SHOCK HEAD SOU
Regia: Simon Pummell
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: SHOCK HEAD SOU
Titolo originale: SHOCK HEAD SOU
Cast: regia : Simon Pummel sceneggiatura: Simon Pummel, Helen Taylor-Robinson fotografia: Reinier van Brummelen montaggio: Tim Roza scenografia: Rosie Sapel costumi: Martin van der Burgt musica: Roger Goula suono: Bart Jilesen produzione: Janine Marmot, Femke Wolting, Bruno Felix, Keith Griffiths, Marc Thelosen origine: GRAN BRETAGNA / OLANDA, 2011 - colore durata: 86 interpreti: Hugo Koolschijn, Anniek Pfeifer, Thom Hoffman, Jochum ten Haaf
Sceneggiatura: Simon Pummel, Helen Taylor-Robinson
Nazione: GRAN BRETAGNA / OLANDA
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 Orizzonti
Il regista, partendo da materiale ‘povero e difficilissimo da raccontare’, confeziona un film di eccezionale qualità cinematografica. È la storia del celebre professore Daniel Paul Schreber, già presidente della corte di cassazione, che nel 1893 (morirà circa 10 anni dopo) cominciò ad essere ‘privilegiato da miracoli e persecuzioni divine’, (destinato a cambiar sesso, depositario dei destini del mondo, a conoscenza della cura del genere umano in vista della sua salvezza!), che lo fecero uscire di senno. Rinchiuso in manicomio, scrisse i suoi ricordi e relative interpretazioni delle comunicazioni a lui riservate. Psichiatri e psicanalisti non riuscirono mai, (sarà Freud a diagnosticare il suo male interpretando gli scritti lasciati e in seguito pubblicati…) a comprendere le cause di tale inguaribile alienazione; molti la attribuirono all’educazione ricevuta in famiglia da un padre severissimo e dispotico, famoso pedagogista, autore di libri che influenzarono l’educazione delle generazioni germaniche della seconda metà dell’800. I ricordi allucinati e spesso incomprensibili del recluso in casa di cura consigliarono di farlo oggetto appunto di cure mediche e specialistiche d’ogni scuola. Il film cita ogni tanto qualche frase di quei disperati diari del paziente e da loro trae spunto per illustrare le condizioni del poveretto. Si ammira anzitutto la creazione fantasiosa ma realistica della situazione ricordata, ma soprattutto la capacità del regista di «fare film» con una materia così lontana dalla possibilità d’essere rappresentata con immagini. Il protagonista, quasi costantemente sotto l’occhio impietoso dell’obiettivo, dà una prova mirabile di recitazione, che, se non fosse magistralmente diretta e documentata dalla cinepresa, si direbbe di alta professionalità teatrale. Non è teatro filmato, perché i codici e sottocodici cinematografici sono stati usati in modo egregio e testimoniano allo spettatore, se conosce abbastanza come fanno cinema i grandi registi, che egli ha assistito alla proiezione d’un film splendidamente realizzato. Grande merito ha l’interpretazione del protagonista. (Adelio Cola)