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MILK



Regia: Gus Van Sant
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 367 - 2008
Titolo del film: MILK
Titolo originale: MILK
Cast: regia: Gus Van Sant - sogg. e scenegg.: Dustin Lance Black - fotogr.: Harris Savides - mus.: Danny Elfman - mont.: Elliot Graham - scenogr.: Bill Groom - cost.: Danny Glicker - interpr.: Sean Penn (Harvey Milk), Emile Hirsch (Cleve Jones), James Franco (Scott Smith), Josh Brolin (Dan White), Diego Luna (Jack Lira), Brandon Boyce (Jim Rivaldo), Kelvin Yu (Michael Wong), Lucas Grabeel (Danny Nicoletta), Alison Pill (Anne Kronenberg), Victor Garber (Sindaco George Moscone), Denis O'Hare (Senatore John Briggs), Howard Rosenman (David Goodstein), Stephen Spinella (Rick Stokes), Peter Jason (Allan Baird), Carol Ruth Silver (Thelma), Eric Stoltz (Tom Ammiano), Cameron Palmer (Medora Paine), Cleve Jones (Don), Boyd Holbrook (Denton Smith), Cory Montgomery (Michael Davis), Ashlee Temple (Dianne Feinstein), Hope Tuck Mary Anne White Steven Wiig (McConnely), Douglas Smith (Paul Hogarth), Adam Del Rio (Jerry Taylor) - durata: 128' - colore - produz.: Focus Features, Groundswell Productions, Jinks/Cohen Company - origine: USA, 2008 - distrib.: BIM, 01 Distribution (23-01-2009)
Sceneggiatura: Dustin Lance Black
Nazione: USA
Anno: 2009
Premi: 2 PREMI OSCAR 2009: MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA (Sean Penn) E MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE (Dustin Lance Black)

È la storia di Harvey Milk, un assicuratore di New York, dichiaratamente omosessuale, che in occasione della festicciola per il 40esimo anno di età, (siamo nel 1970) decide, insieme al compagno, Scott Smith, di trasferirsi a San Francisco e provare a fare «qualcosa di importante»; trova un piccolo fondo nel quartiere Castro e vi apre un negozietto di fotografia, sempre insieme all’amante.

Il quartiere è caratterizzato da una fauna particolarissima, fatta da gay, lesbiche, emarginati dalla società e anziani senza piú speranza: il «Castro Camera» (questo il nome del negozio) diventa in breve il luogo dove si raccolgono questi personaggi «perdenti»: in occasione dell’elezione di un consigliere comunale, Harvey – che nel frattempo è diventato un attivista per i diritti dei gay – viene invitato dai sostenitori a candidarsi e, nonostante una bella campagna promozionale, non la spunta, per poco, ma non ce la fa.

Un po’ deluso, ma non troppo, continua la propria vita e la propria assistenza ai diseredati che gravitano nel suo negozio, non tralasciando qualche scappatella con giovanotti particolarmente vigorosi; un paio di anni dopo affronta il secondo impegno politico con un look diverso: via barba e capelli incolti, sostituiti da una pettinatura accurata e da un serio abito in tonalità appropriate; la competizione è ancora una volta affascinante ma la vittoria arride all’avversario, anche se i voti di differenza sono sempre meno.

La terza esperienza è per una carica all’interno del partito democratico e anche in questo caso non ci sarà gloria; improvvisamente i suoi «consiglieri» intravedono la possibilità di vittoria: l’elezione per un consigliere del Comune di San Francisco viene fatta per settori di territorio (quelli che da noi sarebbero i Quartieri) e, guarda caso, uno di questi settori comprende Castro, dove Harvey è il re indiscusso.

Nel frattempo una cantante bianca – Anita Bryant – da inizio ad una campagna sempre piú violenta per l’emarginazione degli omosessuali dalla vita sociale e, in un primo referendum, riesce a ribaltare la norma che dava pari dignità a ciascun uomo, disponendo una possibilità di radiazione dall’insegnamento di coloro che sono dichiarati gay: anche in questa battaglia, alla prima uscita, Harvey viene sconfitto e se ne deve tornare a Castro con la coda tra le gambe.

Finalmente una vittoria: nell’elezione per consigliere della città Harvey riesce a prevalere e tutto il quartiere è in festa; ma una brutta tegola va a cadere sulla testa di Milk: il compagno di una vita, Scott, lo abbandona per i troppi impegni che gli impediscono una vita normale e cosí il neo consigliere, dopo un breve lasso di tempo in cui vive solo, trova da accompagnarsi a Jack, un giovanissimo latino americano, autentico prototipo della «checca» gelosa, chiacchierona e petulante.

Una nuova battaglia attende Harvey: il senatore Briggs sta portando in giro per gli stati una proposta che diventa referendum, la «Proposition 6», con la quale si dice chiaramente che i diritti civili sanciti dalla carta costituzionale non si applicano agli omosessuali: la lotta è dura, ma Milk la spunta e il senatore se ne deve tornare a Washington sconfitto dal dilettante consigliere; anche questa vittoria avrà il suo prezzo: Jack, in un ennesimo colpo di testa, dopo un litigio per futilissimi motivi, si impicca alla trave del bagno ed è cosí che lo trova Harvey al rientro a casa.

