SHAME
Regia: Steve McQueen (II)
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 2011 - 393
Titolo del film: SHAME
Titolo originale: SHAME
Cast: regia: Steve McQueen scenegg.: Abi Morgan, Steve McQueen fotogr.: Sean Bobbitt mont.: Joe Walker scenogr.: Judy Becker ญ cost.: David C. Robinson mus.: Harry Escott suono: Niv Adiri interpr.: Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge-Dale, Nicole Beharie durata: 99' - colore - produz.: Iain Canning, Emile Sherman (See-Saw Films) origine: GRAN BRETAGNA, 2011 distrib.: BIM (13.1.2012)
Sceneggiatura: Abi Morgan, Steve McQueen
Nazione: GRAN BRETAGNA
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 Concorso
Premi: COPPA VOLPI miglior attore a MICHAEL FASSBENDER Premio FIPRESCI migliore film Venezia 68 Premio Arca Cinema Giovani miglior film Venezia 68 Premio CinemAvvenire miglior film Venezia 68
Chiavi tematiche: sesso - malattia - sentimenti - amore
È la storia di Brandon, un giovane sulla trentina, professionalmente arrivato, con un buon impiego in una agenzia pubblicitaria, il quale gestisce in un modo – diciamo così – “particolare” la sua vita sessuale: tutto avviene in due soli modi: o virtualmente (attraverso chat o programmi sexy della TV o con film pornografici), oppure con prostitute che il nostro riceve a casa propria oppure raggiunge nell’appartamento della donna; il massimo che Brandon concede alla “fortunata” ragazza può essere una notte, ma per di più il tutto si configura in “una botta e via”.
È quindi evidente che in questa forma di sessualità compulsava è bandito completamente il concetto di “amore”, ma anche quello di “relazione”, in quanto la maggior parte delle attività di Brandon avvengono in perfetta solitudine, nel proprio appartamento, dove è circondato da giornaletti pornografici, da schermi televisivi che rimandano ragazze compiacenti e da filmini porno trasmessi incessantemente.
Questo ritmo di vita, ordinato metodicamente tra giornate in ufficio dove è molto apprezzato e dove compie perfettamente il proprio dovere, e resto della giornata trascorso in casa con i suoi “trastulli” oppure alla caccia di qualche nuova “prostituta”, viene spezzato dall’arrivo di una sorella, Sissy, una cantante di scarso successo è una ragazza ribelle e problematica, alla ricerca di quello che non ha mai avuto: una sorta di famiglia.
L’arrivo della ragazza – inferiore di età a Brandon – scombussola l’ordinata esistenza del giovane, e inizia proprio con una serata nel locale dove Sissy canta e dove si presentano Brandon ed il suo “superiore” (uno sbruffone sempre a caccia di conquiste), il quale non impiega molto tempo a conquistare la ragazza; i due si ritrovano a letto insieme e questo sconvolge, almeno in apparenza, Brandon, soprattutto in quanto elemento disturbatore della monotona ma regolata vita del giovane.
A questo episodio segue una improvvisa entrata di Sissy nel bagno di Brandon, dove trova il giovane che si masturba e questo dà l’avvio ad una scenata tra Brandon e la sorella, durante la quale i due se ne dicono di tutti i colori, fino al punto in cui Sissy lascia l’appartamento del fratello anche se dichiara di “non avere altra sistemazione possibile”.
La mattina seguente, Brandon arriva in ufficio con un certo ritardo e trova una giovane di colore, Marianne, che gli chiede, maliziosamente, se “gli piace lo zucchero”, chiaro invito ad esplorare una possibile relazione tra loro; il giovane accetta e invita la ragazza ad una cena nella quale i due si confidano, molto superficialmente, circa il loro passato e il giorno dopo in una camera d’albergo, dove si dovrebbe consumare l’atto sessuale, ma Brandon non riesce ad avere una erezione e quindi il tutto si ferma all’intenzione, fermo restando una promessa, molto generica, di rivedersi prossimamente e di riprovarsi.
Mentre la ragazza se ne torna a casa propria, per Brandon comincia una sorta di esplorazione “infernale”, dove il giovane passa da un “girone” all’altro, l’uno più osceno dell’altro: si va dalla prostituzione alla sodomia, per passare poi alla omosessualità ed alla consumazione dell’atto con più persone.
Tornato a casa, trova Sissy che è in gravi condizioni in quanto si è tagliata le vene (atto peraltro abbastanza frequente per la giovane, a giudicare dalle cicatrici) e riesce a salvarla chiamando in tempo i soccorsi sanitari; dopo aver collocato la sorella in ospedale, Brandon ha una sorta di crisi in cui piange e si dispera e, al termine, sotto una pioggia battente, invoca “Dio!!” con voce vibrante e apparentemente convinta.
Ci aspetteremmo che nella sequenza successiva, ci venisse mostrato un “nuovo” Brandon, ma in realtà l’autore ce lo presenta con una scena identica alla prima, nella quale il giovane sulla metropolitana irretisce con gli sguardi una giovane sposina; in quest’ultima immagine, però, il regista non ci fa vedere Brandon che si alza e segue la donna alla fermata in cui lei scende; forse neppure l’autore sa bene come si comporterà in futuro quel tipo di personaggio, cioè se la compulsione di quel tipo di sesso l’avrà vinta su ogni altra attività che comporti la presenza di sentimenti oppure se ci potranno essere dei cambiamenti.
Il regista, l’inglese Steve McQueen, già nel suo precedente film – HUNGER del 2008 – narrava una storia politica di soprusi carcerari, ma anche di prigionia del corpo; in questo ultimo suo lavoro, la prigionia è della mente, reclusa in una “fissazione compulsiva” per un certo tipo di sessualità, consumata in compagnia di prostitute o di amanti occasionali oppure, addirittura, in perfetta solitudine, di fronte a immagini pornografiche. Il che, a ben vedere, non riesce neppure a rendere “felice” Brandon, dato che nella penultima sequenza lo troviamo mentre piange a dirotto e si dispera invocando addirittura Dio.
E quindi il regista ci lascia una piccola ma importante scappatoia: se Brandon non seguirà la giovane sposa come ha fatto nella sequenza iniziale, vorrà dire che è intenzionato a cambiare vita, altrimenti il tutto continuerà come prima; questa forma “problematica” discende – a mio giudizio – da una incertezza tematica dell’autore che non ha ben chiaro quale possa essere il giusto cammino nella vita per raggiungere una completa felicità sessuale e sentimentale.
Se prescindiamo dalle tante immagini scabrose, nessuna compiaciuta e neppure morbosa, il film ha una tematica interessante ed è realizzato molto bene, con ottime inquadrature e con una struttura adeguata alla narrazione.
Il film, poi, si avvale di un autentico “mostro” della recitazione, quel Michael Fassbender che abbiamo già incontrato nei giorni scorsi nel film di Cronenberg A DANGEROUS METHOD, in cui interpreta il ruolo di Jung, figura che ovviamente è diametralmente opposta al Brandon di questo film: ebbene, in entrambe le parti, l’attore, nato in Germania e cresciuto in Irlanda, mostra delle capacità molto al di sopra della media e lo colloca tra i più quotati per l’assegnazione della prossima Coppa Volpi. (Franco Sestini) Venezia settembre 2011