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SHORTBUS - DOVE TUTTO ศ PERMESSO



Regia: John Cameron Mitchell
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 355 - 2007
Titolo del film: SHORTBUS - DOVE TUTTO ศ PERMESSO
Titolo originale: SHORTBUS
Cast: regia e scenegg.: John Cameron Mitchell – fotogr.: Frank G. DeMarco – mus.: Yo La Tengo, Michael Hill (consulenza musicale) – mont.: Brian A. Kates – scenogr.: Jody Asnes – cost.: Kurt Swanson, Bart Mueller (Kurt and Bart) – effetti: John Bair – interpr.: Sook-Yin (Lee Sofia), Paul Dawson (James), Justin Bond (Tenutaria), PJ DeBoy (Jamie), Raphael Barker (Rob), Jay Brannan (Ceth), Peter Stickles (Caleb), Daniela Sea (Principino), Rachael C. Smith (Zoey), Lindsay Beamish (Sian), Yolonda Ross (Faustus) – colore – durata: 102’ – VM 18 – produz.: Process Productions, Q Television – origine: USA, 2006 – distrib.: BIM (24.11.2006)
Sceneggiatura: John Cameron Mitchell
Nazione: USA
Anno: 2006
Presentato: 59. Festival di Cannes, 2006 - Fuori Concorso

È la storia di un certo numero di persone che, pur partendo da posti diverso all’interno di una New York all’indomani della catastrofe dell’11 settembre, tutti problematicizzati con faccende di sesso; vediamoli singolarmente:

• una coppia di omosessuali che vivono insieme, ma che vedono la fiamma della loro sessualità che si va spegnendo piano piano e cosí decidono di frequentare una sessuologa e di immettere nel loro due un terzo elemento (ovviamente anch’esso omosessuale) per vivacizzare il rapporto;

• la sessuologa che ha in cura la coppia di omosessuali ha a sua volta grossi problemi di sesso: è regolarmente sposata ma in tanti anni di matrimonio non ha mai avuto un orgasmo ed anzi, è arrivata a fingere di averlo raggiunto durante i rapporti con il marito;

• c’è poi Severin, una ragazza sola e complessata che si prostituisce interpretando il ruolo della «dominatrice» al servizio di strani clienti masochisti.

Tutti questi personaggi convergono allo «Shortbus», un colorato locale notturno underground ideato e gestito dal travestito Justin Bond; in questa serata che pare avere una sorta di colorazione medicamentosa per i sei personaggi sofferenti, i vari personaggi si incontrano, si intrecciano e danno libero sfogo alle loro fantasie ed ai loro desideri piú repressi; nella folle ostentazione del sesso e della piú totale promiscuità, ogni persona cerca di riconciliare la propria personalità sessuale con i sentimenti e, almeno stando alle apparenze (il bacio collettivo finale e la totale commozione dei personaggi presenti nel locale), la missione sembra compiuta e le coppie ed i singoli escono da questa notte di follie piú sicuri e piú disposti ad accettarsi e ad accettare gli altri.

Il regista del film – omosessuale dichiarato – ha detto in occasione della presentazione dell’opera al recente Festival di Cannes, che all’indomani del fatidico 11 settembre, la soluzione per poter accettare la tremenda mazzata che è capotata sulle teste dei newyorkesi e quella di dare libero sfogo alle proprie ossessioni sessuali per ricercare i sentimenti che sono dentro di noi: la teoria, abbastanza strana ed assolutamente non dimostrata, cozza con la cruda realtà delle immagini che l’opera ci propone a profusione: pensate che subito all’inizio del film si assiste ad una auto-fellatio che è insieme prova di alta acrobazia e monumento alla piú totale solitudine; e dire che l’autore della prestazione è l’omosessuale che vive insieme all’altro gay e che – durante la singolare prova – viene spiato da un altro giovane dalle stesse sue tendenze che è segretamente innamorato di lui e che riuscirà a costruire un triangolo che si prospetta come una delle soluzioni ai problemi della solitudine e della infelicità.

Dire che le immagini proposte sono fortemente ributtanti è dire poco, almeno se ci fermiamo alla loro rappresentazione materiale; hanno solo un lato positivo: essere mostrate con approccio spiritoso e con un tocco leggero e gioioso; ed anche le problematiche che affliggono i sei personaggi posti in bella vista appaiono come delle innocue messe in scena di grandi ammucchiate di sesso che non cadono quasi mai nel pantano della volgarità.

La cosa che mi ha però stupito è l’equazione posta alla base della narrazione: dopo l’11 settembre i giovani di New York sono tutti segnati nella psiche e quindi sono diventati dei disadattati e delle persone sessualmente deviate; questo legame tra devianze sessuali e traumi socio politici non esiste nel film, o meglio, non è affatto dimostrato e sembra quasi una piccola scusa dietro alla quale nascondere le numerose peripezie erotiche e le tante mostre di membri in azione.

Se vogliamo poi salvare qualcosa, potrei suggerire il tema dominante del film (non l’idea tematica, ovviamente!!) e cioè che in fondo in fondo, sia gli omosessuali che gli etero, i sado e i maso, e perfino i normali, sembrano tutti tendere verso un magico accordo tra sensi e sentimenti, accordo che – a mio giudizio – nel film non viene trovato, se non quando viene messo a bella posta nella sequenza finale, ma non supportato da nessuna struttura narrativa.

Un’ultima notazione: il film, già quando venne presentato a Cannes e successivamente in occasione dell’uscita nei cinematografi italiani, ha avuto una campagna pubblicitaria che ha fatto leva principalmente sulla «pruriginosità» delle immagini: ebbene, nonostante questo il botteghino ha fatto miseramente segnare delle cifre bassissime. Mi chiedo: e se il nostro pubblico stesse rinfurbendo? (Franco Sestini)

 


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