Intanto prosegue l’attività legislativa nel Consiglio Comunale, dove Harvey riesce a fare adottare norme a favore dei gay, complice anche la disponibilità del Sindaco ad aiutare la causa che Milk porta avanti; in questo contesto emerge una nuova figura, quella di Dan White, un ex poliziotto, omofobo pur con celate tendenze omosessuali e dalla psicologia molto labile; convinto di essere stato raggirato da Harvey (e non ha tutti i torti) dopo aver fatto una scenata al collega rassegna le dimissioni, salvo poi ritirarle il giorno successivo; ma qui sarà Milk a «ricattare» il Sindaco facendogli presente che la comunità gay non lo voterà piú se riammetterà Dan.

Il Sindaco conferma le dimissioni e Dan, al colmo della sua instabilità mentale, lo uccide e subito dopo ammazza Milk: il funerale sarà seguito da oltre 30mila persone e partirà da Castro per raggiungere la sede del Comune; chiudono il film alcune scritte che appaiono dopo le immagini, e da queste apprendiamo che l’omicida venne condannato a soli 5 anni di carcere e che, appena uscito di prigione, si suicidò; siamo nel 1978 e Harvey Milk – come aveva predetto – non riesce a raggiungere la soglia dei 50 anni.

La struttura narrativa ci mostra, prima dei titoli di testa, varie immagini di repertorio, che testimoniano la persecuzione della polizia nei confronti degli omosessuali, con irruzioni nei gay-bar, violenze ed arresti, il tutto seguito dall’annuncio che ci informa dell’assassinio del consigliere Harvey Milk e del sindaco Gorge Moscone; nove giorni prima degli omicidi, troviamo Milk intento a registrare su audiocassetta le tappe della sua vita e della sua carriera, diventando cosí la voce narrante del film e conferendo all’opera una sorta di velleità documentaristica sul movimento gay e sulle lotte per la libertà.

La prima parte del film ci mostra Milk durante il suo periodo trascorso a New York, dove lavorava come assicuratore e, alla soglia dei quarant’anni incontra il giovane Scott Smith, colui che per molti anni sarà il suo compagno. Desideroso di cambiare vita, Milk e il suo amante si trasferiscono a San Francisco, nella speranza di trovare una maggiore accettazione alla loro relazione e, soprattutto, di riuscire a fare qualcosa di veramente importante. I due aprono un negozio di fotografia, il Castro Camera, nel quartiere popolare della città abitato prevalentemente da lavoratori cattolici, che non vedono di buon occhio l’evoluzione del quartiere, divenuto punto di riferimento per la comunità gay dell’intera città. Il piccolo negozio di fotografia diventa cosí il ritrovo di un folto gruppo di amici che sostiene il nascente attivismo di Milk, che chiede pari diritti e opportunità per tutti, diventando un paladino dell’intera comunità di Castro, che gli affibbia il soprannome di «Sindaco di Castro Street».

Nella seconda parte il film affronta il problema dell’organizzazione delle istanze della comunità gay: la cosa piú importante di questo blocco è la decisa volontà di Milk di cercare di «fare uscire i gay dall’anonimato»; in pratica egli invita tutti gli omosessuali a «dichiararsi» a familiari, colleghi di lavoro, amici, con lo slogan «se non ti accettano cosí come sei non sono veri amici».

E su questa ricerca di «fare outing» come si usa dire al giorno d’oggi, Harvey imposta gran parte della sua campagna promozionale per la propria elezione, facendo capire ai propri sostenitori che se «gli altri» ti conoscono come gay, capiscono che i gay non sono quei “«pericolosi pervertiti» che appaiono nella stampa bigotta.

È di quel periodo anche lo slogan che lo seguirà per tutte le battaglie: rivolto alla folla che lo sta acclamando prima di ogni suo intervento, Harvey comincia sempre i propri discorsi con la frase «sono Harvey Milk e vi arruolo tutti», suscitando entusiasmo e sentita partecipazione nell’intero auditorio.

La terza parte del film ci mostra la battaglia che Milk conduce all’interno delle istituzione, dal momento della sua elezione a Consigliere del Comune di San Francisco: il personaggio perde molto del suo puro e immacolato idealismo per mostrarsi nella veste di «politico smaliziato» che adotta il motto machiavellico «il fine giustifica i mezzi»; da questo atteggiamento la trappola nella quale fa cadere l’ingenuo Dan White e il sostanziale ricatto con cui induce il Sindaco a non riammettere il dimissionario Dan.

La parte finale non presenta elementi di gloria, neppure nella morte squallida che avviene per opera di un ex amico consigliere chiaramente squilibrato (anche per colpa di Milk); ma la manifestazione di folla che segue le esequie di Harvey è la chiara dimostrazione dell’amore della gente per questo quasi cinquantenne che è finalmente riuscito a combinare qualcosa di importante: si è battuto ed ha vinto per dare pari dignità agli omosessuali e per convincere gli stessi a non avere paura di mostrare la loro condizione.

La eccezionale interpretazione di Sean Penn – che giustamente gli ha consentito di conquistare l’Oscar 2009 – e un impianto narrativo molto ben curato, ci portano a dichiarare il film come uno dei migliori in assoluto sull’argomento della battaglia per il riconoscimento dei diritti civili; l’aspetto volutamente didascalico, quasi da documentario, della narrazione conferiscono all’opera anche un aspetto autenticamente didattico su questa forma di libertà invocata e conquistata ai fini di poter vivere la propria diversità in assoluta legittimità.  (Franco Sestini)

 


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