L'ACQUA... IL FUOCO
Regia: Luciano Emmer
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 312 - 2003
Titolo del film: L'ACQUA... IL FUOCO
Titolo originale: L'ACQUA... IL FUOCO
Cast: regia, sogg. e scenegg.: Luciano Emmer – scenogr.: Emita Frigato - fotogr.: Bruno Cascio A.I.C. – mus.: Stelvio Cipriani – cost.: Innocenza Coiro – trucco: Nilo Iacoponi – mont.: Adriano Tagliavia – interpr.: Sabrina Ferilli (Stefania / Elena / Stella), Olivier Pages (Bernard), Valérie Kaprisky (Iris), Eloise Bonnet (Avril), James Thierrée (Enrico), Giancarlo Giannini (David) – colore – durata: 94’ – produtt.: Antonio Guadalupi e Roberto Bessi – produz.: Buskin Film e Factory – origine: ITALIA, 2003 - distrib.: Quality Film e Columbia Tristar Films Italia
Sceneggiatura: Luciano Emmer
Nazione: ITALIA
Anno: 2003
Presentato: 60. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2003 - Eventi Speciali
Premi: Film riconosciuto di interesse Culturale Nazionale dalla Direzione Generale per il Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Italiano.
Il film narra tre storie di donne, legate insieme dal fatto di avere la stessa protagonista (Sabrina Ferilli) e dal titolo, evocante i due elementi (l’acqua e il fuoco) presenti in modo determinante in tutte e tre le storie.
Vediamole: la prima si svolge a Torino e ha come protagonista Stefania, una donna che vive sola da quando il marito dieci anni fa l’ha abbandonata per un’altra e i figli vivono lontani da lei (dove, con chi? non viene detto). La incontriamo la mattina del suo compleanno: appena alzata scopre di non avere niente nel frigo e quindi esce per fare la spesa, preparandosi a una cenetta con torta e candeline insieme ai due figli; al ritorno trova la casa allagata da un rubinetto che perde. L’idraulico che accorre immediatamente, compie un intervento di emergenza riservandosi di portare piú tardi il pezzo da cambiare; al suo posto invia il figlio che, sia pure meno pratico del padre, si spertica in complimenti nei confronti della donna che ne rimane lusingata. Scopre poi che i figli non verranno alla cena (uno è addirittura entrato in casa quando lei era uscita e si era preso tutta la spesa): nel frattempo il marito telefona per essere riaccettato in casa ora che è stato piantato dalla nuova donna. Al culmine dell’esasperazione prende pochi straccetti e con essi abbandona tutto e tutti, non senza aver prima incendiato la casa.
La seconda vicenda ha per protagonista Elena, una ragazza che si getta nella Senna e viene salvata da un clochard. Quando viene dimessa dall’Ospedale, ricerca il giovane, Bernard, e con lui trascorre una intensa notte a Parigi che servirà a far loro affrontare il futuro con altre forze acquisite dal rapporto.
La terza ha per protagonista Stella, una giovane donna che vive in un minuscolo Circo con David, un ubriacone clown e mangiatore di fuoco, e la figlia di lui abbandonata dalla madre. In occasione di uno spettacolo, David entra in scena ubriaco e rimane gravemente ustionato. Intanto è apparso un giovane che non capisce nessuna lingua conosciuta dalle due donne e che viene rifocillato e ingaggiato per lo spettacolo. Mentre David peggiora sempre piú e all’ospedale ormai si affidano solo a «un miracolo», la ragazzina esce con il giovanotto per andare a comprare una pizza e non ritorna piú, mentre Stella – rimasta sola nel Circo – non si perde d’animo e si accinge a interpretare anche i ruoli degli altri compagni.
Il film è un grosso «spot» sulla donna, sulla sua forza e sulla sua resistenza; gli uomini che piú o meno casualmente si trovano a gravitarle attorno, fanno la figura delle pedine in un gioco che poco conoscono.
E le tre figure presentate – assolutamente diverse l’una dalle altre – rendono il concetto «universale» facendo assurgere la tematica dell’autore a qualcosa di altamente introspettivo nell’universo fantastico delle donne.
Il regista sembra dire che tutto il mondo ruota intorno alla donna, ai propri sentimenti, alla propria forza di reggere il destino di coloro che le sono attorno.
La lentezza della narrazione e alcune carenze della struttura rendono il film meno appetibile di quello che avrebbe potuto essere.
Certo che ritrovare un Luciano Emmer il quale, nonostante i suoi 85 anni, mostra ancora una freschezza di pensiero invidiabile, non può che fare piacere.
Quanti giovani che credono di sapere già tutto avrebbero invece bisogno di fare un po’ di gavetta al fianco del «giovanile» regista lombardo imparando cosí il «mestiere» di fare cinema. (Franco Sestini)