TUNGNGAAN (THE CHILD’S EYE)
Regia: Oxyde Pang, Danny Pang
Lettura del film di: Manfredi Mancuso
Edav N: - 2010
Titolo del film: TUNGNGAAN (THE CHILD’S EYE)
Titolo originale: TUNGNGAAN
Nazione: HONG KONG, CINA
Anno: 2010
Presentato: 67. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2010 - Fuori Concorso
Un gruppo di sei amici, tre ragazze e tre ragazzi (Rainie e il suo fidanzato Lok; Ling con il fratello Rex e Ciwi con il compagno Hei) dopo essere partiti per un viaggio in Thailandia rimane bloccato nel paese a causa di una sommossa politica e della seguente chiusura degli aeroporti. Finiscono così in un alberghetto di terz’ordine gestito da uno zoppo, lo “zio” Chuen, tipo burbero e dai modi misteriosi e sbrigativi.
Dopo aver fatto la conoscenza di tre bizzarri bambini (e del loro cagnolino), i sei compagni cominciano ad essere subito protagonisti di strani e misteriosi avvenimenti che avvengono all’interno dell’hotel (considerato, secondo voci di corridoio, infestato da un fantasma): poche ore dopo essere giunti in albergo, infatti, i tre uomini della compagnia scompaiono senza lasciare traccia. Nessuno sa dove siano andati e soltanto uno dei tre ragazzini incontrati dal gruppo in precedenza azzarda l’ipotesi che i tre uomini siano stati rapiti dalla «donna che vive di sopra», intendendo con quest’espressione il fantasma di una donna che sarebbe morta nell’albergo anni prima e che continuerebbe a tormentare adesso gli ospiti della struttura.
Le tre ragazze si mettono coraggiosamente in cerca dei loro compagni, ma delle tre soltanto Ranie, riesce a uscire sana e salva dalle labirintiche sale sotterranee dell’albergo, mentre le altre due ragazze scompaiono nel nulla. Rimasta sola, ma non per questo scoraggiata, Ranie, prendendo in prestito il cagnolino già citato (che ha la particolarità di vedere i fantasmi e di abbaiare per segnalarne la presenza), si mette in cerca dei restanti amici.
Tra una peripezia e l’altra, dopo aver fatto la conoscenza di un’orribile creatura mezza bambino e mezza cane, la ragazza si scontra anche con il fantasma della donna, venendo a conoscenza della tragica storia che riguarda lo spettro: il fantasma altri non è che la moglie del proprietario dell’albergo, uccisa involontariamente dallo stesso marito, mentre questi tentava di difendere il figlio orrendamente sfigurato (il bimbo-cane) dalla moglie, la quale, accecata dalla disperazione, aveva cercato di uccidere il mostriciattolo.
Scoperta la storia, lo spettro si prepara ad uccidere Ranie, ma scopre che la ragazza è incinta e il suo spirito si placa, accondiscendendo alla richiesta della ragazza di liberare tutti i compagni sequestrati. Nel frattempo accorre anche lo “zio” Chuen che muore addormentandosi insieme al figlio. La famiglia è così riunita.
Dopo essere stati tutti liberati, i ragazzi ripartono dalla Thailandia con un pulmino privato, ma, probabilmente a causa dell’intervento di qualche fantasma, hanno un incidente mortale.
La vicenda, raccontata finora, è di per se stessa emblematica di un’opera che non presta alcuna attenzione alla logicità degli avvenimenti o alla loro concatenazione temporale e che si basa soltanto sul fattore tecnico del 3D per tentare di far scorrere qualche piccolo brivido lungo la schiena dello spettatore, riuscendoci bene solo in parte. Tentare un’analisi del racconto, per questo motivo, appare quanto mai superfluo. Se altro si può aggiungere è semmai l’espressione legittima di una perplessità sull’opportunità di presentare (anche se opportunamente fuori competizione) un prodotto del genere nel corso di una mostra d’arte cinematografica.
(Manfredi Mancuso)