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TRA LE NUVOLE



Regia: Jason Reitman
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: TRA LE NUVOLE
Titolo originale: UP IN THE AIR
Cast: regia: Jason Reitman – sogg.: Walter Kirn (romanzo) – scenegg.: Jason Reitman, Sheldon Turner – fotogr.: Eric Steelberg – scenogr.: Steve Saklad – mont.: Dana E. Glauberman – mus.: Rolfe Kent – cost.: Danny Glicker – interpr. princip.: George Clooney (Ryan Bingham), Vera Farmiga (Alex Goran), Anna Kendrick (Natalie Keener), Jason Bateman (Craig Gregory), Amy Morton (Kara Bingham), Melanie Lynskey (Julie Bingham) – durata: 108’ – colore – produz.: Ivan Reitman, Jason Reitman, Jeffrey Clifford, Daniel Dubiecki, per The Montecito Picture Company, Rickshaw Productions – origine: USA, 2009 – distrib.: Universal Pictures (22-01-2010)
Sceneggiatura: Jason Reitman, Sheldon Turner
Nazione: USA
Anno: 2009

esercizio di Lettura strutturale del film

 “È LA STORIA DI“ sono le prime tre parole della formula sintetica con la quale è possibile raccontare brevemente le vicende di un film considerandolo dal MODO con il quale il suo regista l’ha strutturato. È lo strumento, (divulgato dal gesuita p. Nazareno Taddei), che si dimostra sempre più idoneo al fine da raggiungere man mano che se ne fa uso opportuno.

La lettura strutturale del film, insegnava il medesimo autore, può essere eseguita in diversi modi: partendo dall’inizio e fermandosi sui principali nuclei narrativi per evidenziare quella invisibile forza che, quasi si trattasse d’una calamita, attira e unifica un certo numero di essi con al centro focale un personaggio che ne costituisce l’anima. Tali ‘calamite’ hanno un nome tecnico, perni strutturali, (che a loro volta possono essere di vari tipi, che qui non ci fermiamo a considerare): di solito sono due-tre. Alla fine il materiale raccolto servirà per formulare ‘È la storia di’.

a) Il lettore può iniziare la lettura del film partendo dalla fine, cioè dall’ultima inquadratura o dall’ultima scena chiedendosi: PERCHÉ il personaggio al centro di essa (di solito è il protagonista del film) agisce in quel modo, fa quella scelta? La risposta viene dalle scene precedenti, alle quali sarà necessario porsi la medesima domanda: Perché s’è verificato quell’evento? Eccetera. Così, risalendo passo passo verso l’inizio del film, se ne ricordano i contenuti, ponendo sempre attenzione ai MODI usati dal regista per raccontarli.

b) Se il lettore ricapitola tutto il film partendo dall’inizio, potrà comporre la solita formula sopra riportata con la variante: Dopo quello che ho visto che cosa è capitato? Perché?

Quelli ricordati sono i due modi principali e più semplici quandosi tratta di film che procedono in modo logico e cronologico.

Ce ne sono altri, che esigono studio ed esercizio per venire usati convenientemente.

a) Si parte, ad esempio, dal protagonista (dopo aver intuito chi sia quello del film visto, oppure in attesa di scoprirlo: e qui sono da applicarsi i noti criteri per arrivare alla ‘scoperta’!) e si cerca di radunare con intelligenza quanto è successo nel film attorno a lui/lei/loro a seconda dei casi, senza trascurare di ricordare quelle che potremmo chiamare a nostro uso e consumo le sue ‘spalle’, i personaggi cioè che hanno detto e fatto qualche cosa in modo tale da farlo reagire in modo psicofisico. Se constatiamo che tutti hanno agito e parlato in funzione di lui, e che perciò stesso egli ha subito in forza di tali situazioni una certa evoluzione psicologica, allora ci riconfermiamo nella convinzione che il protagonista è lui/lei/loro.

b) Qualcuno parte dalle proprie reazioni personali dopo la visione del film: è bello, è brutto, è ripetitivo e noioso...mi ha commosso, mi sono divertito...

