THE SKY CRAWLERS
Regia: Mamoru Oshii
Lettura del film di: Manfredi Mancuso
Titolo del film: THE SKY CRAWLERS
Titolo originale: SUKAI KURORA
Cast: Regia: Mamoru Oshii; Sceneggiatura: Chihiro Itou; Musiche: Kenji Kawai; Produzione: Nippon Television Network Corporation, Production I.G.; Paese: Giappone 2008; Genere: Animazione; Durata: 122 Min
Sceneggiatura: Chihiro Itou
Nazione: GIAPPONE
Anno: 2008
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Fuori Concorso
Yuichi Kannami è un giovanissimo pilota di aerei da caccia che viene trasferito dai suoi superiori in una nuova base per sostituire un collega scomparso in circostanze misteriose.
Kannami è però anche un “kildren” una sorta di nuova razza di soldati-bambino geneticamente modificati per restare sempre giovani e per combattere - al posto degli adulti - in una guerra eterna, combattuta tra due fazioni rivali, (la “Rostock” e la “Lautern”) le cui offensive ( e conseguenti controffensive) sembrano costituire le uniche notizie che giornali e televisioni divulgano al resto della popolazione.
Nella nuova base, Kannami prende contatto con i suoi nuovi colleghi (tutti “kildren” come lui) e con la comandante-bambina Suito Kusanagi, che pur mostrandosi all’apparenza fredda e rigida, sembra in realtà nutrire un segreto interesse verso di lui.
Dopo un breve periodo il pilota si incuriosisce sempre di più della figura del suo sfortunato predecessore e cerca di scoprirne le sorti, venendo però costantemente deluso nelle sue ricerche che si scontrano col muro di segretezza che circonda l’accaduto; tutto ciò che riesce a scoprire è una diceria che vuole che lo scomparso pilota sia in realtà stato ucciso dalla comandante Kusanagi in persona. per motivi non meglio precisati.
Nel frattempo, il nostro pilota-bambino fa la conoscenza di altri personaggi che ruotano intorno alla base: “Mamma”, una donna adulta che svolge l’incarico di meccanico e spicciafaccende della base e che, per l’abitudine di prendersi cura dei mini-soldati, ha avuto affibbiato quel nomignolo; Keyko, una bambina più piccola, che si presenta come la sorellina della comandante, ma che si rivelerà esserne la figlia; Zoofo, una prostituta “adulta” che gli offre, benaccetta, i suoi favori, e altri adulti che gestiscono un bar, luogo di ritrovo e gozzoviglie dei giovanissimi soldati.
Le giornate di questa compagnia si svolgono all’insegna della ripetitività, tra sterili azioni di guerra, mai veramente risolutive per nessuna delle due fazioni rivali, e incomprensibili decisioni dei “superiori” che si concretizzano in ordini cervellotici e ambigui (come quello di ritirarsi dal combattimento, durante un’azione di guerra potenzialmente risolutiva, nonostante la forza aerea decisamente superiore o il mancato avvertimento dell’avvistamento di caccia nemici che solo per fortuna non devasteranno la base) che hanno come unica e immediata conseguenza quella di provocare decine di perdite in entrambi gli schieramenti e di fare infuriare la bimba comandante che per ben due volte si lamenterà con i superiori (tutti appartenenti al mondo degli “adulti”).
Quando tuttavia le cose sembrano volgere al meglio per la compagnia di Kannami ecco, a riequilibrare nuovamente le sorti del conflitto, apparire la figura di “Maestro”, un misterioso quanto invincibile asso della guerra aerea della parte avversa che se ne va a spasso nei cieli seminando morte alla guida di un caccia, minacciosamente dipinto con un giaguaro nero sulla carlinga.
Ed è cercando di informarsi sulla misteriosa identità di quest’ultimo che finalmente Kannami riuscirà a scoprire qualcosa dalla comandante: il pilota scomparso è stato effettivamente ucciso da lei e il misterioso “Maestro”, che si vocifera essere un adulto, lavorava un tempo per la loro fazione e , dopo una serie di eventi non meglio precisati, è passato dalla parte opposta.
Non solo; il comandante lo fa partecipe dell’idea (o del sospetto) che ruota da tempo nella sua testa e gli rivela altri particolari inquietanti: la guerra che essi combattono è una sorta di gioco, di spettacolo che deve essere quotidianamente combattuto e dato in pasto alla gente per soddisfare la loro “voglia di guerra” e poter mantenere la pace. E che Kannami è in realtà la reincarnazione (ottenuta tramite metodi scientifici e non certo spirituali!) del pilota ucciso. I superiori che controllano la sorte della guerra infatti, alla morte di un kindren, gli azzerano la memoria e lo fanno reincarnare nel corpo di un clone che ne possiede la stesse caratteristiche e abilità guerresche, ma diverso aspetto.
Per questo Suito ha ucciso la precedente “versione” di Kannami. E’ stato anzi proprio il pilota ucciso a chiedere alla amata comandante di sparargli per poter mettere fine alla sua triste non-esistenza.
Con questa consapevolezza Kannami, dopo aver distolto l’amata da intenzioni suicide (“continua a vivere finché non avrai trovato il modo di cambiare le cose”), si decide a tentare una soluzione definitiva che porterà alla fine del sistema nel quale sono intrappolati: uccidere “Maestro”, il simbolo di quella guerra interminabile.
Nel corso dell’ennesima azione di guerra, infatti, disubbidendo platealmente agli ordini ricevuti, si getta alla caccia di quest’ultimo che però, tenendo fede alla sua fama di invincibile, lo sconfigge, crivellando di colpi la carlinga dell’aereo rivale.
La prima sequenza del film mostra subito quella che sarà la chiave tematica: fra un turbinio di aerei che si incrociano, combattendosi ferocemente, e assordanti effetti sonori, il cielo, azzurro e sconfinato, viene mostrato come un desolante palcoscenico di scene di efferata violenza (da ricordare la scena in cui il pilota lanciatosi col paracadute dall’aereo in fiamme viene falciato dalle scariche del mitra del “Maestro”).
La violenza della guerra colpisce soprattutto, anzi, esclusivamente i bambini che, del resto, sono presentati come figure di soldati in miniatura, dalle sembianze innocenti, ma internamente vuoti: come marionette si lasciano trasportare nelle azioni di guerra, obbedendo ciecamente agli ordini ricevuti, ma incapaci, una volta a terra, di impegnarsi a fondo in autentici rapporti sociali. Oltretutto, gli adulti che compongono l’altra parte del mondo se da un lato arrivano a provare moti di autentica pietà per questi bambini, dall’altro (specie le figure dei superiori) sono spesso volutamente ipocriti e ambigui nell’intenzione di mantenere lo status quo e far continuare la guerra che sembra costituire l’unico motivo di interesse.
La guerra insomma risulta essere un sistema infernale e ripetitivo capace di creare solo morte e dolore, specialmente sui bambini che vengono così privati della loro autentica natura e innocenza, sistema al quale è anche, in definitiva, impossibile opporsi secondo il regista Oshi che sceglie appositamente un finale duramente pessimistico.
Il film presenta una struttura lineare e scorre via con un ritmo gradevole, facendo largo uso di immagini spettacolari e sequenze di combattimento mozzafiato. La denuncia della guerra con le devastazioni che essa comporta e la relativa spettacolarizzazione è sentita e sinceramente riprovata dall’autore che però sembra non lasciare spazio ad alcuna speranza. (Manfredi Mancuso)