«8 e 1/2» E IL MINISTRO GELMINI
di LUIGI ZAFFAGNINI
Chiavi tematiche: TV, comunicazione.
La trasmissione televisiva «8 e ½» del 29/10/2009, su La7, ci ha offerto una pregevole dimostrazione della competenza, della capacità di controllo della situazione e della lucidità espositiva del ministro dell'istruzione Maria Stella Gelmini, a proposito della riforma universitaria che sta per essere varata.
A chi è abituato a vagliare gli esiti della comunicazione mediatica non può sfuggire, però, che al ministro, pur esemplare nella sua puntuale capacità di replica, hanno nuociuto due fattori: uno che non poteva controllare direttamente e uno che fa parte di una strategia comunicativa forse non meditata a fondo neppure da quelle numerose personalità politiche che non appartengono allo schieramento che ha egemonizzato cultura e comunicazione italiane da decenni. Cercheremo di sintetizzare rapidamente in questo modo:
1. Il primo aspetto consiste nella dimensione della regia televisiva che, attraverso il montaggio diretto e attraverso la scelta delle inquadrature, delle luci, del ritmo ha reso in modo maliziosamente ostile la figura del ministro, nonostante si trattasse di una donna graziosa e affabile, ma che è stata volutamente messa in concorrenza con la conduttrice sul piano delle protuberanze siliconate e della fiammeggiante capigliatura, imponendo allo spettatore il frequentissimo dettaglio della gesticolazione delle mani, in diretto controcampo dei primi piani della conduttrice. Come a dire: "A questo modello di professionalità giornalistica si risponde aiutandosi con i gesti delle mani, perché la sostanza del discorso è assai poco convincente".
2. La conduttrice ha costretto il ministro a intervenire solo sul terreno del quantitativismo con la citazione di dati numerici rinforzati da apporti di schede televisive o del coinvitato Ferruccio De Bortoli. La riforma del ministro è invece squisitamente qualitativa e fondata sulla meritocrazia e non si possono confondere i due livelli. Il ministro molto garbatamente ha dovuto incassare le interruzioni della conduttrice senza voler o poter affrontare una legittima controffensiva che mettesse in chiaro che una giornalista, per quanto preparata e affiancata da una redazione, non è una "tuttologa" cui è dato per grazia divina di interpellare con saccenteria chi conosce materia e problemi. È una questione di livelli di conoscibilità dei fenomeni e degli eventi. Le interviste si fanno non dando giudizi ma ascoltando, registrando e aiutando il pubblico a comprendere meglio il punto di vista e le ragioni dell'intervistato. Ogni altra ingerenza risulta sicuramente indebita e va fermata sul nascere. Il ministro Maria Stella Gelmini si è mossa sul piano di un corretto linguaggio concettuale, ma non ha valutato fino in fondo che quanto sarebbe uscito dalla trasmissione sarebbe apparso tradotto in tutt'altro linguaggio: quello dell'immagine. A questo devono oggi inchinarsi anche i più onesti e preparati degli intellettuali che hanno a che fare con il mondo dei media.