IL TRONO DI SANGUE
Regia: Akira Kurosawa
Lettura del film di: Nazareno Taddei
Titolo del film: IL TRONO DI SANGUE
Titolo originale: KUMONOSU JO
Cast: regia: Akira Kurosawa - sogg.: William Shakespeare (tratto dal "Macbeth")- scenegg.: Akira Kurosawa, Ryuzo Kikushima, Shinobu Hashimoto, Hideo Oguni - fotogr.: Asaichi Nakai - mus.: Masaru Sato - scenogr.: Kohei Ezaki - mont.: Akira Kurosawa - cost.: Muraki Yoshiro - interpr.: Toshiro Mifune (Washizu - Macbeth), Isuzu Yamada (Asaji - Lady Macbeth), Takashi Shimura (Noriyasu Odagura), Akira Kubo (Yoshiteru), Hiroshi Tachikawa (Kunimaru), Chieko Naniwa (Parca), Minoru Chiaki (Miki - Banquo), Takamaru Sasaki (Kuniharu Tsuzuki) - B&N - durata: 114' - produz.: Shojiro Motoki e Akira Kurosawa per Toho - origine: GIAPPONE, 1957 - distribuz: Globe / Toho.
Sceneggiatura: Akira Kurosawa, Ryuzo Kikushima, Shinobu Hashimoto, Hideo Oguni
Nazione: GIAPPONE
Anno: 1957
(Tratto da TUTTOKUROSAWA a cura di Nazareno Taddei sj, Edizioni Edav, 2001)
(Kumonosu-Jo; lett. Il castello della ragnatela): libera traduzione in cinema del Macbeth («Ho dimenticato Shakespeare — ha detto Kurosawa — e ho girato il film come se fosse una storia del mio paese»), dove l’azione prende il posto delle parole. Nel sec. XVI, pieno di guerre civili, due nobili nipponici incontrano nella foresta uno spirito che predice la conquista del potere. Il feudatario Washizu, sospinto dalla moglie Asaji, vi sale nel sangue e durerà fino a quando «la foresta si muoverà», il che succede quando gli avversari avanzano mimetizzati da foresta. «L’azione è condensata in tre luoghi: il Forte Nord, il Castello e la Foresta; le tre streghe sostituite con una Parca; eliminati alcuni personaggi di contorno; invenzioni visive al posto di dialoghi e di monologhi. La tragedia del “beccaio morto e della sua demoniaca regina” diventa «un tumultuoso affresco in movimento, corrusco di tempeste, convulso di galoppate, ricco di figure ieratiche che si muovono a ritmo lento di balletto ipnotico e di attori che recitano secondo i moduli del teatro Nô.» (cfr Il Morandini).
Il film comincia e finisce su immagini desolate, con un coro dalle parole che lo sono altrettanto (traduzione di Vinicio Marinucci): «Ecco, mirate il desolato luogo,/ove si ergeva superbo un castello,/in cui le brame ebber selvaggio sfogo,/finché fu soltanto di Morte ostello./Regnò su questa terra che ora langue/da un furor di poter fatto insano /un guerriero, il cui trono fu di sangue:/ma il trionfo del male è sempre vano». La musica difficilmente catalogabile, comunque orientale con qualche raro accenno occidentale, ha suoni efficacissimi. Si sente dominare il suono dell’oboe, come Shakespeare aveva disposto nel testo teatrale del suo Macbeth. Il protagonista, da assassino quasi forzato dalla moglie, giunto al potere diviene arrogante fino all’estremo dell’irragionevolezza. Il torbido comportamento dei protagonisti (soprattutto lui e la moglie) è rappresentato da Kurosawa con una nebbia che fin dalle prime immagini riempie lo schermo; ed egli lo condanna moralmente, già nel titolo con quel «castello della ragnatela») che realizza visivamente p.e. facendo vedere spesso i cavalieri che si muovono nella foresta attraverso i rami che si intrecciano, quasi grate d’una prigione. Quel comportamento, poi, è rilevato anche da altri elementi, come p.e. il volto non piacevole di Lady Macbeth (Asaji) e di lui incorniciato di frecce, ma maggiormente dall’accentuazione dei valori di «fedeltà» contrapposti a «tradimento».
Tematicamente, Kurosawa continua a trattare del popolo giapponese, che si rispecchia nell’antichità sotto il profilo delle stesse problematiche del potere e della giustizia: dalla situazione del popolo attuale e dalla ricerca della verità, su cui vince l’aspetto dell’uomo-natura (il bimbo e le parole del bonzo), attraverso l’incontro dei samurai con i contadini che di fatto predominano moralmente, qui si prende chiara posizione morale circa l’uomo, corrotto dalla cupidigia del potere. (Nazareno Taddei sj)