VILLALOBOS
Regia: Romuald Karmakar
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: VILLALOBOS
Titolo originale: VILLALOBOS
Nazione: GERMANIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Orizzonti
E’ la registrazione d’una intervista al DG del titolo e d’un suo concerto. “Il paradiso delle discoteche” al quale egli si riferisce è Berlino, dove normalmente ‘lavora’ con la sua équipe. Porta lo spettacolo anche in tourné mondiale nelle città più famose sotto il profilo musicale. I suoi gusti personali (la sua cultura) spaziano dalle composizioni antiche, in specie rinascimentali, alle più ‘avanzate’ contemporanee. Ci spiega lungamente, rispondendo alle domande dell’intervistatore che non vediamo mai, che cosa sono, a che cosa servono e come funzionano le attrezzature elettroniche e digitali che ingombrano il suo studio di registrazione. Ci fa ascoltare anche un paio dei suoi arrangiamenti di pezzi classici, (“Bolero, Quadri d’una esposizione”), nei c’è il ricordo delle melodie originali caricato e volutamente ‘variato’ da ritmi estranei alla musica d’un secolo fa. Il tempo più lungo del film ci fa assistere al lungo concerto di cui s’è sopra accennato. E a proposito di ‘lunghezza’ il programma di sala ci informa che Villalobos, (che non ha nulla a che fare con il celebre Ectòr compositore delle “Bachianas Brasileiras”), di origine cilena, è solito inserire nei suoi concerti brani musicali molto ‘estesi’ nel tempo. L’abitudine è insolita per quanto riguarda i suoi colleghi DG ed è egli stesso che nell’intervista ne spiega il motivo. Anzitutto insiste nel dichiarare ‘il suo mestiere molto difficile. Bisogna creare il clima adatto alle circostanze, che non sono sempre le medesime. Bisogna intuire ciò che i giovani si aspettano, le emozioni che vogliono sperimentare, i sogni che desiderano coltivare e addirittura il futuro che essi sperano di raggiungere”. Egli ci fa vedere come si prepara ai concerti. Esamina e prova gli innumerevoli dischi di vinile che possiede, li classifica per argomento e ritmo, più che con il titolo del mercato, prova e cerca di prevedere il risultato sul pubblico. Stabilisce la scaletta, pronto a sostituire i brani previsti con altri meglio corrispondenti al clima creato in discoteca. Che i pezzi dei quali si serve siano ‘lunghi’, anche facendo girare sul grammofono dischi diversi senza interruzioni e pause, la prova ci è offerta dal film: è lungo circa due ore e ci fa ascoltare a volume alto, spesso assordante, soltanto tre interventi musicali ‘interminabili’. I giovani ballerini, (si fa per dire perché essi si muovono o meglio agitano le braccia e muovono le gambe rimanendo nel mezzo metro quadrato occupato, data la folla presente in sala), noi li scorgiamo dal di qua del vetro della regia di Villalobos, che è costantemente al centro d’interesse delle riprese cinematografiche del documentario. Egli parla e agisce, spiega e commenta. Verso la fine l’intervistatore lo interroga anche sugli effetti che i suoi concerti possono esercitare sui giovani circa la sessualità e l’assunzione di droga. Egli non nega che tali ‘cose’ succedano, specialmente, secondo lui, l’omosessualità. I giovani, però, che noi vediamo per due ore in discoteca, si comportano normalmente. Nessuno beve o fuma, nessuno fa ‘giochi di mano e cioè di villano’ con le ragazze presenti. “Io, aggiunge Villalobos non più giovanissimo, godo dei momenti di felicità che provo durante i miei concerti”.
I pochi spettatori rimasti in sala sino alla fine del film si associano agli applausi ,(ai quali hanno dato il via le numerose persone di servizio in sala di proiezione), all’indirizzo dei presenti Villalobos e company che in piedi ringraziano il pubbòico. (Adelio Cola)