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LE BRUITS DES GLACONS (Il suono del ghiaccio)



Regia: Bertrand Blier
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: - 2010
Titolo del film: LE BRUITS DES GLACONS
Titolo originale: LE BRUITS DES GLACONS
Nazione: FRANCIA
Anno: 2010
Presentato: 67. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2010 - Giornate degli Autori

E’ LA STORIA D’UN CELEBRE PREMIATO SCRITTORE infelice, alcoolizzato, abbandonato dalla moglie, libertino sfortunato (“le donne mi abbandonano perché mi trovano noioso”), ammalato di cancro al cervello, IL QUALE, dopo essersi illuso, nel suo super accessoriato palazzo, d’aver ingannato con uno stratagemma la MORTE (personaggio umano che gli rimane sempre accanto dopo avergli fatto ‘visita’ (“Io sono il tuo cancro”), s’allontana da essa in compagnia dell’ultima sua amante.

Il titolo del film allude al ticchettìo dei cubetti di ghiaccio nel contenitore della bottiglia di vino, che il protagonista porta sempre con sé (“mi resta soltanto il vino”), che ingolla con disperata compensazione psicologica dei suoi problemi di salute, che giorno dopo giorno lo avvicinano alla morte. Dopo la visita della MORTE non ha più pace, che d’altronde prima s’illudeva di godere. Essa lo perseguita con la sua soffocante presenza. Egli fa di tutto per allontanarne la presenza (‘l’incubo!’), ma non ci riesce (“io sono immortale”…”anche se sono stanco di fare il macellaio”). La ‘ammazza’ più volte: le spara con il fucile da caccia, la strangola, la precipita giù dall’alta scarpata del suo palazzo. Essa non muore. Torna a farglisi presente più ‘esigente’ di prima. L’ultima amante del protagonista è la sua maniaca devota domestica. E’ lei che lo implora di corrispondere al suo amore (“è una cotta”, commenta la Morte) irrefrenabile (prega il Crocifisso che gli conceda la grazia!). Durante gli incontri libertini la Morte assiste e …aspetta curiosa e paziente, in compagnia della Morte collega, quella (una brutta vecchia) dell’amante, che le si sistema accanto. Tutto è inutile, anche la conquista d’una avvenente fanciulla russa da parte del signore ricco e famoso. Anzi, la Morte consiglia allla giovane di “salvare finché è ancora in tempo la sua “bellezza”. Il “signore” si mette d’accordo con due finti ladri. Entrino di notte nel palazzo, rubino una sua opera artistica di grande valore e gli sparino a salve quando saranno da lui scoperti. La Morte l’abbandonerà credendolo morto (“Andiamo via, il nostro compito è finito”: e le due Morti, quella di lui e e di lei!, s’allontanano). Gli amanti fuggono con un veloce motoscafo, mentre la canzone ripete il malinconico ritornello:”Ne me quitte pas!”

Che il progetto di ingannare la morte (cioè di ‘vincerla’ e di sfuggirle9 sia una infantile ingenua illusione è, per così dire, illustrato dal regista (ma non ce n’era bisogno!). Il nero umorismo funebre, che spesso muove al riso gli spettatori in sala, non riesce ad annullare l’emozione ‘salutare’, anche se sgradita, provocata dal film. L’interpretazione del protagonista è spesso (vedi le crisi del dolore lancinante ‘risolte (?)’ dalla morfina!) sopra le righe. Più convincenti e credibili sono i personaggi comprimari. La colonna sonora passa dal carattere minaccioso e talvolta ‘giallo’ a quello addirittura ‘scanzonato’, per non dire canzonatorio. I difetti sono nella sceneggiatura: ripetizioni superflue e insistenze noiose sul tema dell’ineluttabilità della Morte con dialoghi e inquadrature prevedibili, che a lungo andare smorzano l’efficacia dello svolgimento del tema.   

C’è una sequenzina da non dimenticare. Il figlio adolescente che viene a trovare il padre ammalato, gli confessa “un terribile errore commesso” (“ho fatto l’amore con la tua domestica”). Il moribondo lo rassicura (“non è grande cosa”).”Papà, il mondo è impazzito, gli uomini sono impazziti. Vale la pena di vivere?” “Sì, pensa alle cose belle della vita!” La risposta s’aggiunge al consiglio offerto dalla Morte alla giovane russa.

Il film non né equivoco né ambiguo, esprime con chiarezza il pensiero del suo autore agli spettatori, anche se non incontriamo mai un accenno a valori metafisici ai quali ‘agganciare’ la vita quaggiù.

 (Adelio Cola)
 


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