LUNG NEAW VISITS HIS NEIGHBOURS
Regia: Rirkrit Tiravanija
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: LUNG NEAW VISITS HIS NEIGHBOURS
Titolo originale: LUNG NEAW VISITS HIS NEIGHBOURS
Cast: regia: Rirkrit Tiravanija fotografia: Cristian Manzutto, Rirkrit Tiravanjia montaggio: Cristian Manzutto suono: Eva Sangiorgi, Chalermrat Kaweewattana colore durata: 149 interpreti: Lung Neaw, Villagers from Ban San Pu Loei province of Chiang Mai produzione: Rirkrit Tiravanija, Cristian Manzutto origine: Tailandia, Messico, 2011
Sceneggiatura: Rirkrit Tiravanija
Nazione: TAILANDIA / MESSICO
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 Orizzonti
Nei 149 minuti di proiezione del lungo, ma non «interminabile!», docufilm non succede niente, proprio niente! Eppure il regista ha saputo, con intelligenza e grande rispetto per il soggetto scelto, offrire alla contemplazione dello spettatore una visione affascinante ed una lezione positiva, se i destinatari hanno avuto la pazienza di seguirlo con partecipazione soggettiva. Se la maggior parte dei presenti in sala ha abbandonato l’impegno, gli unici a rimetterci sono stati soltanto loro. Chi ha visto, a suo tempo, L’ALBERO DEGLI ZOCCOLI ha rimpianto i bei tempi di allora. In questo film tailandese, nel quale, contrariamente al film citato che era pieno di episodi, nulla succede sullo schermo, il rimpianto non riguarda il passato ma il presente, che laggiù è ancora quasi attuale, e qui da noi definitivamente tramontato. Il regista racconta, meglio, documenta la giornata ideale, una delle tante tutte identiche, dell’anziano protagonista (coltivatore di riso, comunicativo, gentile, disponibile) che, come vuole il titolo, «visita i suoi vicini». Il valore dell’amicizia e della solidarietà viene esaltato, ma anche quello della vita semplice e a modo suo felice dell’onesto faticoso lavoro e della relazione religiosa, anche se per noi talvolta sembra superstiziosa, dell’uomo con la Natura. Tutto è scandito in quattro segmenti temporali: «Questa società (e noi comprendiamo che il giudizio riguarda quella del protagonista!), ha i giorni contati». È la prima ora di proiezione: assoluto silenzio d’una colonna sonora occupata soltanto dai rumori dei passi del protagonista che si aggira per i campi del riso appena nato nelle artificiali pozze d’acqua. La visione della natura è vista, si direbbe, come in uno specchio, senza alcuna edulcorazione fotografica. «Meno petrolio e più coraggio», fa incontrare il nostro coltivatore di riso con un monaco buddista (fin dalla sua uscita di casa aveva fatto l’elemosina a quattro bonzi inginocchiandosi ai loro piedi con religiosa riverenza). Il dialogo rimpiange il fatto che il benessere, frutto del traffico del petrolio, stia «rovinando» le tradizioni locali provocando vittime nei giovani. «Senza fuoco niente cenere»: preparazione e consumo dei pasti domestici. Nessun didascalismo polemico verso le nostre abitudini culinarie, soltanto ripresa dell’impegno delle donne di casa dedite al loro lavoro con una modestia tale da non lasciarsi neppure riprendere di faccia. Iniziano le visite del protagonista ai suoi vicini. «Domani è un altro giorno» documenta l’umanità del coltivatore di riso, che si unisce al gruppo dei lavoratori sul campo, trapianta anche lui il suo mazzetto di piantine strappate delicatamente dal letto di nascita e trapiantate nel fertile habitat acquatico. Si reca a far compagnia ad un collega anziano e con lui si confronta che «oggi i giovani si sposano, poi si separano e anche soltanto dopo tre anni divorziano». I segni del cosiddetto progresso odierno sono le radio e radioline personali, le frequenti motociclette, certe ricercatezze alimentari e alcooliche esposte al mercato. Il regista ha detto quello che pensa del, per noi, tempo andato che non c’è più, e della minaccia che il, per lui, ancora presente stia tramontando. Il film è denso di sostanza umana, i cui valori famigliari, religiosi e sociali, coltivati da una «società che, purtroppo, ha i giorni contati!», sono positivamente illustrati a spettatori che forse, in buona parte, non li apprezzano più. (Adelio Cola)