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The Road - La Strada



Regia: John Hillcoat
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: - 2009
Titolo del film: LA STRADA
Titolo originale: THE ROAD
Cast: regia: John Hillcoat – sogg.: Cormac McCarthy – scenegg.: Joe Penhall (Tratto dal romanzo Premio Pulitzer 2006 “La Strada” di Cormac McCarthy) – fotogr.: Javier Aguirresarobe – mus.: Warren Ellis, Nick Cave – mont.: Jon Gregory – scenogr.: Chris Kennedy – cost.: Margot Wilson – interpr.: Viggo Mortensen (Uomo), Kodi Smit-McPhee (Ragazzo), Charlize Theron (Moglie), Guy Pearce (Veterano), Robert Duvall (Anziano), Molly Parker (Moglie del veterano), Michael K. Williams (Ladro) – durata: 112’ – colore – produz.: 2929 Productions, Chockstone Pictures – origine: USA, 2009 – distrib. internazionale: Dimension Films, The Weinstein Company
Sceneggiatura: Joe Penhall
Nazione: USA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Concorso

È la storia di un padre e del di lui figlio che, in un periodo post-apocalittico, sopravvivono ad una catastrofe atmosferica e cercano di dirigersi verso il Sud: la terra è distrutta da un misterioso cataclisma che produce un’atmosfera di freddo e di gelo; lo scopo di raggiungere il Sud ed il mare è quello di trovare un ambiente un po’ migliore sotto l’aspetto climatico.

I due vagano per gelidi e selvaggi paesaggi devastati da una esplosione nucleare (il film non lo dice ma è la cosa più probabile) con l’unico scopo di cercare cibo (qualunque esso sia) e scarpe di ricambio; la preoccupazione del padre è quella di seguire il più possibile la crescita del bambino e di fare in modo che anch’esso riesca a raggiungere l’agognata meta.

La madre – che vediamo in un paio di flash back – non ce l’ha fatta e prima di partire per il viaggio verso il Sud ha preferito gettare la spugna e «lasciarsi morire» nella gelida atmosfera attorno alla propria casa; i due, pur con la morte nel cuore, si mettono in cammino e durante la faticosa marcia hanno vari incontri, tutti tesi a mostrare la drammaticità della situazione: in una casa trovano i componenti di una famiglia tutti impiccati ad una trave del soffitto e, l’unico pensiero del padre è quello di vedere se le scarpe dei suicidi possono andare a lui ed al figlio.

La cosa che maggiormente emerge in questa situazione altamente drammatica è la suddivisione tra «buoni» e «cattivi»: stante il fatto che i sopravvissuti, alla continua ricerca di cibo, uccidono la gente e la mangiano; quindi, coloro che si possono definire cannibali vengono chiamati – dal ragazzo e dal padre – i cattivi, mentre gli altri, cioè coloro che cercano di  soddisfare la fame in altro modo sono i «buoni»: tra padre e figlio sorge una esplicita intesa per la quale loro due non apparterranno mai ai «cattivi», cioè non mangeranno mai carne umana.

Il viaggio dei due sopravvissuti prosegue tra mille difficoltà, non ultima una brutta tosse che fa presagire una fine imminente del padre; ed infatti – dopo che i due hanno trovato una specie di Albergo di Gran lusso (un sotterraneo in cui sono stati stipati viveri ed altri generi di conforto – sono costretti ad abbandonarlo in quanto scoperti da una delle tante bande che scorrazza per la landa desolata alla ricerca di carne da mangiare.

Incontrano anche un «disperato» come loro, anch’esso alla ricerca di cibo e generi di vestiario: come fare a capire se fa parte dei buoni o dei cattivi? Nel dubbio il padre lo lascia nudo e senza scarpe (in pratica decreta la sua morte), ma il figlio intercede per lui, dichiarando che non hanno nessuna prova che fosse un «cattivo» e così il padre lascia un mucchietto di stracci e un paio di scarpe poco lontano del luogo dell’incontro.

I due riescono ad arrivare in riva al mare ed anzi il padre si lancia tra le onde per raggiungere un battello incagliato vicino alla spiaggia: torna a riva con alcuni oggetti di grande utilità ma forse è lo sforzo decisivo che porta l’uomo sull’orlo della morte: una freccia scoccata da un altro «disperato» come loro che lo raggiunge ad una gamba, con conseguente infezione, porta l’uomo vicino alla morte: le sue ultime parole al ragazzo saranno quelle di cercare i «buoni» e di proseguire il viaggio con loro.

Per l’appunto, passa di lì un uomo che dice di averli seguiti da tempo, il quale offre al ragazzo la propria compagnia; alle titubanze del ragazzo, l’uomo dice di «non essere un mangiatore di carne umana» e di avere con se moglie, due figli e un cane (la classica famiglia!); ed infatti la famigliola si materializza e accoglie gentilmente il ragazzo che si trova così inserito in una nuova famiglia con la quale cercherà di raggiungere la salvezza.

Sotto il profilo cinematografico, il «viaggio» assume sempre le caratteristiche della ricerca interiore del viaggiatore: in questo film c’è anche questo, in quanto i rapporti tra padre e figlio diventano sempre più intensi e la comprensione tra i due aumenta sempre di più; ma c’è anche questa situazione drammaticamente catastrofica che ci mostra l’uomo ridotto ad essere regredito nella scala degli animali di molte tacche: il cannibalismo imperante è sinonimo di retrocessione dell’uomo a livello dell’animale dal quale è disceso, qualunque esso sia.

Le masse che si aggirano per la campagna sterminata e distrutta, non sono altro che una ciurma di animali che si sposta alla ricerca del cibo: ecco, l’uomo è giunto a questo stadio e cerca di risalire la china attaccandosi ad alcuni valori pre-conosciuti, di cui il primo e più importante è la suddivisione tra buoni e cattivi che sta per «male e bene».

L’uomo sulla base di questi valori immutabili e che sembrano essere connaturati con l’animale-uomo, cercherà di far nascere una nuova società, magari con le stesse storture di quella che è stata così distrutta, ma nella quale non mancherà la differenziazione tra il bene ed il male, elementi su cui innescare la costruzione di una prossima società.

Il film rivela dati interessanti sotto l’aspetto tematico, ma risente della poca spettacolarità della vicenda; Viggo Mortensen ci mette tutta la sua bravura ed il bambino (Kodi Smit McPhee) non gli è da meno; magari se l’impiego della madre (Charlize Theron) fosse stato più importante, forse avrebbe compensato l’assenza di spettacolarità dell’insieme, ma la bella attrice americana appare veramente poco nel film e quindi non risulta determinante. (Franco Sestini)

 


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