EL MOSAFER (The Traveller)
Regia: Ahmed Maher
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: EL MOSAFER (THE TRAVELLER)
Titolo originale: EL MOSAFER
Cast: regia, sogg. e scenegg.: Ahmed Maher – fotogr.: Marco Onorato – mus.: Fathy Salama – mont.: Tamer Ezzat, Roberto Perpignani (collaborazione) – scenogr.: Onsy Abusif – cost.: Dina Nadim – interpr.: Omar Sharif (Hassan), Cyrine AbdelNour (Noura e Nadia), Khaled El Nabawy (Hassan giovane), Sherif Ramzy (Ali), Basma (Dott.ssa Rawia), Amr Waked (Fu’ad), Mohamed Shoman (Gaber) – durata: 125’ – colore – produz.: Ministero Della Cultura Egiziano Fondo Egiziano Per Lo Sviluppo Culturale in collab. Con Alberto Luna per Maxus Productions – origine: EGITTO, 2009
Sceneggiatura: Ahmed Maher
Nazione: EGITTO
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Concorso
È la storia di Hassan, un impiegato delle Poste egiziane, visto negli unici tre giorni della sua vita che l’uomo ricorda (“non ho nessun ricordo al di fuori di questi tre giorni”) e che hanno rappresentato una intensa esperienza umana che lo ha forgiato per l’intera esistenza.
Il primo episodio, datato autunno 1948, ha luogo a Port Said, dove il giovane Hassan – al suo primo giorno di lavoro nel locale Ufficio Postale – riceve un telegramma da consegnare alla bellissima Nura; il giovane lascia tutto e si imbarca sulla Atlantica, una nave sulla quale c’è Nura: tra i due nasce una intesa sensuale che si sviluppa in una rapporto quasi animalesco e che si interrompe solo con l’arrivo dell’uomo che la donna deve sposare; segue la cerimonia di nozze, con Hassan isolato che rimpiange l’amore che sta perdendo.
Il secondo episodio si svolge ad Alessandria d’Egitto, nell’autunno del 1973, dove Hassan accorre in quanto chiamato da Nadia, figlia di Nura (e di Hassan) che lo porta al capezzale del fratello gemello, Aly, deceduto in una smargiassata con una scommessa per un tuffo spericolato nel quale il giovane ci rimette la vita; anche in questo caso abbiamo una cerimonia matrimoniale che si somma a quella funebre: si sposa Nadia – che è la fotografia di Nura e questo induce Hassan a ritenerla sua figlia – con un amico di Aly, un certo Gaber, mezzo scemo, ma molto devoto alla ragazza e che aveva ricevuto da Aly il compito di vegliare su di lei in qualità di marito. Anche in questa giornata, Hassan, forse spaventato da un’attrazione che prova per Nadia (che ritiene sua figlia), si disimpegna da ogni obbligo con la famiglia e fugge, tornando a casa propria.
La terza giornata ha luogo nell’autunno del 2001 al Cairo, dove Hassan si reca per incontrare Alì, il figlio di Nadia; i due – che non si conoscono – cominciano a frequentarsi e Hassan cerca di “insegnare” al giovane alcune realtà della vita, dall’amore al sesso, dal gioco al lavoro., facendo riferimento alle virtù dello zio del ragazzo – Aly – particolarmente coraggioso al limite della spericolatezza.
Durante la giornata trascorsa insieme i due uomini si “conoscono” e imparano ad apprezzarsi a vicenda; questa volta Hassan non fuggirà come ha fatto nelle due precedenti giornate, ma cercherà di farsi accettare come parte integrante della famiglia che lui, peraltro, non ha mai frequentato e neppure accettato.
Il film, realizzato con uno stile ed un ritmo che non è proprio della nostra cinematografia, vuole essere una ricerca sulle scelte che ogni uomo è chiamato a fare nella propria esistenza e sul come reagire a queste situazioni: nei primi due episodi la realtà impone ad Hassan la fuga e l’abbandono di quello che potrebbe essere la sua famiglia, mentre nel terzo, l’uomo sa reagire ed affrontare la situazione con coraggio e consapevolezza; l’autore non ci dice che Hassan diventerà una sorta di “nonno”per Alì (sarebbe troppo il salto narrativo!) ma ci mostra l’uomo che si occupa ed anzi si preoccupa del nipote come se facesse parte della propria famiglia.
Come dicevo sopra, il film è realizzato con una narrazione tipica del mondo arabo – con i suoi colori e le sue ridondanze espressive – e quindi ci coglie abbastanza impreparati nel saperla apprezzare; in particolare, abbiamo il personaggio di Hassan che nei primi due episodi è interpretato da un attore molto monocorde sotto l’aspetto mimico, mentre nel terzo giorno appare il grande Omar Sharif che, nella circostanza, va addirittura al di sopra dei toni ai quali ci ha abituati nella sua lunga esperienza cinematografica: il salto tra le due forme espressive è uno dei motivi che ci coglie impreparati e non ci permette di dare risalto a quello che la struttura narrativa potrebbe fornirci e cioè l’escursus dell’uomo, nella sua realtà di antieroe pieno di debolezze e di fragilità, alla ricerca della sua collocazione all’interno di un nucleo familiare che lo faccia sentire a casa: ecco, Hassan, nella sua terza giornata, cerca di raggiungere proprio questo e cioè immissione in una famiglia nella quale collocarsi e, dopo avere trasmesso il proprio “sapere” aspettare la morte. (Franco Sestini)