. Arriva a confessare la sua colpa (nessuno aveva saputo che era stata lei a compiere quel gesto), a chiedere perdono alla figlia per averla abbandonata, arrivando ad ammettere la sua paura: «Avevo paura che fossi come me». Poi, di nuovo, la richiesta di perdono. L’ultima immagine, che mostra Mariana, che, invitata dalla figlia, entra nella stanza dell’ospedale dove il marito è in fase di miglioramento, fa da contrappunto a quella iniziale. Nonostante tutto, non esiste una colpa che non sia rimediabile, a patto naturalmente che se ne prenda coscienza e si lasci prevalere la logica del perdono e dell’amore. (Olinto Brugnoli)

 


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