Qquella descritta, che può avere diverse varianti, tutte ‘figlie illegittime’, almeno per noi!, delle impressioni personali degli spettatori, è strada suggestiva ma pericolosa, alla fine della quale non sarà possibile raccontare il film visto con la formula sopra ricordata. Il motivo è chiaro: “È LA STORIA DI” ripercorre in modo oggettivo il MODO con cui il regista ha presentato le vicende che ebbero al centro il protagonista; l’altra mantiene al centro d’interesse lo spettatore con la sua sensibilità soggettiva, ma non corrisponde che molto raramente e spesso per puro caso a qualche aspetto oggettivo del film. Si dirà: chi mi obbliga a fare lettura oggettiva del film? Nessuno, certo! Se però t’interessa conoscere il pensiero e l’intenzione che hanno guidato il regista a girare il suo film, non ti resta che partire con la lettura strutturale e cioè oggettiva.

Si possono presentare esempi concreti di quanto sopra descritto.

La rivista “EDAV”, mi disse un giorno p. Taddei, è rivista di studio”. È utile a chi studia avere sott’occhio qualche esempio pratico di lettura strutturale e alcuni abbonati chiedono tale servizio. A scuola l’utilità che l’alunno riceve dall’esatta soluzione dei problemi di matematica o dalle fedeli traduzioni in e da lingue diverse dalla sua, non sta nel risultato della prova ma nell’apprendimento del metodo per risolvere i problemi che in seguito si presenteranno allo studente. L’applicazione del principio vale anche per la lettura strutturale del film. Essa, ripeto, può essere eseguita in svariati modi.

Applichiamo quanto detto precedentemente al nostro film.

 
*   *   *

1. Dopo aver assistito con sufficiente attenzione alla proiezione, arrivato alla parola FINE mi confermo nell’intuizione, avuta più volte nelle due ore circa di spettacolo, che protagonista è il signor Ryan. Ricordo, infatti, che i ‘’suoi’’ licenziati esprimevano le loro rimostranze, lamenti e morali sconfitte in modo da farci conoscere quello che egli sperimentava durante l’incarico affidatogli di “tagliateste”. Inizialmente sembrava che facesse lo scontento per ‘posa’ professionale; un poco alla volta, caso dopo caso (ecco le sue tappe evolutive psicologiche) ci fa capire che rimane molto colpito dalle sofferenze morali e dalle conseguenze economiche che involontariamente provoca nelle vittime del liberalismo industriale.

Alla radice di tutto c’è la crisi economica americana che s’allarga a macchia d’olio e travolge famiglie e nazioni. Il regista non ha intenzione di esaminare le cause del tristissimo fenomeno, ma soltanto prenderne occasione per raccontarne le indirette conseguenze su Ryan. È il punto di partenza, dal quale ritornare agli episodi del film coerenti con esso.

Se qualche punto di svolta principale dello spettacolo non rientra nella fatica intrapresa, è evidente che tale metodo non è sufficiente per ...risolvere il problema.

Le intuizioni possono giovare al lettore come ipotesi da verificare.

Qui ho soltanto accennato a questo primo modo di ripensare al film, ma è evidente che non è agevole e applicabile immediatamente da tutti gli spettatori.

 

2. Proviamo a ricostruire il film rispettandone la struttura e partendo dal fondo, come si disse sopra, cercando le risposte oggettive a domande che cominciano sempre con l’avverbio ‘’Perché...?’. Talvolta questo modo risulterà abbastanza facile, anche a motivo del fatto che le ultime vicende viste si ricordano meglio.

- perché alla fine vediamo il mondo, città-mare-deserto..., che sembrano essere soltanto bei paesaggi?

- perché Ryan è così triste?

- perché gli è capitato quello che non si aspettava che gli succedesse? (non è sufficiente rispondere che tutto dipende dalla sceneggiatura!...Bisogna evidenziare i rapporti di causa ed effetti visti sullo schermo, non quelli forse immaginati dallo spettatore).

- perché ad un certo punto è rimasto deluso della donna della quale si era innamorato?

- perché se n’era innamorato?

Il gioco dei ‘perché...?’ continuerà molto meglio se lo spettatore si servirà dei rapidi essenziali appunti presi durante la proiezione.

Si arriverà alle domande più importanti risalendo verso l’inizio del film:

-perché Ryan instaura relazioni di lavoro con quella ‘ragazzina” ingenua e rampante in carriera?

- perché tratta con lei quasi sopportandola?

- perché il regista gliene fa incontrare un’altra ?

- perché quest’altra viene da lui ritenuta single?

- perché e perché...? Eccetera...

