LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI
Regia: Saverio Costanzo
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: - 2010
Titolo del film: LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI
Nazione: ITALIA, FRANCIA, GERMANIA
Anno: 2010
Presentato: 67. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2010 - In Concorso
È la storia di due giovani, Mattia e Alice – entrambi “numeri primi” (cercherò di spiegare più sotto il significato del termine), che si incontrano da adolescenti e subito si accorgono di essere “simili”; l’amicizia, che sta trasformandosi in qualcosa di più importante, prosegue fino al momento in cui Mattia, su pressione dei genitori, decide di accettare un incarico presso un Istituto di Genetica in Germania e questo tronca qualunque tipo di rapporto; verso la fine del film, la ragazza, in preda ad una grossa crisi che l’ha resa anoressica, chiede aiuto all’amico il quale la raggiunge immediatamente ma questo nuovo incontro, dopo sette anni, si conclude con la consapevolezza che due “numeri primi” non potranno mai stare insieme; ma – èpssoamo aggiungere - non potranno neppure stare con altri.
Anzitutto due parole sul concetto di “numeri primi”: in matematica si chiamano così quei numeri che sono divisibili soltanto per uno o per se stessi e quindi, nell’allegoria che ne consegue, sono numeri ,ovverosia persone, solitari e incomprensibili agli altri.
Ma per diventare “numeri primi” cosa deve succedere a queste donne o uomini sfortunati? Ovviamente devono avere subito, in tenera età, un qualche trauma che li segnerà per la vita intera, rendendoli, appunto, solitari e non comunicanti con gli altri.
Vediamo allora cosa è successo ai nostri due giovani: Mattia ha subito un trauma a seguito della morte (non la vediamo ma la intuiamo) della sorella gemella, dovuta ad una sua distrazione, mentre Alice ha avuto un problema ad una gamba a seguito di una caduta dagli sci, che l’ha resa “zoppa”, termine che, appena rientrata a scuola, tutti i compagni e le compagne le affibbiano; da notare che in entrambi i casi, una forte responsabilità viene data alle due famiglie che si mostrano assurdamente intransigenti su cose di poca importanza e da ciò deriva l’evento drammatico.
I due crescono quasi nello stesso tempo, nella stessa città, ma si incontrano solo da adolescenti nei corridoi di una scuola e, immediatamente, riconoscono il proprio dolore nella faccia dell’altro e lo identificano quindi come un proprio “simile”.
Mentre Alice continua ad essere sbeffeggiata dai compagni, Mattia ha la capacità di qualificarsi come “il genio della classe” e quindi nessuno lo importuna, salvo essere escluso da tutti i circoli e circoletti scolastici, ma di questo il ragazzo non se ne duole, tanto è solitario e dedito soltanto allo studio.
Questi primi incontri sporadici si infittiscono e sfociano in una festa in casa di una amica, nella quale Mattia e Alice diventano “amici” veramente, ma oltre non riescono ad andare.
Siamo alla maturità, passata brillantemente da lui, ma decorosamente anche da lei e al matrimonio di una collega, l’amicizia diventa un po’ più stretta, ma sempre nei limiti del rapporto; peccato che quando escono, Mattia confessi alla ragazza di essere in partenza per la Germania dove si tratterrà almeno tre anni, per essere assunto da un prestigioso Istituto di ricerca; ovvia e comprensibile la delusione che prova Alice.
Gli anni in cui la ragazza resta senza l’amico “numero primo” diventano in realtà sette e troviamo Alice sull’orlo della pazzia: si è sposata ma naturalmente la cosa non ha retto; è diventata anoressica e si sta consumando come una candela; ovvia la richiesta di aiuto che Alice rivolge all’amico, invitandolo a venire “subito” da lei.
Mattia si precipita in Italia (il richiamo della somiglianza!!) e si dirige immediatamente verso la casa della ragazza che trova in condizioni pietose, magra, malcurata, anche imbruttita, (il complimento “sei bellissima è appunto un complimento); il loro ultimo contatto avviene ad un Parco, dove il giovane è seduto su una panchina e viene raggiunto da Alice che, da dietro, esegue solo una operazione: mette le mani tra i capelli del ragazzo che peraltro non cambia minimamente espressione; come è ovvio, il film termina su questa immagine che ci ribadisce l’impossibilità di questi due “diversi” di poter stare insieme.
Una nota di “costume”: il film, nella proiezione per la stampa alla quale ho partecipato, ha avuto in maggioranza fischi e anche qualche applauso (pochi); magari non vorrei che i fischi facciano il paio con quelli che si sono sentiti all’inizio del film, quando è apparso il nome del Distributore (Medusa, del gruppo Mediaset); se fosse stato fatto assonanza con il Costanzo/padre, sarebbe grave, ma in questa gabbia di matti che è diventato il nostro Paese ci sarebbe da aspettarsi questo ed altro.
Ma torniamo al film; possiamo tranquillamente affermare che i due protagonisti, o meglio i loro corpi e menti, vengono stravolti da eventi che li trovano impreparati durante la loro infanzia e non sufficientemente “protetti” dalla famiglia; questi eventi stravolgeranno così tanto la loro psiche da farli diventare “diversi”, persone cioè che non si possono trovare insieme a tutti gli altri considerati “normali” e quindi destinati a subire una sostanziale solitudine, cioè “infelicità”.
Saverio Costanzo si avvale di due cose interessanti e strettamente indispensabili per il buon funzionamento del film: una “mostruosa” interpretazione di Alba Rohrwacher nel ruolo di Alice adulta e una squisita musica elettronica che ben si accompagna a questo lavoro che qualcuno ha definito un “horror sentimentale”.
Per il resto, immagini molto belle e assai curate – forse anche troppo, così da scadere qualche volta nel calligrafismo – e cast artistico interamente al di sopra della media; in sostanza un buon film (non possiamo definirlo eccellente) che, anche per il traino che avrà dal best seller letterario da cui è tratto e che ha lo stesso titolo, scritto da Paolo Giordano – che collabora a soggetto e sceneggiatura – avrà quasi certamente un buon riscontro nei botteghini.