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VENUS NOIR (VENERE NERA)



Regia: Abdellatif Kechiche
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: - 2010
Titolo del film: VENUS NOIR (VENERE NERA)
Titolo originale: VENUS NOIR
Nazione: FRANCIA
Anno: 2010
Presentato: 67. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2010 - In Concorso

È la tragica storia di un personaggio grottesco, Saartjie Baartman, una negra monumentale di origine Sudafricana, che viene strappata al proprio paese e portata in Europa per essere mostrata alle genti in qualità di fenomeno da baraccone chiamandola “La Venere ottentotta”; il primo “padrone” della donna è un inglese, Caezar, che la propone come una femmina selvaggia che sta per iniziare i primi rudimenti della civiltà; il pubblico è impaurito dalla mole della donna e manda gridolini di terrore ogniqualvolta Saartjie si rivolge minacciosamente verso di loro, fingendo una aggressività inesistente.

Entra poi in gioco un nuovo “manager/padrone”, il francese Réaux che, sposta il raggio d’azione a Parigi dopo avere   acquistato  – diciamo così – una certa quota di azioni del fenomeno ottentotto; come novità, abbiamo l’immissione nello spettacolo -  presentato per lo più nei salotti della nobiltà parigina – di una corposa nota di sensualità che fino a quel momento non era mai apparsa in forma così palese; il nuovo arrivato, coadiuvato dalla sua amante, una prostituta di nome Jeanne, tenta di far fare alla donna alcuni esercizi nei quali si prevede di mostrare una o più parti del corpo e si invita gli spettatori a toccare la ragazza per assicurarsi che la “grandezza” non è stata falsificata in modo artificiale con strumenti o appendici varie.

Ad uno di questi spettacoli è presente un giornalista che chiede il permesso di “intervistare” Saartjie e, ottenuta l’autorizzazione, cerca di costruire una storia accattivante della donna, cominciando dalle sue origini: “sei una Principessa?” al diniego della ragazza, il giornalista non se ne da per inteso e continua nella presentazione della “figlia della Principessa” con la motivazione che al pubblico piacerà molto di più: sincerità della stampa!!

L’ultimo spettacolo che la donna esegue con questa formula, si conclude con il rifiuto della ragazza di eseguire alcune cose considerate indecenti e tale rifiuto non è accettato da Réaux che la butta fuori dalla compagnia e così  la ragazza si ritrova sola con Jeanne e diventa una delle prostitute di una casa di tolleranza parigina, con l’incarico di eccitare i clienti dell’amica, con la quale divide (non equamente) gli introiti.

Dopo essere stata colta da una pericolosa infezione alle vie urinarie ed essere stata ricoverata in ospedale per le cure del caso, la donna, si ritrova all’ultimo gradino della sua esistenza: batte il marciapiede invitando gli uomini ad andare con lei in camera per un fugace rapporto; morrà dopo poco e l’unica che se ne mostra dispiaciuta è l’amica Jeanne, con la quale ha condiviso le esperienze dell’ultima parte della sua vita.

Il film inizia con il professor Cuvier, anatomista di valore mondiale, che nel 1817, di fronte ai colleghi dell’Accademia Reale di Medicina di Parigi, afferma – dopo aver mostrato il calco del corpo di Saartjie – di “non aver mai visto testa umana più simile a quella di una scimmia” e spiega poi che la donna si può definire appartenente agli “ottentotti” per due caratteristiche: l’innaturale ipertrofismo dei glutei e la stranissima composizione dell’apparato genitale, che presenta delle escrescenze assolutamente fuori dalla norma.

La stessa immagine la vediamo nell’ultima sequenza del film, quando la sala è vuota e su questa immagine una voce fuori campo annuncia che il corpo della donna è stato restituito al Sud Africa nel 2002 insieme alle parti anatomiche che vennero estratte dallo stesso a scopo di studio.