- all’inizio: perché la prima inquadratura, già prima del titolo, presenta tutte quelle nubi?

- e di lì in poi perché Ryan è sempre con la valigia da viaggio in mano negli aeroporti del mondo?

- e perché le impiegate degli aeroporti lo agevolano al check in?

- e a proposito di ‘valigia’ da viaggio, perché egli parla spesso nelle conferenze di valigia, anzi di zaino da riempire ma subito da svuotare?

Come si vede, questo secondo modo di ripensare e ricostruire il film partendo dalla finale, ad un certo punto s’incrocia e si ‘contanima’ con l’altro che comincia dall’inizio, cosicché si aiutano a vicenda a ricordare i fatti e a raccoglierli con maggiore facilità.

 

3. Cominciare dall’inizio è il metodo, si direbbe, classico.

Padre Taddei suggeriva di stare attenti alle prime dieci inquadrature, che di solito offrono, per così dire, la chiave d’entrata nella struttura cinematografica del film che stiamo per vedere.

Nel caso nostro vediamo nuvole e nuvole, città-foreste-mari-deserti ripresi dall’alto...Un passeggero di mezza età, signorile ed educato, osserva dal finestrino dell’aereo il mondo che gli scorre sotto come un panorama indistinto. 

Lo vediamo poi a contato con dipendenti e superiori.

Veniamo a conoscere il suo lavoro (specificarlo, non rimanere nel vago).

Il suo comportamento con altri impiegati ad alto livello.

Relazione con due donne: una giovane che è presentata ‘così e così’ (specificare quello che dice e come lo dice, quello che fa e come lo fa...).; l’altra ‘così e così’ (fisicamente e sentimentalmente...), come da esse viene considerato e trattato...

Ripetitività di scene di partenza e arrivo da aeroporti di città lontane: per quale motivo il regista ripete e insiste ...? Dare risposte concrete e non generiche...riferendo le circostanze del film...

Contatto e dialoghi di Ryan con i ‘’suoi’’ licenziati.

Ognuno con il suo problema...Quale in particolare?

Cominciamo a intravedere bene la struttura filmica: gli episodi, nuclei narrativi, riguardano il mondo del protagonista / delle due donne / dei licenziati. Questo per la struttura narrativa (riferimenti ai fatti).

Ma c’è anche la struttura semiologia (in riferimento alla evoluzione psicologica del protagonista). Dove possiamo accorgerci che inizia la seconda parte della medesima, dopo la prima che parte con le prime inquadrature?

Dove notiamo le prime incrinature della iniziale ‘sicurezza disinvolta’ di Ryan evidenziate dal film?

Dove è evidente la crisi del protagonista?

Qual è la soluzione della crisi? Ma il film presenta la soluzione? 

Durante la ricostruzione del film lo spettatore facilmente ricorda qualche particolare osservato in momenti e circostanze diverse della proiezione. Ad esempio dopo il ‘paesaggio’ iniziale delle nuvole gli torna in mente la medesima inquadratura che chiude il film. In questo caso, che frequentemente si incontra in molti film, tanto da essere diventato uno dei numerosi stereotipi cinematografici, si parla di ‘inclusione’.

Altro esempio: la seconda volta in cui il protagonista si presenta all’impiegata del ‘check in’ viene immediatamente riconosciuto; lo spettatore ricorda che in modo simile viene facilitato ogni volta il suo passaggio di fronte a quell’adempimento burocratico. Perché?

Tutto serve per leggere e capire il significato del film; altrettanto per identificare la personalità del protagonista.

A tale proposito sarà utile prender nota delle sue qualità fisiche e psicologiche, trasformando con aggettivi qualificativi specifici (non ‘’buono bravo bello’’, ma generoso vendicativo prudente ...) i suoi comportamenti e modi di esprimersi. Questa è la parte meno facile del lavoro che spetta allo spettatore-lettore.

Quando nella composizione letteraria della “STORIA DI”  bisognerà connotare il protagonista con uno o due aggettivi, la scelta cadrà su quelli che maggiormente corrispondono al modo usato dal regista per mettere in luce lo stato d’animo del protagonista e tradotti con essi dal lettore.

Facciamo un esempio con il film appena visto.

