FUORI ORARIO
Regia: Martin Scorsese
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: 141 - 1986
Titolo del film: FUORI ORARIO
Titolo originale: AFTER HOUR
Cast: regia: Martin Scorsese - sogg.: Joseph Minion - fotogr.: Michael Ballhaus - cost.: Rita Ryack - scenogr.: Jeffrey Townsend - mus.: Howard Shore - montaggio: Thelma Schoonmaker- interpr. princ.: Griffin Dunne (Paul Hackett), Rosanna Arquette (Marcy), Verna Bloom (June), Thomas Chong (Pepe), Linda Fiorentino (Kiki), Teri Garr (Julie), John Heard (Tom il barista), Richard Cheech Marin (Neil), Catherine O'Hara (Gail) - colore - durata: 104' (m. 2596) - VM 14 - produz.: Amy Robinson, Griffin Dunne, Robert F. Colesberry - origine: USA, 1986 - distribuz.: P.I.C.
Nazione: USA
Anno: 1986
Paul è un giovane istruttore di programmatori di computers in una grande azienda americana. Soddisfatto? Non si direbbe dal suo modo di applicarsi, tanto meno lo è il suo attuale allievo, che sogna ben altro impiego!
È sera: fine della giornata lavorativa. Tempo di riposo in casa o di evasione? Questa volta sceglie l'alternativa ed accetta l'invito rivoltogli da una affascinante biondina incontrata poco prima per caso. Inizia cosí il suo «fuori orario» del titolo. Accortosi che la cosa non funziona perché non può funzionare, se ne va deluso. E, sempre per caso, incontra, nella interminabile notte metropolitana che sta per attraversare, tipi curiosi ed esseri strani, molto diversi da come se li sarebbe immaginati: uomini e donne, quasi tutti giovani, tristi, aggrondati, insoddisfatti e frustrati, qualcuno addirittura invertito ed isterico. L'unico desiderio che lo scapolo Paul coltiva è quello di tornarsene a casa e di rifugiarsi, stanco e deluso nonché spaventato, nel suo letto: ma questo gli viene negato dalla cattiva sorte che congiura contro di lui facendogli perdere, innocentemente ed ingenuamente (poiché è buono fino al riconoscimento delle sue involontarie gaffes-offese contro il prossimo ed ingenuo fino a non diffidare di nessuno), portafogli e chiavi di casa. «Voglio soltanto vivere!» confiderà alla fine all'unica persona che sinceramente l'aiuta. È una scultrice di mezza età, bruttina e «della quale nessuno si interessa», che, per salvarlo dal linciaggio della folla inferocita che lo insegue per le strade buie del quartiere, dove in quella notte si sono verificati furti ed omicidi dei quali tutti lo ritengono responsabile, lo imbozzola dentro uno spesso guscio di gesso da presa riducendolo una statua bianca.
Rubato da ladri fracassoni e caricato su un camioncino come refurtiva d'arte, viene casualmente scaricato, a causa d'una brusca frenata in curva, proprio davanti al cancello dell'azienda dei computers. E l'alba: Paul, riemerso bianco di gesso (leggi innocente) dal bozzolo protettivo, riprende intontito il suo posto di lavoro.
Favola qua e là paradossale e quindi pochissimo credibile, fantacronaca talvolta inquietante, diario volutamente provocante, proposta d'uno spaccato notturno basso metropolitano USA, ora ingenuo ora maliziosamente realistico: è tutto questo e forse qualche cos'altro la parabola di Scorsese.
Eppure lo spettatore non resta indifferente. Reagisce: esagerato, pessimista, polemico! Ma in qualche atteggiamento del giovane svagato nottambulo si riconosce: forse è qui il valore emblematico del protagonista. Un po' di Paul c'è in tutti, specie negli arrivati, come lui, ma non del tutto realizzati nella vita: insoddisfazione del posto di lavoro raggiunto; sogno umano e normalissimo di evasione; desiderio di inconfessate eccitanti esperienze; amara delusione per progetti irraggiungibili; ma, soprattutto, vivissimo rimpianto della pace perduta nell'inseguimento di allucinanti fate morgane e straziante anelito al sicuro e riposante nido della propria casa, unico rifugio nella angosciante fuga dalla persecuzione con la quale gli altri, cioè «I'inferno», ti cercano a morte.
L'umorismo dolce-amaro del furto della statua di Paul, che, riemerso dal bozzolo (maturato dalle esperienze notturne?), ritorna al solito posto di lavoro, sembra voler indurre lo spettatore, divertito e sorpreso dall'imprevista conclusione didattica della favola, a concludere che, tutto sommato, Paul stava meglio quando pensava di stare peggio.
Se usciamo, ci bisbiglia il regista, per qualsiasi motivo dal grigio tran tran quotidiano e veniamo in contatto con la realtà della vita di chi ci vive accanto e che noi neppur conosciamo (la notte metropolitana, occasione di disperante apocalisse), la scopriamo molto triste e corriamo il rischio di restarne risucchiati come vittime.
È probabile che molti spettatori non concordino con la pessimistica visione della società espressa dall'autore del film, ma è certo che Paul viene presentato come tutti (tutti?) pensano e forse desiderano di essere: persona normale con un lavoro, senza impegnative esigenze etiche (disponibile nei suoi confronti con le donne, a loro volta disponibili), alieno da smodate ambizioni, animato da ideali moderatamente borghesi e casalinghi. Paul insomma è la normale persona media: sono gli altri che esagerano; ma, per la verità, questi altri sono nel film quasi tutti esemplari d'un'umanità al limite della disperazione, eccezionali e per ciò stesso assortiti dal regista forzosamente e quindi scarsamente verosimili, almeno a livello delle vicende da loro interpretate. Emblematicamente, poiché vengono proposti in quel dato modo sullo schermo, additano una società bacata, che lascia perplesso e pensoso lo spettatore attento.
Se il film non si presentasse cosí scopertamente come spettacolare e teso a catturare l'interesse dello spettatore intorno a fatti paradossali, ma che «potrebbero succedere con i tempi che corrono», si sarebbe tentati di attribuirgli qualche intento tematico: chi vuol discutere le posizioni ideologiche che affiorano dallo spettacolo, trova argomenti per confrontarsi con il regista. Riuscire oggi a suscitare un dibattito è certamente un merito… con i tempi che corrono circa i film in programmazione! (Adelio Cola)