¡VIVAN LAS ANTIPODAS !
Regia: Victor Kossakovsky
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: ¡VIVAN LAS ANTIPODAS !
Titolo originale: ¡VIVAN LAS ANTIPODAS !
Cast: Regia, sceneggiatura e direzione fotografia di Victor Kossakovsky – musica: Aleksander Popov – Musica: Michel Schopping – Produttori esecutivi: Alesander Rodnyanski, Gema Juarez, Allen – Eva-Maria Weerts – Christian Angemayer, Ackim Pfeffer – produzione: Heino Deckert – colore – durata 108’ – Origine: Olanda, Germania, Argentina, Cile, 2011 - Distribuzione internazionale: Deckert Distribution GmbH
Sceneggiatura: Victor Kossakovsky
Nazione: OLANDA, GERMANIA, ARGENTINA, CILE
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 – Fuori Concorso
L’autore del film, celebre documentarista pluripremiato, ha scelto di presentare gli stridenti contrasti naturali e umani che sono generati dal confronto tra posizioni geografiche agli antipodi le une dalle altre, rispetto alla loro circostanza di trovarsi appunto agli antipodi del globo terrestre. La cifra che ne offre la falsariga stilistica è data dalle prime immagini: sono contrapposte e affiancate foto dei due emisferi della Terra, accostate le une alle altre come se un virtuale tunnel sotterraneo le avesse raggiunte passando per il centro del pianeta. Vediamo, infatti, riprese di mare in pieno giorno e contemporaneamente di cielo stellato. I cosiddetti luoghi antipodi non sono numerosi, perché l’esistenza della superficie terrestre coperta dal mare non ne consente l’esistenza. Tra quelli scelti dal regista, il primo, caratteristico villaggio “Entre los rios” argentino, viene più volte ripresentato dal montaggio, quasi a ricordare e sottolineare un aspetto che si carica perciò stesso di valore tematico. Due uomini anziani, che sopravvivono nella loro solitudine con espedienti positivi e leciti, si difendono dai pericoli che la natura selvaggia ordisce a chi rischia di cimentarsi in un’impresa al limite del coraggio umano. Il suo antipode è dominato dal frastuono d’un caotico traffico, anch’esso e ancor maggiormente del primo, pericoloso e che condanna gli innumerevoli individui formicolanti nella città cinese di Shiangai, alla solitudine dell’anonimato. Ritengo superfluo ricordare le altre coppie di luoghi terrestri antipodi, in quanto il tema che si sviluppa nel seguito del film non fa che riproporre situazioni diverse ma con umani risultati identici. I pericoli che arrivano dalla matrigna natura hanno origine dall’eruzione vulcanica, dalla pioggia torrenziale e conseguente alluvione, dalla ‘convivenza’ e vicinanza con animali selvatici e istintivamente feroci. Qualche individuo perirà tra le spire delle insidie tramate dalla natura (vedi il cane fedele, simbolo delle vittime innocenti, che il padrone non ritrova dopo la colata dei torrenti di lava incandescente, che lentamente ma inesorabilmente sono scesi verso valle lambendo di fuoco il povero villaggio di gente poverissima), ma sulla morte la vita riprende e trionfa. La metaforica ‘interprete’, diciamo così, della positiva tesi da dimostrare è una variopinta debole farfalla, che, dopo ripetuti inefficaci tentativi di sollevarsi in volo superando ostacoli tra i quali il rischio di finire in una pozzanghera d’acqua radunatasi nel ‘catino’ di lava fredda ormai roccia tra le rocce, la sua breve esistenza, riesce infine a librarsi in aria e a innalzarsi verso il cielo. Il cast di coda fa scorrere sullo schermo due colonne dei realizzatori del film, tutte e due in senso verticale ma con successione inversa: rispettivamente dall’alto in basso quella di sinistra e con movimento contrario quella di destra. Il film si lascia ammirare e aggiunge fama e gloria al suo autore. Non possiamo però non rilevare due suoi limiti la ripetizione compiaciuta della tecnica dei due modi di montare le fotografie del documentario, che a lungo andare riescono a stancare per mancanza di originalità (nota, dopo la prima ora di proiezione, diversi spettatori lasciarono la sala…, probabilmente per disaffezione ad uno stile lento e ripetitivo, “bello, come bisbigliò uno andandosene, ma noioso!”), e il fatto che la caratteristica del film, (ma questa è una mia impressione!) non è la contemplabilità, ma semmai la meditabilità sulla grandiosità terribilità della natura, nella quale convivono persone e animali. Una curiosità, non so se voluta o spontanea, che ho notata nel film: in casa e in compagnia costante con l’uomo c’è sempre l’animale fedele per antonomasia, il cane. La colonna sonora dello spettacolo è costantemente adattata a commentare convenientemente le visioni opposte d’un mondo che, a detta d’un interprete, «gira con il capo in giù!» La visione finale dell’arcobaleno, che ‘avvolge amichevolmente’ l’ultimo emisfero contemplato, chiude il film in modo rasserenante e fiducioso. (Adelio Cola)