Ryan si dimostra uomo maturo, affascinante, famoso tra i colleghi ma famigerato e ‘aborrito’ da coloro che da lui riceveranno le brutte notizie..., veste sempre elegante, si dimostra sensibile e ‘colpito’ dalle reazioni dei ‘’suoi’’licenziati fino a sperimentare una superficiale solidarietà emotiva con coloro che egli è costretto a ‘condannare’, è single e ‘cacciatore’ di femmine, disinvolto nei viaggi aerei e negli alberghi di lusso a lui destinati dalle ditte che lo finanziano, polemico e tenace nelle sue decisioni professionali...

Ora è il momento di scegliere, tra i tanti possibili, l’aggettivo o i due aggettivi più ‘importanti’ non per lo spettatore ma per il regista che ha voluto ‘così’ il personaggio.

Il lettore ricordi che l’IDEA CENTRALE del film (che egli dovrà esplicitare dopo averla ‘scoperta’ attraverso la lettura strutturale), corrisponderà al motivo che aveva convinto il regista a dirigere i fatti da lui raccontati in quel modo caratteristico. Tale idea centrale è, per così dire, nascosta dall’evoluzione psicologica del protagonista, e da lui, diciamo così, ‘incarnata’. Quella sarà necessario mettere in luce.

L’aggettivo che maggiormente sembra corrispondere al modo di comportarsi di Ryan è ‘deciso’ seguito dal correttivo d’un avverbio di modo o d’una locuzione avverbiale, ad esempio ‘suo malgrado’ o simile.

 
*   *   *

Riferisco un altro consiglio del mio maestro p. Taddei. La ripetizione letteraria del risultato parziale raggiunto può ingenerare impazienza e noia; è però utile al fine di verificare il lavoro eseguito nella sua relazione con il rimanente da fare...

È, dunque, LA STORIA DI RYAN, uomo d’affari americano, di professione ‘tagliateste’, deciso suo malgrado a portare a termine quel tristo lavoro (accettato da ditte industriali in crisi a causa della grave situazione economica mondiale), girando il mondo nel disegno di raggiungere il numero delle ore di volo che gli permetteranno di essere gratificato con un premio straordinario in denaro, affiancato da una giovane collega (ch’egli mal volentieri sopporta perché insensibile ai problemi umani che provoca nei licenziamenti di gente che getta sul lastrico),

IL QUALE,

pur cercando di sfuggire alla solitudine e al disgusto che gli procura il lavoro con fuggevoli incontri con donne disponibili e dopo aver ottenuto il premio (che riceve con sorpresa e che lo lascia piuttosto imbarazzato di fronte alle congratulazioni che gli vengono rivolte) della raggiunta somma delle decine di migliaia di chilometri di volo, in fine SI RITROVA DELUSO E SOLO nella vita.

 

È vero, come mi suggerisce qualcuno, che “il film tocca la problematica del lavoro e sta avendo successo di pubblico ”.

La dozzina di licenziati, (esempi e campioni dei milioni di famiglie ‘sinistrate’ dall’attuale cataclisma sociale che ‘globalizza’ il mondo, non solamente gli USA!), è in funzione del signor Ryan. Il film ne racconta l’evoluzione psicologica nelle tre parti strutturali:

Nella PRIMA PARTE il protagonista esercita con decisione il suo incarico, incaricato di supplire alla mancanza di coraggio dei responsabili delle ditte industriali di comunicare direttamente l’esonero definititvo dal lavoro a molti dipendenti, provvedimento purtroppo necessario, date le circostanze attuali. Egli si comporta con discrezione e rispetto, non capiamo bene se per convinzione o per convenienza.

Nella SECONDA PARTE Ryan, provocato anche dai modi spicci e freddamente burocratici della sua giovane collega, entra in crisi nel dover comportarsi con determinazione verso i candidati al licenziamento. Già prima usava modi gentili pieni di comprensione per i problemi dei quali si considerava in certo modo corresponsabile innescandoli a nome di altri. Ora partecipa alla sofferenza delle ‘’sue’’ vittime. La collega ‘maturerà’ tardi, ma arriverà ella pure al punto di entrare in crisi fino al punto di licenziarsi da quel lavoro, del quale i superiori erano molto soddisfatti, dato il brillante risultato della sua fredda operazione.

La TERZA PARTE è dedicata al racconto della delusione finale del protagonista.

Tutti gli eventi del film sono stati in funzione di Ryan allo scopo di raccontarne LA STORIA.

La sua formulazione può essere espressa in svariati modi; l’importante è fare il possibile affinché la struttura letteraria corrisponda alla struttura cinematografica.

