IL COMPLEANNO
Regia: Marco Filiberti
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: - 2009
Titolo del film: IL COMPLEANNO
Titolo originale: IL COMPLEANNO
Cast: regia e scenegg.: Marco Filiberti fotogr.: Roberta Allegrini mus.: Andrea Chenna mont.: Valentina Girodo scenogr.: Livia Borgognoni, Ezio Frigerio cost.: Eva Coen, Isabelle Caillaud interpr.: Alessandro Gassman (Diego),Maria de Medeiros (Francesca), Massimo Poggio (Matteo), Michela Cescon (Shary), Piera Degli Esposti (Giuliana), Hristo Jivkov (Leonard), Eleonora Mazzoni(Flaminia) durata: 106 colore produz.: Caroline Locardi, Agnes Trincal per ZEN ZERO origine: ITALIA, 2009 distrib.: ZEN ZERO (28-05-2010)
Sceneggiatura: Marco Filiberti
Nazione: ITALIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Controcampo italiano
La circostanza che vede nascere, svilupparsi e ‘scoppiare’ la crisi di tutti i personaggi del film, è tutt’altro che originale. Non mi riferisco soltanto ai capolavori di Bergman ma anche a lavori e lavoretti nostrani degli ultimi anni. Qui si tratta del raduno in una casa al mare di coppie apparentemente ‘normali’, ma in realtà con bombe sentimentali ad alto potenziale esplosivo tenute lontane da occasioni d’innesco e che ad un certo punto una ‘scintilla’ imprevista fa deflagrare. E’ superfluo elencare gli pseudo motivi che mandano in tilt l’apparente buon funzionamento di e tra mariti e mogli. La ‘miccia’ accesa che innesca la bomba è un’altra. Per festeggiare in suo compleanno in famiglia, arriva dall’America il figlio maggiorenne di genitori che non lo vedono in Italia da anni. Nelle loro brevi visite all’estero non hanno avuto la percezione che il giovane stava ‘maturando’ in modo insolito. Quando si unisce al gruppo che sta trascorrendo ‘tranquillamente’ un periodo di vacanza sulla spiaggia tirrenica, provoca una specie di terremoto. E’ bello, bravo e gentile con tutti, piuttosto indifferente alle normali lusinghe femminili di ragazze della sua età. Il regista insiste nell’inquadrare lo psicanalista marito di Francesca (dirò poi il motivo che la fa ricordare come unico personaggio del quale riferisco il nome!): L’apparizione del giovane aitante efebo (ricordate “Morte a Venezia”? Qui siamo nei pressi di Roma) lo fa ogni volta impallidire e talvolta sudare di emozione. L’abbiamo capito: tutti e due sono tendenzialmente omosessuali. Infatti, superate le tappe narrative e psicologiche necessarie a portare avanti il film, li vediamo ‘accomunati’ a letto. Francesca li sorprende e sviene cadendo dalla scala di pietra. E’ morta? Non lo sappiamo, forse sì perché nel gruppo dei convitati nel pasto conclusivo del film non c’è; forse no perché il solito gruppo si trattiene ancora al mare, pur esprimendo tutti sentimenti di angoscia per quanto è successo.
La domanda fondamentale che il regista fin dall’inizio del suo film suggerisce agli spettatori è: Perché lo psicanalista innamorato del giovane è arrivato a quel punto ‘così in basso, come direbbe qualcuno? La risposta è puntuale, offerta senza ma e senza forse: “non è possibile resistere ai nostri impulsi naturali”. A garanzia della tesi il regista ha strutturato il film ad inclusione presentando la scena del primo atto e la conclusione del melodramma di Wagner nel quale i protagonisti, Tristano e Isotta, dopo aver assunto il filtro magico, non possono che cedere a quella misteriosa inevitabile magìa. Si dirà che la spiegazione è troppo comoda; per l’autore del film è sufficiente.
A parte la musica del titano tedesco, la colonna sonora tenta per almeno due volte di ‘scimiottare’ (cioè di imitare a modo suo!) l’ “Apré midi d’un faune” di Debussy, (eseguito evidentemente con strumento a fiato), accostato violentemente a canzonette leggere urlate, che stridono nel contesto, pur esprimendo situazioni e forse critiche a comportamenti contemporanei. La inquadratura esageratamente dettagliata dell’amplesso omosessuale non fa onore al regista. L’artista del film sopra ricordato (L. Visconti) ha avuto molto rispetto del pubblico e s’è consapevolmente lasciato frenare dalle esigenze dell’Arte. Ma quello era un artista.
Altra domanda: gli interpreti del nostro film com’erano? Famosi sì, soprattutto qualcuno, artisti non mi sembra proprio. Quello più ‘fuori luogo’ perché sempre nell’istintivo tentativo (volontario bisticcio di parole!) di superare gli altri e di distinguersi come…prima donna (!) è A. Gassman (ma non gliel’ha detto mai nessuno che comportandosi così se rende antipatico?). Gli altri si barcamenano tra recitare il copione e obbedire con scarsa convinzione alla direzione del regista. L’unica e la migliore in campo è stata, secondo me, l’interprete di Francesca, sempre ‘credibile’ nella sua performance ‘al naturale’ senza alcuna forzatura.
Le scene paesaggistiche del mare di giorno e di notte sono ‘belle’, le riprese risultano di maniera. L’insistenza del fotografo per esaltare l’avvenenza dell’efebo è stucchevole. Lo stile generale dell’opera è, lasciatemelo dire, dannunziano decadentista. Le frequentissime ‘sviolinature’ orchestrali deprimono lo spettatore (qualche spettatore!).
In quanto alla affermata impossibilità sopra ricordata con la citazione di Wagner, essa è tutta di discutere e resta da dimostrare. (Adelio Cola)