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MIRAL



Regia: Julian Schnabel
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: - 2010
Titolo del film: MIRAL
Titolo originale: MIRAL
Nazione: FRANCIA, ISRAELE
Anno: 2010
Presentato: 67. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2010 - In Concorso

Il film si divide in due grosse parti, che si intersecano tra di loro, delle quali la prima narra la storia di Hind Husseini, una donna facoltosa, di origini arabe, che mentre si sta recando al lavoro, si imbatte in cinquantacinque orfani seduti per terra senza cibo e soprattutto senza speranza; senza pensarci più di tanto, li porta a casa dei genitori – evidentemente piuttosto ricchi a giudicare dalla villa che possiedono – e offre loro un posto dove stare (mangiare, dormire e imparare qualcosa nello studio); nel giro di pochi mesi i ragazzini, tutti di origine palestinese, diventano quasi duemila e così abbiamo la nascita dell’Istituto Dar Al-Tifel, dove ai piccoli ricoverati viene insegnato a leggere e scrivere.

Uno dei bambini che viene portato all’Istituto è una bambina, Miral, che nasce da una madre violentata da giovane e scappata di casa: la ragazzina è ingenua e non conosce niente delle sofferenze e delle brutture che stanno avvenendo nella zona, con le varie lotte tra palestinesi e israeliani e con la popolazione civile a rimetterci più di tutti.

Miral viene presa a benvolere dalla fondatrice dell’Istituto, Hind, e compie studi regolari, finché a soli 17 anni viene scelta per andare ad insegnare ai ragazzini dei campi profughi palestinesi; è da questa esperienza che scopre le tribolazioni a cui è sottoposto il suo popolo e la brutalità della guerra civile in atto nei territori.

E qui si ritrova combattuta tra gli insegnamenti di Hind che chiede a tutti la “non violenza” e la necessità, propagandata da altri, di aiutare la sua gente anche con azioni violente; il successivo incontro e l’amore per Hani, attivista politico dell’OLP, la gettano ancora di più nell’agone della lotta fino a quando viene addirittura arrestata dai soldati palestinesi dopo che è stata scoperta in possesso di materiale di propaganda relativo all’”intifada” (che lei non sapeva di avere, per la verità); solo l’intervento del padre – un arabo moderato e religiosissimo – assistito da un bravissimo avvocato, la salva dalla prigione.

Al termine del film, dopo che la ragazza ha appreso della morte del fidanzato, Hani, ucciso da esponenti dell’OLP in quanto accusato di essere favorevole a trattative con Israele e dopo la morte del padre, si reca a salutare Hind, diventata molto anziana ma ancora dedita ad opere di bene (e lei che ha trovato il modo di far frequentare alla ragazza delle scuole specializzate in Europa), e si imbarca per l’Italia dove seguirà un master di giornalismo; il suo futuro sarà costellato da successi come scrittrice e come giornalista, ma soprattutto dall’aver fatto tesoro della lezione di Hind, cioè la necessità di negoziare e l’inutilità della lotta armata, nonostante qualsiasi brutalità dell’esercito israeliano.

Il film è fortemente didascalico e utilizza la storia di Miral per parlare sia della situazione dei ragazzi palestinesi (prima parte del film) e sia della situazione ancora irrisolta dei territori contesi tra israeliani e palestinesi; in questo contesto l’autore non prende una posizione a favore di una parte o dell’altra, ma piange insieme ai palestinesi che subiscono i soprusi degli israeliano, inneggia a quegli arabi come Hind che cercano di lenire le ferite dei giovani palestinesi; ma mostra anche la parte migliore dello Stato di Israele, cioè quel giudice che decide in piena autonomia da qualsiasi autorità politica o militare ma solo in base alla propria coscienza. ed alle prove che gli vengono presentate.

E nel dualismo tra lotta armata e insegnamento ai giovani palestinesi, laddove Hind ha speso una vita per la seconda soluzione, anche Miral, nella parte finale del film, si allinea all’antica maestra e lascia le speranze della lotta per allinearsi sulle posizioni dei palestinesi favorevoli alle trattative con Israele, anche se queste saranno lunghe, faticose e probabilmente disattese dagli ebrei, ma comunque varrà sempre la pena tentare.

(Franco Sestini)
 


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