 

Concludiamo così: abbiamo visto un film, in cui il protagonista, ‘arrivato’ e soddisfatto del suo lavoro ma sempre alla ricerca di ‘qualche cosa’ che supplisse alla solitudine e all’insoddisfazione che sperimentava e che non riusciva a mascherare malgrado la disinvoltura e l’apparente gratificazione, finisce per ritrovarsi, alla conclusione del film, maggiormente solo e insoddisfatto che all’inizio.

Le ripetizioni di espressioni durante le riflessioni sul film sono state funzionali: la preoccupazione letteraria non deve impedire la chiarezza nell’esprimere il nostro pensiero.

A questo punto ritengo superfluo elencare i diversi episodi che rappresentano le circostanze in cui il protagonista evolve dall’apparente soddisfazione alla delusione finale. Essi sono talmente evidenti che non costituiscono difficoltà di lettura. Determinante è stato, e per questo lo voglio citare, l’ultimo tentativo d’incontro di Ryan con la donna ch’egli riteneva single e che scopre ‘felicemente’ sposata (“Ma come? Hai famiglia?”), la quale, al marito che le chiede chi fosse che bussava alla sporta di casa da lei aperta, risponde: “È un uomo perduto!”. All’ingenuo ‘amico’ di evasioni extra coniugali, che le chiede:”E ora, che faremo? Dove ci incontreremo?”, butta in faccia la cruda realtà :”Tu eri per me soltanto una parentesi, una pausa!”

 

Dispiace che il film, dopo aver detto tutto, non trovi la rapida conclusione e continui per alcuni minuti per informarci sulla fine delle storie secondarie, in particolare di quella della giovane collega del protagonista che si licenzia dal lavoro precedente e ne cerca un altro con la graziosa raccomandazione di Ryan, e dell’amante che trovava in lui un comodo alibi alle assenze da casa.

Anche in questo caso, come in tanti altri, alla sceneggiatura, (che pure doveva portare a termine le vicende dei personaggi secondari), è attribuibile la diminuzione d’effetto emotivo che il film sarebbe stato in grado di provocare con maggiore essenzialità, tanto nei riguardi dei numerosi viaggi aerei quanto nella posticcia coda finale.

Ma lo spettacolo ha, purtroppo!, le sue esigenze e ogni regista ha il suo stile.

 
*   *   *
 

Dove ce l’hai la testa?

Quando da bambini ci ‘svegliavano’ dall’incanto che ci aveva ‘rapiti’ e i grandi ci rivolgevano quella domanda o quest’altra:‘ la testa? Dove sei. Dove sei?’, subito spalancavamo gli occhi, già aperti e sbarrati nel vuoto, pronti a rispondere:’Eh? Sono qui!’ Già, sei qui...ma prima? Dove stavi un momento fa? Tra le nuvole!, cioè altrove!

In realtà quando, anche adulti, ‘usciamo’ provvisoriamente del ‘qui-ora’, non facciamo altro che ‘sognare’ un ‘altrove-chissà quando’.

Il protagonista del film, più che ‘andare altrove’, fugge dal ‘qui-ora’. Soprattutto vorrebbe allontanarsi da se stesso, liberandosi di tutto e di tutti, precedentemente ‘insaccati’ nello zaino prima di partire solo e spensierato. Ma è un illuso!

Sembra l’uomo può fortunato del mondo: lavoro ben retribuito e sicuro, hobby e ‘manie’ coltivate senza preoccupazioni economiche! Eppure vorrebbe ‘abbandonarsi’, lasciarsi...non importa dove, importante è ‘dimenticarsi’!

 

Lo spettatore forse si identifica per certi aspetti con lo stato d’animo di Ryan.

Il regista offre, a chi la vuole accettare, la morale della sua ‘favola’: PER QUANTO NELLA VITA TI SFORZI DI DIMENTICARE TUTTO E TUTTI, NON RIUSCIRAI A VIVERE LIBERO E FELICE perché non ti libererai mai da te stesso. Le più gratificanti realizzazioni non ti basteranno mai.

Il film visto non ci sembra un capolavoro. Èstato diretto e interpretato bene, (specialmente dal pluripremiato interprete del protagonista), e gli spettatori adulti non potranno lamentarsi d’aver perso tempo recandosi a vederlo. (Adelio Cola)

 


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