L’opera quindi è collocata all’interno di queste due sequenza che testimoniano l’interesse della scienza per la particolarità del corpo di Saartjie e si compone di due grosse parti, una che si svolge a Londra e l’altra che ha luogo a Parigi; nella prima, la ragazza è al suo “esordio” come fenomeno ed è ancora gestita dal suo iniziale scopritore, Caezar, e rappresenta le prime esibizioni in una sorta di teatro laddove la ragazza viene mostrata come “donna selvaggia”, tenuta alla catena dal suo “padrone” ed ha una sequenza di particolare interesse: ad una degli spettacoli si presentano tre emissari dell’African Institution che cercano di “liberare” la donna dalla schiavitù, vera o presunta che essi proclamano; tale situazione viene rappresentata anche di fronte ad un Tribunale che però, nonostante il pubblico sia a favore dell’Istituzione, non può procedere in quanto Saartjie proclama apertamente di “non essere schiava” e di essere venuta in Inghilterra di sua esclusiva volontà, con l’intenzione di “fare l’artista”, intendimento che ripeterà più volte nel corso della narrazione.

Nella seconda parte assistiamo invece all’ingresso della donna – con i suoi “accompagnatori” – all’interno dei salotti dell’alta borghesia francese e alla novità dell’elemento sessuale introdotto nella performance di Saartjie; le dame dell’aristocrazia, dopo un iniziale turbamento per la particolarità della donna, acconsentono a stare al gioco e si mostrano ben disponibili a seguire l’andazzo della serata, mostrando i seni nudi – come fanno fare a Saartjje – e facendo altre esplicite operazioni del genere.

In questo blocco assistiamo anche ad una particolarissima performance di Saartjie: già in altre occasioni abbiamo visto la donna strimpellare un curioso strumento musicale che sembra un piccolo violino con un buffo archetto; in questa seconda parte, vediamo la donna seguire la musica di un violinista “vero” che suona il suo strumento altrettanto vero, con il suo strano aggeggio e praticamente ricavare lo stesso suono; Réaux la definisce in possesso dell’”orecchio assoluto”, cosa che nella realtà non significa niente!

E quest’ultimo elemento cinematografico ci riporta all’affermazione della donna che dice di “voler fare l’artista”, “di essere venuta via dal proprio Paese per fare l’artista” mentre l’esigenza di coloro che la gestiscono è mostrarne le strane fattezze e le particolari attitudini e caratteristiche fisiche.

Ed è sempre a Parigi che Réaux troverà il modo di realizzare del denaro con un’altra esibizione della donna: la porterà all’Istituto di Anatomia diretto dal Professor Cuvier (quello della scena iniziale) che la sottoporrà a tutta una serie di misurazioni e di comparazioni anatomiche, ma quando si arriva alla parte degli organi genitali, la donna si rifiuta di mostrarsi e così la performance non si conclude come previsto e la cifra pattuita non viene corrisposta; il tutto, compreso il calco completo della donna, avverrà solo dopo la sua morte, quando Réaux si affretta a portare il corpo ancora caldo allo stesso Cuvuer.

Per tirare qualche somma, il film è l’esempio classico – ma bestialmente drammatico – di una sopraffazione di un essere umano da parte di altri esseri umani: Saartjie, con le sue caratteristiche e le sue capacità, viene utilizzata dai suoi mentori soltanto a livello di “fenomeno” disattendendo completamente i desideri della donna; e questa situazione non cambierà mai durante la vita della ragazza, neppure quando riceverà una offerta di assistenza da parte dell’African Insitution ed anche la scienza, anziché indicarle la strada per meglio superare questa situazione cercherà soltanto di utilizzarne le caratteristiche al fine di diventare “famosi” (il professor Cuvier che viene subissato dagli applausi quando presenta il calco del corpo della donna).

Il regista Kechiche – già presente nel 2008 e ben accolto a Venezia – mostra ancora una volta la sua maestria nella composizione di una corretta struttura narrativa e nella direzione di un nutrito gruppo di attori; se proprio vogliamo trovare qualcosa da ridire, possiamo notare che l’opera propende in massima parte per l’aspetto spettacolare ai danni della struttura filmica, ma questo è compensato dalle bellissime immagini che l’autore è riuscito a realizzare.

(Franco Sestini)
 


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