ATTENBERG
Regia: Athina Rachel Tsangari
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: - 2010
Titolo del film: ATTENBERG
Titolo originale: ATTENBERG
Nazione: GRECIA
Anno: 2010
Presentato: 67. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2010 - In Concorso
È la storia di Marina, diminutivo di Marinella, una ragazza di 23 anni – almeno a quanto dice lei, perché in realtà ne dimostra tre o quattro meno – che vive insieme al padre in una nuova struttura abitativa, un prototipo di cittadina all’interno di un’area industriale vicina al mare al mare.
La ragazza vive senza apparenti interessi, se si esclude i documentari sui mammiferi di Sir David Attenborough trasmessi dalla TV e senza alcun impegno, sia esso lavorativo (sembra che faccia qualche corsa su un Taxi, ma in forma talmente episodica da chiedersi se sia un vero lavoro o un hobby) o di studio. Il padre – uno degli architetti che ha contribuito alla realizzazione della cittadina – vive con lei ma è ammalato di cancro e giornalmente si reca a fare una sorta di chemioterapia che, comunque, non gli da speranza di sopravvivenza.
Con la sua unica amica, Bella, intrattiene lunghe esercitazioni di balletto e di educazione sessuale – limitata al bacio sulla bocca – provando peraltro un po’ di disgusto per la lingua della ragazza che entra in bocca. Il resto del genere umano è considerato repellente e la ragazza se ne tiene a distanza, fino a quando non appare un forestiero che utilizza il taxi di Marina per farsi accompagnare in albergo; dal primo incontro subentra in Marina una sorta di curiosità di carattere sessuale nei confronti del nuovo arrivato, cosa che si concretizza quando il giovane la invita nella sua camera e la ragazza compie anche con lui le stesso cose che fa con l’amica, cioè grandi e involuti baci sulla bocca con gran roteare di lingua. Comunica al giovane la propria verginità, ma in modo eloquente gli chiede di iniziarla alle gioie dell’amore: si spoglia tutta nuda e gli si pone davanti; l’uomo la riveste e la riaccompagna all’uscita, non senza baciarla nuovamente sulle labbra, quasi a dirle che per quella volta dovevano fermarsi al bacio.
Da quel momento in poi, il film vede Marina che interagisce con il padre e con il giovanotto: dal padre riceve istruzioni circa la sua cremazione dopo la morte ed anche l’affermazione che “la cittadina che hanno costruito e dove loro abitano è stata fatta con una sorta di data di scadenza per cui esiste al suo interno una forma di autodistruzione già fornito di anno in cui avverrà questo evento”; con il giovane realizza finalmente un rapporto completo che, a ben vedere, sembra anche appagare la ragazza.
Nell’ultima parte dell’opera, il padre si aggrava e si avvicina l’evento tragico; a Marina spettano due incombenze: la prima prevede che Bella, l’amica abbia un rapporto con il genitore prima che questi intraprenda il “viaggio finale” e la seconda consiste nell’organizzazione della cremazione che avverrà in Germania con invio del corpo via aerea e ritorno delle ceneri con lo stesso mezzo; e nell’ultima sequenza troviamo Marina che, accompagnata dall’amica Bella, sparge le ceneri nel mare: la ragazza ha ottemperato alla richiesta del padre e quindi adesso può cominciare a pensare a se stessa.
Il film inizia con un muro inquadrato da vicino che mostra la particolarità di apparire ben verniciato ma con alcune crepe; le stesse crepe sui muri si incontreranno nelle ultime immagini del film, come a creare una sorta di cornice alla vicenda di Marina e dei suoi interlocutori.
E vediamola un po’ più nei dettagli la vicenda che riguarda Marina: la incontriamo all’inizio che mostra repulsione fisica per gli uomini, anche se sembra curiosa dei rapporti sessuali (certo che a 23 annui non poteva essere diversamente!!); ha un amore sviscerato per i gorilla che vede nei documentari in TV e arriva a dire che “esiste una più concreta e reciproca comprensione quando scambi un’occhiata con un gorilla più di quanto non avvenga con un qualsiasi altro animale, uomo compreso”; l’unica persona con cui interagisce è Bella, ma limitatamente a esercitazioni di ballo e di baci con lingua roteante, oltre al padre con cui sembra avere un ottimo rapporto nato forse a causa dell’assenza della madre.
Quando a questo terzetto sui aggiunge il giovane che utilizza il taxi di Marina (forse è un ingegnere addetto ai lavori del comprensorio), mentre Bella si mostra “civetta” come è nella sua indole, Marica cerca di inquadrarlo e arriva addirittura a parlarne con il padre, dicendogli che “gli piace”; la conoscenza più profonda è questione di poco tempo e così la ragazza ottiene la completezza sessuale che sembra mancargli così tanto fino a quel momento.
E adesso vediamo se questa particolarità della ragazza e degli altri abitanti del comprensorio abitativo può essere legata alla scarsa tenuta delle infrastrutture costruite così male che sembrano già vecchie, nonostante la struttura sia ancora in fase di finitura.
Direi che l’inizio del film e la fine ci collocano su una strada di correlazione con la vicenda di Marina; a questo si aggiunge il discorso del padre che dice alla figlia di aver partecipato alla costruzione di una struttura che ha già al suo interno i germi per la sua autodistruzione.
Possiamo allora arrivare a dire che l’uomo è l’animale più distruttivo creato sulla Terra e questa sua caratteristica la esplicita nella costruzione di strutture destinate ad essere presto rovine cadenti; tutto questo sembra attagliarsi anche all’essere “uomo” che oltre a costruire queste cadenti strutture, ne è anche l’abitatore e quindi ne assume su di se le caratteristiche negative: sia Marina che Bella, ma anche il giovane che inizia la ragazza all’amore, sono tutti esseri umani “irrisolti”, carichi di problemi interiori e dallo sguardo “meno comunicativo” di quello del gorilla, animale che l’autore mette in testa alla scala delle creature terrestri.
Il film pone alla nostra attenzione alcune idee – che non confluiscono peraltro a livello di idea tematica per carenza strutturale – che hanno un qualche interesse, specie quella dei nuovi insediamenti urbani che hanno le strutture abitative collocate vicino o addirittura vicinissimo a realtà industriali, chiedendosi se non sia “colpa” di queste scelte architettoniche ed urbanistiche se l’uomo diventa sempre più psicologicamente disturbato e dedito ad una qualche forma di incomunicabilità.
La regista dell’opera è una giovane greca che vive e lavora tra la Grecia e gli Stati Uniti e che sembra avere buone doti narrative e di direzione artistica, per cui c’è da pronosticarle un futuro luminoso; speriamo non mi smentisca. Questa selezione per il concorso di questa Mostra è un primo passo che potrebbe lanciarla verso altri successi; augurarglielo è il minimo!!