SCOSSA
Regia: Francesco Maselli, Carlo Lizzani, Nino Russo, Ugo Gregoretti
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: SCOSSA
Titolo originale: SCOSSA
Cast: regia: Francesco (Citto) Maselli, Carlo Lizzani, Ugo Gregoretti, Nino Russo scenegg.: Giorgio Arlorio. Andrea Frezza, Citto Maselli, Carlo Lizzani, Ugo Gregoretti, Nino Russo fotogr.: Massimo Intoppa, Felice De Maria mont.: Giuseppe Pagano scenogr.: Marco Dentici cost.: Beatrice Giannini, Lina Nerli Taviani mus.: Lucio Gregoretti, Giovanna Marini interpr.: Massimo Ranieri, Lucia Sardo, Paolo Briguglia, Gianfranco Quero, Amanda Sandrelli durata: 95 colore produz.: Isabella Cocuzza, Arturo Paglia (Paco Cinematografica) origine: ITALIA, 2011
Sceneggiatura: Giorgio Arlorio. Andrea Frezza, Citto Maselli, Carlo Lizzani, Ugo Gregoretti, Nino Russo
Nazione: ITALIA
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 Fuori Concorso
Film a episodi di autori diversi rievocanti episodi che possono essere accaduti in seguito alla scossa di terremoto di Messina del 1908. Gli autori non vogliono raccontare la storia del sisma, né riferirne le catastrofiche conseguenze. Intendono creare con fantasia casi umani che probabilmente si sono avverati in quelle drammatiche circostanze luttuose. Ecco la madre, (titolo, SPERANZA), rimasta sotto le macerie della sua casa, la quale, malgrado che si trovi immobile e con le «gambe rotte», trova la forza di interessarsi ad una persona che gira tra le rovine della città distrutta (in realtà si renderà conto che è un ladro|) della condizione di parenti e amici. Una donna superstite ‘ammattita’ la informa che «Messina non c’è più e non c’è più speranza… È il castigo di Dio per i nostri peccati!» L’interpretazione popolare è ambigua e pigra nelle deduzioni, che il film non discute.
Un giovane intellettuale piemontese, protagonista del secondo episodio, (LUNGO LE RIVE DELLA MORTE), parte in treno e con mezzi di fortuna arriva a Messina: visita l’ex città, prende appunti e scrive un suo diario di viaggio, che in seguito fu pubblicato. «La descrizione e la fantasia non potranno mai avvicinarsi alla spaventosa verità di quello che ho visto!». Le numerose interviste ai superstiti sono interpretate da personaggi che le rivivono sullo schermo.
SCIACALLI è il titolo del terzo episodio, dal quale lo spettatore attende di assistere alla violenza sui vivi e sui morti da parte di ladri inumani che s’arricchiscono disprezzando i più elementari valori civili. Il film, invece, racconta la storia d’un uomo anziano che, miracolosamente sopravvissuto al terremoto, fruga tra le macerie della sua casa distrutta cercando la moglie. È già stato informato che «ella non c’è più!», «ma io vado e la cerco lo stesso!» Tra i primi soccorritori dei terremotati di Messina vengono ricordati con riconoscenza i militari d'una nave russa che navigava poco lontano dal luogo del disastro. «Essi non comprendono una parola della nostra lingua», osserva il nostro uomo mentre lo fermano ed egli cerca di spiegare ciò che stava facendo. Lo prendono invece per uno ‘sciacallo’, lo mettono alle spalle d’un muro diroccato e: «In nome della legge, ordina l’ufficiale russo, io ti faccio fucilare!». L’innocente muore sulle rovine della sua casa distrutta.
L’ultimo episodio è un atto di altissima protesta e denuncia contro le autorità del tempo, ma anche di quelle attuali, che soffocarono e continuano a soffocare con le sporche esigenze della burocrazia e le riprovevoli manovre politiche a difesa degli interessi particolari, le giuste attese dei superstiti del terrorismo di allora e dei diritto dei ‘poveri’ di oggi, sanciti da leggi ambigue e in fondo illusorie e ingannatrici dei semplici cittadini, ai quali «la legge ha promesso la casa in sostituzione di quella distrutta». La realtà è la seguente. «Dopo un secolo» (il titolo recita SEMBRA UN SECOLO) dal terremoto della Calabria e di Messina del 1908, dodicimila abitanti vivono ancora nelle baracche. Molto notevole l’interpretazione del vecchio ‘immortale’ protagonista («Io resto qui con i piedi per terra finché non mi date la nuova casa in cui morire dignitosamente in pace tra quattro mura!»), che giustamente non si rassegna d’essere stato ingannato. «M’hanno detto di far niente e d’aspettare. ...Una quindicina di giorni, e poi la casa!» Dopo un anno è ancora in attesa. L’avvocato, al quale chiede consiglio, il burocrate che lo riceve con supponenza, il parroco che gli consiglia di «avere pazienza», il fascista che lo manda via obbligandolo a fare il saluto fascista e non a darsi la mano, sono seguiti nel film dal manifesto stradale “Forza Italia”. Più chiaro di così il «J’acuse!» non potrebbe essere. (Adelio Cola)