IL CAPPELLO SULLE VENTITRE
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: 141 - 1986
È una delle trasmissioni che raggiunge lo scopo, come direbbe il Manzoni, di «insegnar la modestia alle fanciulle».
Puntualmente, fedele, ogni sabato, o quasi, RAI 2 corona la vigilia del dí di festa e si accomiata dagli affezionati teledipendenti con un pruriginoso spettacolino cabarettistico, che affabilmente li introduce alla solennità domenicale.
E condotto da Paolo Mosca: con «coraggiose» ed impertinenti interviste egli intrattiene ospiti piú o meno illustri e dive piú o meno svestite. Il canovaccio del «cappello sulle ventitre» è stereotipo, la scaletta è puntigliosamente monotona ogni fine settimana. Alla sigla musicale d'apertura, nella quale vengono presentati i conduttori dello spettacolo, I'intervistatore, il pianista e la responsabile della coreografia, segue la visione dell'ancheggiante silhouette della «diva dei tuoi sogni di questa sera»: ne vengono osannati virtú e vizi, fascino e magia di Circe rediviva, ma non ancora il nome, quasi per creare nello spettatore febbrile sospensione psicologica nell'attesa della rivelazione futura. Chi sarà? Per il momento non si sa, ma «intanto lo spettacolo comincia!»
Ed ecco a voi Rosa Fumetto e compagne in atteggiamento nature, la statuaria posa, talvolta alternata a feline movenze non proprio classiche!
Rivelazione del mistero: un PPP svela agli ammiratori il volto della diva di turno: mossette studiosamente spontanee e innocenti spostamenti del baricentro fisico allo scopo di mantenere il precario equilibrio ne esaltano pregi e... misure.
Ha inizio l'intervista: indiscrezioni, pettegolezzi mondani, pruriginosità scandalistiche provocano le prevedibili reazioni alle provocatorie domandine diligentemente preparate: «Ma chi te l'ha detto questo particolare? Come, lo sai te?…»
Suscitato l'interesse per l'argomento, molto opportunamente esso viene bruscamente interrotto, rinviando il secondo incontro con la diva «a tra qualche minuto», per scoprire del tutto l'intervistata di fronte allo «specchio della verità».
Le allusioni ed i sottintesi spesseggiano grevi e monotoni sull'unico tema, pesantemente ripresentato senza variazioni e fantasia, interrotti e sottolineati dai noiosi applausi degli invitati presenti in studio RAI 2
Un acrobata o un mago prestigiatore distraggono per qualche minuto la compagnia, costantemente muta ed aggrondata; segue una cantante di colore che esibisce esotiche nenie e sospirose melodie commemorando colleghe celebri o melanconicamente sconosciute. Classe e bravura non mancano, per la verità; I'esecuzione è immutabilmente languida e lamentevole.
L'unica presenza umoristica, che talvolta pretenderebbe addirittura di arrivare alla ironica unghiata diretta contro certi comportamenti alto sociali contemporanei, è rappresentata da una grottesca sedicente «sex simbol degli anni novanta»: linguaggio e comportamento, intenzionalmente allusivi e talvolta graffianti, non possono per altro essere definiti intelligenti se non (forse) nelle intenzioni dell'interprete.
Con un nuovo look riecco la diva dei sogni: avventure, carriera, amori: tutto, confessano tutte le dive una alla settimana a turno, tutto è dipeso nella vita
dal destino, dal segno zodiacale che presiedeva la nascita. Le decisioni, le scelte (per amor di dio, mai definitive e vincolanti!) vengono condizionate dalI'umore del momento, al «finché ci vorremo bene e finché ci capiremo!…»
È cruda sincerità o ballo in maschera? Autoironia od espressìone di assoluta mancanza di punti fermi di riferimento morale?
Intanto è la celebrazione del corpo, purché sia giovane e bello, qui identificato per attraente ed affascinante, o piú chiaramente, per usare l'espressione ogni volta scelta dall'intervistatore, «erotico».
L'atmosfera in cui la celebrazione si svolge è raccolta: aleggiano languore e sensualità, e non soltanto nelle insistite riprese televisive in dettaglio di particolari anatomici diligentemente scelti in coerenza con il tema erotismo, ma anche nelle vellutate melodie delI'orchestra, che con suono sussurrato e decadente suggerisce ed insinua struggenti sentimenti. Ogni elemento del rito è offerto con gravità e quasi con professionale distacco. L'assoluta assenza di smaccata trivialità e di plebea malaeducazione, che potrebbero provocare negli spettatori reazioni di salutare rifiuto, costituiscono il segno della «serietà» della trasmissione. Essa risulta maggiormente pericolosa come strumento, sotto questo profilo subdolo piú che inavvertitamente influente, di diffusione d'una mentalità completamente opposta a quella che molti genitori ed educatori vorrebbero.
Uno spettacolino dall'ordinaria amoralità con l'occasionale immoralità di alcune situazioni. (Adelio Cola).